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Premi HUGO


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Tobanis
«Antinano» Antinano
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MessaggioInviato: Gio 27 Feb, 2014 16:50    Oggetto:   

Dunque, io il 2003 (e Nebula 2002) l'ho finito da un pezzo. Dopodiche, sono stato colto da un fortissimo attacco di pigrizia che, in via attenuata, continua tutt'ora.
E dunque, per non autobloccarmi ulteriormente, che vorrei attaccare il 2004 (e Nebula 2003), produco sta specie versione Beta che poi mi sa rimarrà tale o chissà, magari modificherò, ma anche no.



2003, trasferta, ma vicina, a Toronto (Canada).


Vince l’Hugo 2003 per il migliore romanzo La genesi della specie (titolo ben diverso dall’originale, Hominids), del 43enne Robert J. Sawyer (al primo Hugo), uscito a puntate su Analog nel 2002 e poi in romanzo.
Perdono: l’inedito Kiln people, di David Brin; Ossa della Terra, di Michael Swanwick; La città delle navi, di China Miéville e Gli anni del riso e del sale, di Kim Stanley Robinson.
Come già anticipato nelle puntate precedenti, il Nebula 2002 per il migliore romanzo va ad American Gods, del 43enne neil Gaiman, al primo Nebula.
Gli sconfitti: l’inedito Solitaire, di Kelley Eskridge; I venti di Earthsea, della Ursula K. Le Guin; l’inedito Picoverse, di Robert A. Metzger; Perdido Street Station (idem in italiano), di China Mieville e Ossa della Terra, di Michael Swanwick.
Giunti a questo punto, il 2003 è stato un anno di facile e rapida lettura. C’è il romanzo vincente l’Hugo, che è breve, e inoltre, con l’uscita a puntate, è composto in definitiva da una serie di brevi capitoletti, semplici semplici. Parlo di ben 47 capitoli per 314 pagine, cioè veramente tanti e veramente piccoli (media 6 pagine e mezza a capitolo, circa). Poi c’è il Nebula: già letto. Il romanzo breve è pure una facile lettura (meno invece quello vincente il Nebula, per di più inedito, e dunque in inglese). Il racconto vincente l’Hugo è rapido, quello Nebula, è già stato letto (anche qua, perché aveva vinto l’Hugo). E i racconti brevi sono rapidi per definizione.
Ma di tutto questo, uno può dire, giustamente, e chissene.
Dunque, L’origine della specie. Che è il primo di quella che sarà una trilogia. Fuga dal pianeta degli umani e Origine dell’ibrido, i titoli dei seguenti, in originale intitolati rispettivamente Humans e Hybrids. Chiaro che nei titoli scelti per l’Italia si perde completamente il senso dei titoli originali, ma oramai ci abbiamo fatto il callo, in molti settori, vedi anche il cinema. Peccato che i seguiti non vinceranno l’Hugo (ma vi entreranno comunque in lizza, inserendosi nelle cinquine finali) e così per il momento non sono previsti nella mia personale scaletta.
Parliamo del vincente: questo è proprio il classico bel libro. L’Autore ipotizza un mondo parallelo al nostro, dove la differenza più grande è che là l’homo dominante è il Neanderthal, mentre il Sapiens si è estinto da tempo. Per il resto il livello tecnologico è simile, anzi, da loro in alcune cose è superiore, in altre, decisamente inferiore (nessun Neaderthal era ancora andato sulla Luna, per dire).
Durante un esperimento di fisica quantistica “di là”, uno scienziato Neaderthal arriva da noi, in condizioni avventurose. Di più non direi, se non che qua da noi, nel libro, si cercherà di capire cosa è successo e cosa fare; “di là” qualcuno andrà sotto processo per presunto omicidio e occultamento di cadavere.
Il libro non è un capolavoro, va detto, ma è “roba” comunque buona. Il classico bel libro che riconcilia e con la lettura e con la SF.
L’Autore è bravo, niente da dire. Bravo nell’immaginare la civiltà alternativa, bravo a descrivere cosa succede quaggiù (e laggiù), in maniera plausibile, bravo insomma a padroneggiare l’ottimo spunto di partenza. Poi magari il pistolotto centrale lascia un tantino il tempo che trova, quando l’Autore ci fa la predica perché abbiamo estinto i mammut…che cavolo, nessuno dei presenti ne ha il demerito, e non vedo perché dovremmo essere biasimati o sentircene in colpa. Non è l’unico momento in cui il Neanderthal ci fa la paternale (ce la fa l’Autore, in un politically correct un tanto al chilo), ed è insomma la parte più debole del libro. Nel complesso non è rilevante, per un giudizio complessivo.
Imabarazzante, perchè…io avrei già finito. In definitiva quando devi – vuoi stroncare un’opera, puoi sbizzarrirti; ma in casi come questi, quando l’opera ti è piaciuta (non ti ha entusiasmato, certo), ed è un bel libro…puoi infiorire la critica, la recensione; ma quello è, perché alla fine il consiglio rimane: è un bel libro, leggetelo. Il resto è masturbazione letteraria. Vogliamo dire che i personaggi sono intriganti? Ma sì. Che la lettura è per un pubblico adulto, e non solo per una scena di stupro? Eh sì. E che i Neanderthal per l’Autore erano tutti bisessuali? Certo. E che abbiamo alcuni clichè, tipo lo scienziato in gamba e la scienziata figona, e come pensate vada a finire tra i due? C’è anche quello, e, per dire, non disturba neanche. Però è anche brutto spoilerare o giù di lì, prendetevi sto benedetto libro che è una lettura piacevole, e buonanotte. Ah dimenticavo, il Companion che hanno i Neanderthal è una figata. Ma ci stiamo arrivando. Un congegno, in parte innestato, che parla, ti tiene monitorato (sia nei valori interni, del proprio corpo, ma anche nella posizione via GPS), ti è utile per comunicare, ma puoi usarlo come enciclopedia, come intelligenza artificiale (sarà essenziale per tradurre terrestre – Neanderthal)…insomma uno smartphone più moderno, ma alla fine là arriveremo.
Del vincente il Nebula, American Gods, come detto ne ho parlato la puntata scorsa.

Migliore romanzo breve, vince l’Hugo 2003 Coraline (anche in originale), del 43enne neil Gaiman, così al secondo Hugo.
Nulla da fare per l’inedito Bronte’s Egg, di Richard Chwedyk; Muschiorespiro, di Ian R. MacLeod; Un anno nella città lineare, di Paul Di Filippo; l’inedito The political officer, di Charles Coleman Finlay e l’inedito In spirit, di Pat Forde.
Anticipiamo che Coraline vincerà anche il Nebula 2003, o facciamo la sorpresa? Mah, intanto diciamo che il Nebula 2002 va all’inedito Bronte’s egg, del 48enne Richard Chwedyk, al primo Nebula.
Che ha la meglio sull’inedito Sunday night yams at Minnie and Earl's, di Adam-Troy Castro, l’inedito The chief designer, di Andy Duncan, l’inedito The political officer, di Charles Coleman Finlay e l’inedito Magic's price, di Bud Sparhawk.
Dunque è il momento di Gaiman. Premiato l’anno scorso col primo Hugo, quest’anno becca il Nebula e pure un altro Hugo. E’ insomma l’autore del momento.
Coraline. Oggi è piuttosto celebre, ne hanno anche fatto una riduzione al cinema, un film di animazione (ispirato a, nel senso che spesso non è molto fedele al testo). Nell’edizione Oscar Mondadori Best Sellers, che ha anche qualche illustrazione, c’è il lancio in copertina firmato da Niccolò Ammaniti (autore che non ho mai letto). “Leggete questo libro ai vostri figli, li avrete in pugno”. Mentre la mia versione di lancio è “NON leggete questo libro ai vostri figli, soprattutto se non vanno ancora alle medie, o vi cagheranno nei pantaloni”.
Non so, infatti, come si faccia a dare il consiglio che leggo in copertina. Il libro è in realtà un horror, e anche piuttosto disturbante, in alcune parti. Si narra di Coraline, una bambina che arriva in una nuova casa, con i genitori. A parte i vicini un po’ strani, in casa è molto strana una porta murata, che la piccola scopre. E che una notte trova invece aperta. E dall’altra parte trova la sua altra famiglia: copie della sua casa, e dei suoi genitori, che nel proseguo del libro saranno sempre più stranianti e onirici. Ma già da subito, abbiano adulti con dei bottoni al posto degli occhi, e ciò qualifica questi “altri” genitori come dei mostruosi simulacri. Il libro prosegue da così a peggio, e la bambina dovrà dare fondo a tutto il suo grande coraggio per farcela, aiutata e accompagnata da un gatto, presente in entrambi i mondi dove Coraline vivrà le sue avventure.
Il libro è stato paragonato a Alice nel paese delle meraviglie, paragone un po’ irriverente, data la grandezza del confrontato, ma per certi aspetti il discorso si può fare. Comunque un bel libro che diventa – diventerà un classico.
Decisamente minore l’inedito che vince il Nebula. In un recente futuro i dinosauri sono stati riportati alla vita, in formato diciamo da pet animal, tali insomma da essere animaletti domestici, comodi da crescere o da regalare. Gli umani scopriranno con sorpresa che i nuovi dinosauretti sono sia intelligenti che dotati della capacità di comunicare, e vivono pure a lungo. Qua si parla di una comunità di dinosauri ospitati in una casa, soprattutto per proteggerli, dato che gli umani si sono poi presto stancati della novità e in pratica hanno eliminato il giocattolo che li aveva stufato (buttandoli via, liberandoli nei boschi, smettendo di spendere soldi per sfamarli, etc…). Bronte, una delle dinosaure, ha un uovo, che la comunità rettile tiene nascosta agli umani. Ci sono varie vicende; c’è un vivacissimo e un po’ stupido dinosauro, Axel, che darà il via alla costruzione di una specie di robot che li aiuterà parecchio. Ho trovato il tutto interessante solo per breve tempo; ho trovato sorprendentemente scarso l’autore nel portare avanti la vicenda, dico scarso proprio a livello tecnico, insomma incapace nei dialoghi poco coerenti, nel descrivere situazioni, vicende. Siamo a mio parere nell’ambito del “ora ho capito perché da noi è inedito”. Magari gli altri partecipanti erano ancora peggio, ma io il Nebula in tal caso in questa edizione non l’avrei assegnato.

Vince l’Hugo 2003, per il migliore racconto, Vita lenta, del 53enne Michael Swanwick, al quarto Hugo.
Perdono l’inedito The wild girls, della Ursula K. Le Guin; Aureola, alias Alone, di Charles Stross; l’inedito Presence, di Maureen F. McHugh e l’inedito Madonna of the Maquiladora, di Gregory Frost.
Il premio Nebula 2002 al migliore racconto va a L’inferno è l’assenza di Dio, del 36enne Ted Chiang, al terzo Nebula.
Gli sconfitti: l’inedito The pagodas of Ciboure, di M. Shayne Bell; l’inedito The Ferryman's wife, di Richard Bowes; l’inedito Madonna of the Maquiladora, di Gregory Frost; l’inedito The days between, di Allen Steele e Aragoste, di Charles Stross.
Il racconto vincente l’Hugo appare nel Millemondi del luglio 2006 (il numero 42), Lo scudo di Marte. Non è malvagio. Si mescolano SF e social network. L’uomo sta esplorando, con un piccolo equipaggio, Titano, il satellite di Saturno. Il tutto è seguito da Terra, sia dalle strutture preposte, sia dai social network, che possono porre domande in “diretta” (nel senso che c’è il solito lasso perché le trasmissioni partano e arrivino, alla velocità della luce). Una delle esploratrici si troverà in difficoltà. E sarà lei che involontariamente entrerà in contatto con la “unicoscienza” del satellite. La quale sarà prima sconvolta da ciò che apprenderà (tanto da pensare per sé a una sorta di eutanasia), per poi però digerire le nuove informazioni avute dall’umana (il movimento, la vita “altra” da sè, l’esistenza di più di una stella, la possibilità di mentire, la consapevolezza di non essere più “tutto”, ma anzi, di non essere un fondo “nulla”, etc..) e agire in un certo modo. Tutto molto caruccio e in fondo un premio non stona.
Decisamente superiore è il vincente il Nebula, che peraltro ha già vinto l’Hugo nella scorsa edizione e dunque non ne riparlo.

Hugo 2003 per il migliore racconto breve: va all’inedito Falling onto Mars, del 48enne Geoffrey A. Landis, al secondo Hugo.
Niente da fare per gli inediti Hello, said the stick e The little cat laughed to see such sport, entrambi di Michael Swanwick; l’inedito Creation, di Jeffrey Ford e La stagione degli agnelli, di Molly Gloss.
Diversa la decisione del Nebula, che dà il premio 2002 all’inedito Creature, della giovane 82enne Carol Emshwiller, al primo Nebula, preferendolo addirittura al bellissimo raccontino di Swanwick, vincente la scorsa edizione l’Hugo.
Perdono l’inedito Creation, di Jeffrey Ford; l’inedito Cut, di Megan Lindholm; l’inedito Nothing ever happens in Rock City, di Jack McDevitt; l’inedito Little gods, di Tim Pratt e appunto Il cane che diceva bau, di Michael Swanwick.
Hugo: mi lasciava molto perplesso il fatto che dopo 10 anni fosse ancora inedito questo raccontino. Perché se questo è abbastanza frequente per i Nebula, è raro per gli Hugo.
Rimango ancora più perplesso dopo averlo letto. Perché è un pugno nello stomaco, un racconto secco, disincantato, freddo ma pure con una sua terribile grandezza. In un prossimo futuro, la feccia dell’umanità non è più mandata a morte o all’ergastolo, ma su Marte. Su astronavi tenute insieme per miracolo (e in caso di incidente, chissene), che all’arrivo sul pianeta rosso hanno dentro più cadaveri che superstiti, e che nell’atterraggio, peggio ancora; su questi trabiccoli vengono inviati su Marte dei disgraziati, in un viaggio di sola andata (un po’ come in Australia a suo tempo, no?). Dopo di chè, si arrangino, che se schiattano, sulla Terra nessuno se ne frega. Il raccontino parla di come alcuni sopravvivano, nelle varie ondate, e che nei racconti tramandati, di qualche secolo dopo, non ci sia spazio per storie d’amore. E anche quella che sembra tale, riguardante il primo leader marziano, avrà un epilogo coerente con il racconto, ma inaspettato.
Bello, ben scritto, breve, conciso, anche nella descrizione lascia poco spazio ai fronzoli, così come nella vita marziana descritta. Premio molto meritato, e complimenti all’autore per la capacità dimostrata nel brevissimo spazio a disposizione.
Nebula: non riesco a capacitarmi come abbia vinto quella cagata di racconto. Abbiamo un umano che per qualche motivo vive isolato nel freddo nord. E’ in corso una guerra, pare, una brutta guerra. E ci sono i dinosauri redivivi (e daje) che pare ci vogliano morti. Alla sua baracca giunge una dinosaura, più morta che viva, e diversa. Parlotta, non odia gli umani…i due legheranno e si aiuteranno. Poi scappano, prima dell’arrivo dei dinosauri; sopra di loro li cerca un elicottero (con umani, immagino). Loro seminano tutti, almeno pare. Fine. Una porcheria di raccontino, neanche troppo corto, purtroppo. Una bella stronzata, che meriterebbe un 2, o un 3. Come hanno fatto a premiarlo? Forse anche qua è scattato il pensiero “premiamo l’autrice finchè è ancora viva?”. Di fatto, al momento, era la premiata più vecchia ancora in vita (tra le signore). La beffa è che oggi, dopo 10 anni, è ancora viva, la vecchiarda, e dunque tanta fretta non serviva…E poi, se penso che sta robaccia è stata preferita al gioiellino di Swanwick che ha vinto lo scorso anno l’Hugo…incredibile. Allora sì che uno pensa, è vero: gli appassionati di SF sono una botta di nerd che a forza di farsi le seghe, sono diventati ciechi. Che poi, cieco, uno lo stesso, si fa leggere sta roba, e la boccia. No, ciechi e rincoglioniti. Un premio che deprime l’autorevolezza del premio stesso.

Migliore opera non di narrativa, vince Better to have loved: the life of Judith Merril, di Judith Merril and Emily Pohl-Weary. La Merrill a quest’ora era morta da qualche anno, tra gli autori di questo libro infatti c’è la sua nipote, discendente dal rapporto che ci fu con Pohl, che era dunque suo nonno. La Emily completò il libro con le note scritte dalla nonna in vita. Molto gossip su molti autori, mi dicono, anche se la nipote qualcosa ha tagliato, dato che certe persone sono sue parenti….A sentire Pohl (in una bella intervista pubblicata su quella bella rivista italiana che è Robot), il matrimonio con la Merrill ebbe bei momenti e altri brutti, non durò tanto e terminò soprattutto perché lei voleva poter fornircare in giro, mentre lui era contrario al cosiddetto “matrimonio aperto”. E’ solo una campana, cioè la versione di Pohl sul fallimento del suo matrimonio, ma tanto vi dovevo dire. Leggendo l’opera premiata, magari, si sente l’altra versione, chissà.

Films: si opera un cambiamento, cioè si dividono i premi tra Long form e Short form, che potremmo banalizzare in film o telefilm.
Siamo giunti ormai a una decina d’anni dal presente, e dire qualcosa di sensato o interessante sui premiati e i perdenti, non è semplice: sono film ben noti, visti più o meno da tutti, freschi o freschetti ancora nelle memorie, e dunque parlarne lascia un po’ il tempo che trova, e magari in giro ci sono delle discussioni molto più interessanti di quanto segue qua.
A pensarci, anche per i libri varrà lo stesso, ma per l’editoria il discorso forse è diverso, anzi, mi pare ben diverso.
Comunque films: vince Il signore degli anelli: le due torri. Celeberrimo seguito, secondo nella trilogia, su IMDB ha un grande voto, 8 ,7; per me addirittura è da 9, dunque siamo di fronte a un gran bel film, che meritava. Del film stesso si sa tutto, quasi 3 ore in cui si sviluppa la vicenda, che prepara il gran finale nel terzo e ultimo film. Oscar per gli effetti (e per i suoni), altre 4 nomination, tra cui quella per il migliore film. Tornano i nostri personaggi, entra in campo Gollum, c’è la battaglia del Fosso di Helm, c’è Gandalf il Bianco. Gli effetti come detto hanno vinto l’Oscar, e grazie a loro non ci accorgiamo che il Fosso di Helm è un modellino alto neanche un metro, o che Legolas è spesso una controfigura, poi digitalmente sistemata (Orlando Bloom durante le riprese si ferì seriamente, addirittura dovette essere operato). Le differenze rispetto al testo scritto sono innumerevoli. Questo per me conta poco, dato che non ho letto l’originale e comuque l’effetto finale è notevole.
I costi come si sa furono notevoli (ma come detto altrove, il primo e secondo film furono girati assieme, e questo portò a sinergie). Incassi stratosferici, sfioranti il miliardo di dollari di incasso, e al momento è il 25° incasso all-time.
Secondo arrivato, Minority Report, diretto da Steven Spielberg ed ennesimo film tratto dalle opere di Philip K. Dick. La storia è nota, in un futuro non troppo lontano, si riesce a prevedere i reati, e i futuri colpevoli, se si può chiamarli così, vengono catturati dalle forze dell’ordine prima dei fattacci. Come si sa, il poliziotto è Tom Cruise. Il prossimo crimine pare lo compirà proprio lui, che si dice e che cavolo, non è possibile, e scappa, inseguito da Colin Farrell (non mi ricordavo fosse Colin, ma è vero, è lui, chiaro). Come va a finire, non si dice, così uno se non l’ha visto, provvede. Meglio lo faccia, perché il film è buono. Su IMDB ha il voto di 7,7, ebbe una nomination agli Oscar per un premio minore e al botteghino si comportò piuttosto bene. La tecnologia che viene proposta nel film è notevole (ricordate Cruise che apre e chiude schermate che appiono davanti a lui?) e ricorderei anche i colori particolari, la luce molto peculiare, che ha questo film.
Terzo La città incantata, ovvero Spirited Away, diretto dal Maestro Hayao Miyazaki. Lo avevo citato nella scorsa edizione, perché è un film del 2001, ed ero sorpreso non fosse entrato in nomination, ma si vede che non fece in tempo. O magari volevano rimediare in questa edizione, sai tu, magari si erano dimenticati. No, la realtà è che uscì in USA nel 2002 e riuscì ancora nel 2003, dopo avere preso l’Oscar. Fatto sta che è un film a cui diedi 10 (su IMDB ha 8 ,6) e non sono l’unico a cui piacque, visto che vinse sì l’Oscar per il migliore cartone animato, ma anche il Festival di Berlino (a pari merito col film Bloody sunday, che mi sembra di ricordare fosse anche lui un buon film). Per alcuni il Capolavoro del Maestro, è un film meraviglioso, per tecnica, inventiva, musiche, atmosfere, personaggi, situazioni…per tutto… insomma, gli ho dato 10, potrei parlarne per ore e solo bene. Un’opera d’arte. Punto.
Quarto Harry Potter e la camera dei segreti, secondo episodio delle avventure del maghetto. Film carino, che su IMDB ha 7,2 e che anche per me è il suo voto. Stiamo parlando di un film celeberrimo, enorme successo commerciale, ancora oggi 31° maggiore incasso all-time, anche se in questo inferiore al primo film.
Solo quinto infine Spider-Man, diretto da Sam Raimi. Finalmente la tecnologia permetteva di fare il film sull’Uomo Ragno, e farlo credibile. Era ora, soprattutto per me, storico fan del Ragno a fumetti. Ebbi molti dubbi sul casting, al tempo: James Franco non mi convinceva (poi ci siamo riavvicinati); la Kirsten Dunst come MJ non c’entrava proprio nulla. Poi il Maguire non mi è dispiaciuto (all’epoca fu scelto dal regista e osteggiato da tutti gli altri), mentre William Dafoe è come sempre perfetto. Pure le tute di Goblin o di SM non mi fecero impazzire, ma infine il film mi divertì parecchio. Su IMDB ha 7,3, ebbe due nomination a premi minori degli Oscar e fu un grande successone commerciale, se non sbaglio fu il film più visto del 2002, in Italia. Ora è il 41° incasso all-time.

Per i Nebula, la vittoria va a Il Signore degli anelli: La compagnia dell’anello. In lizza c’erano anche Shrek, Colpevole o innocente? – quinto episodio della prima stagione di The dead zone, e La vita è un musical, settimo episodio della sesta stagione di Buffy l’ammazzavampiri.

Che si vedeva nel 2002? Detto de Il Signore degli anelli, di Harry Potter, di Spiderman, vanno ricordati Star Wars l’attacco dei cloni (che neanche entra nella cinquina per l’Hugo! Per capire la qualità…); Men in black II (discorso analogo); lo 007 La morte può attendere (non era male); Signs, L’era glaciale (che poi darà seguito a una saga infinita, ma questo è un capolavoro, a differenza dei seguiti).
Film belli….beh Il signore degli anelli è un bel film. Piacque molto City of God (a me un po’ meno, ma bel film); Il pianista (discorso analogo), piuttosto ricordiamo Infernal affairs.
Altri film di SF: non so quanti ricordano Interstate 60, che era caruccio; tanti invece dovrebbero ricordare Equilibrium, un film minore divenuto poi giustamente un piccolo cult (ricordate? Il kata della pistola!); se vogliamo anche Lilo & Stich.

Migliore telefilm. Andiamo in un campo di cui ammetto la mia totale ignoranza, e dunque mi limiterò a snocciolare dati.
Vince Conversazioni con l’aldilà, settimo episodio della settima e ultima stagione di Buffy l’ammazzavampiri.
Gli altri erano Serenity, primo episodio della prima e unica stagione di Firefly; Carbon Creek, secondo episodio della seconda stagione di Star Trek: Enterprise; Dietro le quinte, 13imo episodio della terza stagione di Angel e Una notte in infermeria, quinto episodio della seconda stagione di Star Trek.

Migliore artista professionista: il 43enne Bob Eggleton si aggiudica il settimo razzo spaziale.
Filippo Bia 1
«Ameboide amorfo»
Messaggi: 2
MessaggioInviato: Lun 15 Set, 2014 14:03    Oggetto:   

Caro Tobanis
sono incappato solo ora in questo thread e devo dire che il lavoro da te iniziato è favoloso.
Spero che continuerai con questi excursus sui premi Hugo e Nebula, che sto letteralmente divorando con grande interesse.
Immagino sia un lavoro faticoso, ma sicuramente annoverami tra i tuoi fans.

Grazie
fb Very Happy
Tobanis
«Antinano» Antinano
Messaggi: 20999
Località: Padova
MessaggioInviato: Lun 15 Set, 2014 15:26    Oggetto:   

Grazie a te!

E appena mi do una mossa, vi rifilo Hugo 2004 e Nebula 2003, che li lessi quest'estate...
E' che ho arretrati in ogni branca dello scibile umano, che cavolo.
Tobanis
«Antinano» Antinano
Messaggi: 20999
Località: Padova
MessaggioInviato: Ven 16 Gen, 2015 15:54    Oggetto:   

2004.
Non è un record ma è notevole la partecipazione di pubblico a questa edizione di premiazione per l’Hugo. La celebrazione torna nella costa Est (a Boston) e se ne giova, anche se ci fu più d’uno che si incavolò con l’albergo, per l’accoglienza.
Solita botta di panel, impossibile seguirli tutti, e soliti spunti interessanti, come quello “Scrittori che non capiamo”, col sottotitolo (riassumo) “Charlie Stross ha un gergo tecnico da far girare la testa, per apprezzare Egan serve un master in fisica, Mieville è meglio leggerlo con accanto un dizionario aperto. Questi scrittori lo fanno apposta? Sono più intelligenti di noi o stanno solo scaricando su di noi un anno di minuziose ricerche? E c’è una buona ragione per confondere i lettori?”.
Nella discussione, qualcuno citò quel genio di Oscar Wilde (“Vivo continuamente nella paura di NON essere frainteso”); qualcun altro (Di Filippo) disse che anche lui in passato, per dire, aveva fatto molta fatica con Van Vogt.
Poi, vabbè, i soliti panel sulla realtà alternativa (“Kennedy sopravvive a Dallas…e poi?”; “Roma non cadde”), uno sul futuro film di Jackson, King Kong; uno anche sul futuro fra 50 anni (e vari commenti, del tipo “Nel 1954 nessuno aveva previsto il terrorismo e Britney Spears”, oppure qualcuno azzeccò l’ondata di telesorveglianza in corso, e Larry Niven intervenne dicendo – Ho sempre pensato alla privacy come una moda passeggera - ).

L’Hugo 2004 al migliore romanzo va a La messaggera delle anime, della 55enne Lois McMaster Bujold, al quinto Hugo, in originale noto come Paladin of souls.
E’ preferito al celebre Ilium (in Italia Ilium l’assedio e Ilium la rivolta), di Dan Simmons; l’inedito Singularity sky, di Charles Stross; l’inedito Blind lake, di Robert Charles Wilson e Fuga dal pianeta degli umani, di Robert J. Sawyer.
Per il Nebula, premio come migliore romanzo 2003 a La velocità del buio, della 59enne Elizabeth Moon, al primo Nebula.
Gli altri erano Immunità diplomatica, di Lois McMaster Bujold; l’inedito The mount, di Carol Emshwiller; l’inedito Light music, di Kathleen Ann Goonan; l’inedito The salt roads, della Nalo Hopkinson e l’inedito Chindi, di Jack McDevitt.
Col romanzo della Lois si ritrova il piacere del racconto. Inteso come il piacere di stare lì ad ascoltare un racconto, delle vicende, avventure, considerazioni, e compagnia bella. L’autrice è classicissima, pare di leggere cose scritte nell’Età d’oro della fantascienza, ma è uno stile che va bene anche ora, ed andrà bene anche in futuro.




Il libro in Italia è uscito con una copertina che non è che attiri troppo. Chi è poi il personaggio raffigurato? Mah. Siamo con quest’opera al secondo libro di una trilogia, ma va detto: il libro è leggibilissimo a sé stante. Spesso, poi, la protagonista ricorda quanto avvenuto in passato, e così, durante la lettura, alla fine ci si fa un quadro piuttosto preciso della sua storia precedente. Ora, a inizio opera, troviamo la nostra eroina che è regina ma sconfitta, nella vita ha perso tutto, e probabilmente ha vissuto troppi dolori. E‘ una signora ora un tantino acidula, a un passo dalla zitella insopportabile, insofferente dell’etichetta di corte e decisa a prendersi una pausa. Organizza così un pellegrinaggio, che in realtà è uno stacco dal quotidiano. E partendo assieme a lei, per così dire, vedremo da subito che nel suo mondo gli dei non mancano: sono 5, piuttosto presenti nel quotidiano, così come non mancano i demoni, che spesso si impossessano di corpi viventi (animali o umani). Eh sì, siamo in pieno fantasy, va detto infatti che questa opera non ha un grammo, una pagina, una riga di fantascienza.
Cosa succede poi? Ne succedono molte, di ogni. L’autrice ha questo dono, lei racconta e tu sei lì ad ascoltare, pardon, a leggere le vicende con molto interesse. L’aveva fatto con molto successo con le avventure di Miles Vorkosigan, ora il tocco non è perso.
Il libro è bello, poco da dire. Non è un capolavoro, non è una svolta nella storia della SF (o meglio del fantasy), ma è un buon libro, di quelli che finisci, riponi e “bello”, commenti. Non credevo così bello da fare doppietta: anticipo già ora che nella prossima edizione si prende pure il Nebula.
Una pecca ce l’ha, la più evidente, anche prendendolo in mano: la lunghezza. 450 pagine per raccontare ciò che viene narrato, sono a mio parere troppe. Cento pagine di meno, anche 70-80, e si saliva di livello. Non che si dilunghi, o non eccessivamente, ma qualcosina si poteva sfoltire, senza penalizzare il tutto, soprattutto quando verso la parte centrale ho avvertito una certa noia, appena accennata. Dunque, un voto: io sarei per un 7/8, o se vogliamo 8, magari un 8 un po’ pallido, ma insomma l’opera è buona.
Il Nebula decide di premiare e ricordare un’opera interessante, anch’essa priva di fantascienza, o se vogliamo, giusto con un velo nel finale, tanto per gradire. Siamo forse in piena fantascienza sociologica, o comportamentale, o anche niente di tutto ciò.
L’autrice infatti narra la storia, in prima persona, di un adulto autistico. Costui ha la sua visione del mondo, diversa dalla nostra certo, probabilmente o sicuramente più complicata, ed assieme ad altri come lui svolge un lavoro presso un’azienda importante. Loro sono molto bravi a vedere e tracciare schemi dove noi “normali” non vediamo nulla, e tale capacità è sfruttata, no, termine sbagliato, è utilizzata dall’azienda con benefici per la stessa e per il gruppo, che può così condurre una vita “normale” (lavoro, stipendio, indipendenza, etc…poi, chi più, chi meno). Il protagonista non è solo questo, ma l’autrice lo dota di capacità a dire poco “troppo” notevoli: abilissimo spadaccino, piccolo genio che impara in poche settimane, se motivato, ciò per cui ci vogliono anni, e così via. Il tutto però funziona, perché il libro non è questo, il libro è soprattutto il pensiero del protagonista, la sua visione del mondo, da un punto di vista per noi diverso e sorprendente, ma che ci fa anche meglio capire tante convenzioni che usiamo che all’autistico appaiono incomprensibili, o comunque faticosissime da apprendere. Per lui è complicatissimo ad esempio capire le espressioni facciali, cosa intendiamo veramente quando parliamo, i giochi di parole, le frasi retoriche. E’ bello però seguire il corso dei pensieri del protagonista, è divertente, è affascinante, è stimolante. L’autrice poi probabilmente parla a ragione veduta, avendo essa stessa un figlio autistico. E’ così come viene descritto, in realtà, l’autismo? Mah, che dire, fidiamoci, sarebbe bello fosse tutto vero, anche se le capacità del protagonista mi paiono molto romanzate ma forse purtroppo non veritiere.
A un certo punto della storia, in questo mondo ideale, arriverà il male, rappresentato da chi invidia il nostro protagonista (!) e da chi vorrà sfruttare il gruppo autistico sul lavoro, ma per fortuna o per forza c’è anche chi è il paladino del bene, nel libro come nella vita comune, e saranno aiuti preziosi per il protagonista.
Il libro è molto leggibile, va via fluido, qua e là c’è anche qualche bella scarica di adrenalina…che dire, una bella sorpresa, io sarei per un 8 che magari sarà anche questo un po’ pallido data la quasi totale assenza nel libro della SF, che rimane al massimo come uno sfondo delle vicende e fa capolino solo nel finale.





Una curiosità, l’edizione italiana è l’Urania numero 1495, uscito nel febbraio 2005, pertanto sapevano bene che aveva vinto il Nebula; ebbene, ciò non è riportato in copertina ma neanche da nessuna parte del libro. O si sono bellamente dimenticati, o il Nebula è un premio di cui vergognarsi, o chissà cosa, però sarei curioso di sapere che pensavano in quei giorni gli addetti al marketing.

Romanzo breve, l’Hugo 2004 va a I simulacri, del 60enne Vernor Vinge, al quarto Hugo.
Ha la meglio su L’imperatrice di Marte, di Kage Baker; l’inedito Just like the ones we used to know, di Connie Willis; L’era del flagello, di Walter Jon Williams e Un ponte sull’abisso, di Catherine Asaro.
Il Nebula 2003 va a Coraline, del 44enne neil Gaiman, al secondo Nebula.
Gli altri in gara erano l’inedito Potter of bones, di Eleanor Arnason; L’imperatrice di Marte, di Kage Baker; Storie da uomini, di John Kessel e Muschiorespiro, di Ian MacLeod.
Vernor Vinge mi piace molto nei suoi romanzi fiume, meno nei romanzi più brevi. Aveva già vinto in questa categoria l’Hugo, senza entusiasmarmi (carino, comunque); qua siamo più o meno uguale, forse anche un gradino meno, direi un 6/7. Libro ambientato nel recente futuro, ma per noi, per una questione di date, nel recentissimo passato, narra di un centro di ricerche, su più palazzi, dove una ricercatrice comincia ad avere dei dubbi. Dubbi che avranno anche altre persone, assieme a lei, e che finiranno per coinvolgere la natura stessa della (loro) realtà.
Il breve romanzo chiede molta attenzione al lettore, non è così banale da seguire, ma penso che il risultato complessivo sia un “così cosà”. Non è male, si finisce rapidamente, ma lascia un senso di incompiuto. Forse Vinge ha bisogno di tempi più lunghi per esprimersi completamente, chissà, fatto sta che un premio qua glielo hanno dato, sarà piaciuto anche alla giuria, anche se mi dicono che il grande pubblico ora forse gli preferirebbe L’imperatrice di Marte (che non ho letto), in gara in quell’edizione.
Del vincente il Nebula, ho già detto in precedenza, poiché aveva già vinto l’Hugo.

L’Hugo 2004 per il migliore racconto lungo va all’inedito (!) Legions in time, del 54enne Michael Swanwick, al quinto Hugo. Battuti l’inedito The empire of ice cream, di Jeffrey Ford; Notturno, di Charles Stross; l’inedito Into the gardens of sweet night, di Jay Lake; l’inedito Bernardo’s house, di James Patrick Kelly e l’inedito Hexagons, di Robert Reed.
Il Nebula 2003 premia invece l’inedito The empire of ice cream, del 49enne Jeffrey Ford, al primo Nebula.
Secondo loro è meglio dell’inedito Mask of the rex, di Richard Bowes; dell’inedito Of a sweet slow dance in the wake of temporary dogs, di Adam-Troy Castro; dell’inedito 0wnz0red, di Cory Doctorow e dell’inedito The wages of syntax, di Ray Vukcevich.
Stranamente il racconto vincente l’Hugo non è ancora uscito in Italia, se non ho preso qualche cantonata. E’ carino, forse giusto un po’ incasinato, ma non è male, anzi ho apprezzato come parta dal piccolo, dal minimo, come presto arrivi il fantastico e come poi si giunga addirittura all’universale, su scale di grandezza impreviste e incommensurabili.
Si narra di come una tipa sia assunta per guardare, 8 ore al giorno, la porta di un armadio. L’unica cosa, gli è stato detto, chiami il titolare se esce qualcuno, o se succede qualcosa. Una volta al giorno, a mezzogiorno, la apre… ma è solo un armadio vuoto. Come è logico, non succede niente, e alla fine la protagonista, per noia e curiosità, proverà ad aprirla fuori dall’orario previsto. Si aprirà un intero mondo nuovo, ma i rischi saranno altissimi.
Pure non essendo male, viene stracciato dal vincente il Nebula, anch’esso inedito da noi. Voti: mentre il primo viaggia sul sette, il secondo sfiora il nove. E per i lettori di Locus è nella top ten dei migliori racconti del XXI secolo, e io agree.
In questo si parla invece di sinestesia. Dopo l’autismo del vincente il romanzo, come fossimo al Festival del cinema di Berlino, e alla sua allegria, qua la patologia è quella legata al cortocircuito dei sensi, dove ad esempio un suono viene “percepito” con gli occhi, oppure ti arriva uno stimolo e vedi un colore o senti un sapore.
Il racconto è molto bello, veramente; ha un retrogusto di già sentito o letto altrove (sapore non eccessivo né disturbante), ma per il resto è scritto bene, racconta bene le esperienze del protagonista che prima scopre di essere sinestetico (si dirà così? Boh), quindi cerca di capire perché ora i suoi sensi gli fanno vedere questa bella ragazza nella sua mente, e sarà sconvolto quando riuscirà a parlarci. Altro non è da aggiungere, per non rovinare la sorpresa. Strano non sia apparso in Italia. Voto….8/9.

Infine, premio Hugo 2004 al migliore racconto breve a Uno studio in verde smeraldo (alias Uno studio in smeraldo), del 44enne neil Gaiman, al terzo Hugo.
Meglio dell’inedito Paying it forward, di Michael A. Burstein; dell’inedito Robots don’t cry, di Mike Resnick; di Quattro romanzi brevi, di Joe Haldeman e dell’inedito The tale of the golden eagle, di David D. Levine.
Stessa categoria, Nebula 2003 all’inedito What I didn't see, della 54enne Karen Joy Fowler 20°, al primo Nebula..
Preferito a Poemi dei Knapsack, di Eleanor Arnason; all’inedito The brief history of the dead, di Kevin Brockmeier, a Acqua passata, di Harlan Ellison; a Nonna, di Carol Emshwiller; a La stagione degli agnelli, di Molly Gloss e all’inedito The Last of the O-Forms, di James Van Pelt.
E’ il momento di Gaiman, che fu anche colui che annunciò gli Hugo in questa edizione (promettendo niente parolacce, vi ricordate qualche anno prima “Fanculo! Ho vinto un Hugo!”). E’ il suo momento e lo si capisce anche da questo capolavoro (come definirlo altrimenti), apparso su Robot 45.





Il quale Robot 45 ha una copertina graficamente forse un po’ datata, ma lo segnalerei, tra le altre cose, per un divertentissimo articolo su Signs (il film viene preso in giro, premetto, e soprattutto una cosa in particolare, geniale): “Signs, i cerchi nel grano e il Brycolì”, di Valerio Evangelisti. Poi non può passare ignorato un disegno molto osè, così, giusto per fare un po’ di marketing a gratis, per il racconto Triade (mi pare, vado a memoria).
Ma torniamo al racconto, a cui darei il massimo dei voti per tanti motivi: per l’idea, per la capacità di svilupparla in maniera interessante, per la tecnica, per come il lettore (io sicuramente) crede di capire e non capisce, per millanta motivi questo breve raccontino merita 10.
Dopo tante lodi, tocca parlare della cagata che ha vinto il Nebula.
Che dire, anche della trama, che dire, di questo gruppo che va non so dove a cercare i gorilla, per qualche motivo, poi la protagonista perde a bridge (il gioco di carte) e scappa nella giungla, si mette nuda, poi tornano a casa, suo marito non ha il coraggio di confessare che nel frattempo hanno sterminato i gorilla …ma che roba è, che accozzaglia di cretinate è?
Assente la SF, il racconto neanche troppo corto (sicuramente meno corto di quanto avrei voluto) non ha molto senso, avranno premiato magari lo stile, sicuramente accettabile, ma anche togliendo il fatto che la protagonista sta enormemente sui maroni, è proprio una porcheria. Spero rimanga inedito qua da noi, dai. Che robe che tocca leggere.

Libro non di narrativa: The Chesley Awards for Science Ficton and Fantasy Art, di John Grant, Elizabeth L. Humphrey, and Pamela D. Scoville.
Da Amazon si trova facilmente, e non costa troppo. Presenta il meglio dell’arte nella SF e fantasy degli anni ’90 e primi 2000, e deve essere un tripudio di magnifiche illustrazioni.

Cinema e dintorni (lunga durata).
Vince e fa così tripletta con tutta la serie Il signore degli anelli: il ritorno del re. Film celeberrimo che conoscono anche i sassi, su IMDB ha il voto di 8 ,9, io all’epoca gli diedi pure un 9, dunque siamo lì, anche se, rivisto da poco ora, sarei più per un mezzo voto di meno.
Comunque, quisquilie, no, che sia 8 o che sia 9, rimane un bel film.
Che poi è piaciuto a tantissimi, vinse una marea di Oscar (mi pare che sia il film che ha vinto più statuette, alla pari di altri due dei tempi passati), incassò fantastiliardi di dollari o altre valute per tutto il mondo, infatti oggi è ancora l’ottavo incasso di sempre. Fu il primo fantasy, si dice, a vincere l’Oscar come migliore film. Avrà differenze col libro, probabilmente, ma chissà, il libro non l’ho letto. Non c’è altro da aggiungere, guardatevi tutta la trilogia, se per caso foste tra i 15 del mondo occidentale che ancora non l’hanno fatto.
Per una serie che termina, un’altra che inizia. Secondo si piazzò infatti il primo capitolo de I pirati dei Caraibi, cioè La maledizione della prima luna, liberissima, per non dire altro, traduzione di The curse of the Black Pearl. Ma si sa, il titolista italiano è il maggiore consumatore di vini, e alcoolici in genere, e non si può sperare altro. Da solo, salva il mercato vitivinicolo di una Nazione.
Anche qua, film super celeberrimo, su IMDB ha un 8 ,1 forse un tantino esagerato, per me è un gradino sotto, sul 7, dato che è un filmetto molto simpatico ma non direi altro. Certo, la Walt Disney prese un bell’azzardo, all’epoca, puntando sui pirati, genere magari demodè ma mai veramente estinto. Anche perché le cose vennero fatte in grande: effetti speciali da paura, attoroni della peppona (Johnny Depp nella parte della vita, si direbbe, ma ne ha fatte talmente tante, di parti della vita….però è l’indimenticabile Jack Sparrow; il cattivo Geoffrey Rush; Orlando Bloom smessi gli abiti di Legolas; la bella Keira Knightley….c’è pure la Zoe Saldana), grandi ambientazioni…insomma alla fine i soldi spesi erano uno sproposito, un budget enorme, un rischio flop colossale (anche perché il film dura due ore e mezza). E invece…andò di lusso, gli incassi furono enormi e al pubblico piacque molto. Oggi è un tranquillo 78° incasso all-time. E come si sa ha dato via a un seguito infinito di film.
Che dire del terzo classificato, cioè X2, in originale X-Men United? E’ un buon film d’azione, con la nuova formazione degli X-Men, ben assortita e azzeccata, quanto meno nei suoi principali interpreti, apparsa con successo (economico) qualche anno prima e nuovamente ben piazzata al botteghino con questo seguito. E’ quello dove i bambini mutanti vengono rapiti dai soldati (e l’incazzatura protettiva di Wolverine è cosa bella e giusta), cosa che unirà cattivi e buoni mutanti, nel salvataggio, e dove Jean Grey, nel finale, fa sfoggio di ben altri poteri rispetto al quotidiano. Su IMDB ha un buon 7,5 , voto che condivido.
Al quarto posto, famoso come quelli sopra se non di più, un capolavoro dell’animazione, Alla ricerca di Nemo, che su IMDB ha 8 ,2 ma per me è uno delle vette degli ultimi anni. Che ci fa alla premiazione per l’Hugo, sarebbe da dire, ma tutto sommato, e chissenefrega, è un film bellissimo, la cui realizzazione tecnica sfida ancora oggi il passare del tempo. Il piccolo Nemo, il padre Marlin, la stralunata Dory, lo squalo Bruto…una pletora di personaggi e di avventure splendide. E non lo penso solo io, dato che, nei cartoni animati, rimase dietro solo al Re Leone, per gli incassi, almeno per un annetto. Oggi è il 27° incasso alltime. Vinse l’Oscar per il migliore cartone animato (e nomination per la bella sceneggiatura e le belle musiche – molto belle musiche); è bello sapere che dopo ben oltre 10 anni pare sia all’orizzonte un seguito, Alla ricerca di Dory.
Infine al quinto posto 28 giorni dopo, di Danny Boyle. Bello bello, film per me da 8 e per IMDB da 7,6. E’ quello del tizio che si sveglia, solo, in ospedale, e scopre che l’intera Londra è stata evacuata. Mentre tizi con gli occhi iniettati di sangue cercano di farti tirare le cuoia o di contagiarti, il protagonista assieme ad altri dovrà vendere cara la pelle e scappare per ogni dove. Bel film, teso il giusto.

Il premio Nebula 2003 va invece a Il signore degli anelli: le due torri, già vincente l’Hugo la scorsa edizione.
Gli altri in gara erano Minority report, Alla ricerca di Nemo, La città incantata e Così fan tutti (Where No Fan Has Gone Before, in originale), undicesimo episodio della quarta stagione della serie a cartoni animati Futurama.

Un breve OT per ricordare cosa si andava a vedere al cinema nel 2003: ovviamente Il signore degli anelli, chiaro, e ovviamente Alla ricerca di Nemo, c’erano anche il deludente Matrix reloaded (neanche nella cinquina), detto poi de I pirati dei caraibi, c’era anche il divertente Una settimana da dio, poi L’ultimo samurai, Terminator 3, Matrix revolutions (altra delusione), X2.
Poi, con incassi minori ma importanti, Bad boys 2, Tutto può succedere, Charlie angels full throttle, Fratello orso, Love actually, Hulk, 2 fast 2 furious, American pie: il matrimonio, Scary movie 3, Elf, Master e commander, Swat.
Film del periodo belli belli ma magari passati senza il boom al botteghino: soprattutto Oldboy e Kill Bill vol.1.

Vengono premiate a parte le opere di cinema e dintorni, ma con durata minore.
Vince, se vogliamo, lo stesso Il signore degli anelli, e cioè il Gollum’s Acceptance Speech at the 2003 MTV Movie Awards. Era un premio per la migliore performance virtuale (!), ancora relativo a Le due torri; quando lo staff lo seppe, prepararono una cosa introdotta dallo stesso Peter Jackson (!) e presentata da Andy Serkis (l’attore che fa Gollum), il quale viene interrotto dallo stesso Gollum, che si lascia andare piuttosto tanto, dando dello stronzo a Serkis e dell’autore del c****o a Jackson. Poi, va anche peggio; il tutto è esilarante, e facilmente rintracciabile su YouTube. Figurati se non gli veniva dato l’Hugo!
Gli altri erano Il messaggio, episodio 12 della prima e unica stagione di Firefly; La prescelta, ultimo episodio dell’ultima stagione di Buffy l’ammazzavampiri; Cuore d’oro, episodio 13 della prima e unica stagione di Firefly; La stele di Rosetta, 17imo episodio della seconda stagione di Smallville.

Professional Artist: vince Bob Eggleton. Per il 44enne dovremmo essere all’ottavo Hugo.

Ci lascia J. Cady a 71 anni, un Nebula nel paniere.


C'erano gli amici di Pohl




Ma perchè una persona normale dovrebbe vestirsi così?






Bella gente, gran bella gente...che però si diverte, dai


Albacube
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MessaggioInviato: Sab 17 Gen, 2015 14:12    Oggetto:   

Tobanis ha scritto:
... Fu il primo fantasy, si dice, a vincere l’Oscar come migliore film. Avrà differenze col libro, probabilmente, ma chissà, il libro non l’ho letto. Non c’è altro da aggiungere, guardatevi tutta la trilogia, se per caso foste tra i 15 del mondo occidentale che ancora non l’hanno fatto...

Grande Tobanis... mi mancavano i tuoi post Very Happy
Quello che ho quotato sopra però forse facevi meglio a non scriverlo... ora la Dory (non si è persa) la trovi di certo, anzi arriva direttamente qui e ti tira le orecchie Laughing
Ci oscureremo in un mondo di luce.
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Tobanis ha scritto:
E’ preferito al celebre Ilium (in Italia Ilium l’assedio e Ilium la rivolta), di Dan Simmons; l’inedito Singularity sky, di Charles Stross; l’inedito Blind lake, di Robert Charles Wilson e Fuga dal pianeta degli umani, di Robert J. Sawyer.

ma poi tutti questi inediti finiscono inevitabilmente per essere pubblicati, dico bene? voglio dire, se son talmente buoni da finire come finalisti di premi cosí prestigiosi, è impensabile che vengano ignorati.

o no? Neutral
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jonny lexington ha scritto:
Tobanis ha scritto:
E’ preferito al celebre Ilium (in Italia Ilium l’assedio e Ilium la rivolta), di Dan Simmons; l’inedito Singularity sky, di Charles Stross; l’inedito Blind lake, di Robert Charles Wilson e Fuga dal pianeta degli umani, di Robert J. Sawyer.

ma poi tutti questi inediti finiscono inevitabilmente per essere pubblicati, dico bene? voglio dire, se son talmente buoni da finire come finalisti di premi cosí prestigiosi, è impensabile che vengano ignorati.

o no? Neutral

no , da noi no
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io intendevo in generale. Smile
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MessaggioInviato: Gio 29 Gen, 2015 15:30    Oggetto:   

jonny lexington ha scritto:
io intendevo in generale. Smile

se hanno vinto il premio SONO stati pubblicati almeni in USA
magari da te li trovi in inglese, qui da noi ciccia...
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MessaggioInviato: Gio 29 Gen, 2015 15:40    Oggetto:   

Jirel ha scritto:
se hanno vinto il premio SONO stati pubblicati almeni in USA

non ci capiamo: io intendo dire quelli che non hanno vinto, ma che evidentemente erano abbastanza validi da essere finalisti. e nn giusto quei due che ho citato, ma un po' tutti, visto che il meticoloso tobanis aggiunge sempre a tutti se sono inediti.
No-no
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MessaggioInviato: Gio 29 Gen, 2015 15:57    Oggetto:   

jonny lexington ha scritto:
Jirel ha scritto:
se hanno vinto il premio SONO stati pubblicati almeni in USA

non ci capiamo: io intendo dire quelli che non hanno vinto, ma che evidentemente erano abbastanza validi da essere finalisti. e nn giusto quei due che ho citato, ma un po' tutti, visto che il meticoloso tobanis aggiunge sempre a tutti se sono inediti.
No-no


ahhhh
comunque credo che si riferisca alla INEDITICITA' in Italia Laughing Laughing Laughing
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MessaggioInviato: Gio 29 Gen, 2015 15:57    Oggetto:   

Alba3 reloaded ha scritto:
Tobanis ha scritto:
... Fu il primo fantasy, si dice, a vincere l’Oscar come migliore film. Avrà differenze col libro, probabilmente, ma chissà, il libro non l’ho letto. Non c’è altro da aggiungere, guardatevi tutta la trilogia, se per caso foste tra i 15 del mondo occidentale che ancora non l’hanno fatto...

Grande Tobanis... mi mancavano i tuoi post Very Happy
Quello che ho quotato sopra però forse facevi meglio a non scriverlo... ora la Dory (non si è persa) la trovi di certo, anzi arriva direttamente qui e ti tira le orecchie Laughing


come fa un pesce a tirargli le orecchie? Boh!
Per decreto imperiale la velocità della luce resta quella stabilita dalla natura. Risen!

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MessaggioInviato: Ven 30 Gen, 2015 15:19    Oggetto:   

@Doralys: Era un timore... ovvero che avresti tirato le orecchie a Tobanis (quello reale) per non aver letto uno fra i capostipiti della letteratura fantasy Very Happy
Forse ce ne sono in giro nell'occidente un po' di più di 15 che non l'hanno letto, ma se hai apprezzato il film non dovrebbe mancare il libro, anche per capire come e dove hanno fatto scelte diverse... a me ad esempio che abbiano tolto tutta la parte di Tom Bombadill non è dispiaciuta come scelta, perchè al cinema difficilmente sarebbe stata trasposta bene.


Riguardo ai finalisti non publicati da noi... presumo non ci sia un mercato sufficiente a sostenere tali "rischi" e poi si fa prima a ripubblicare che a tradurre/editare/stampare ex novo.
Ci oscureremo in un mondo di luce.
Tobanis
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MessaggioInviato: Mer 03 Feb, 2016 17:24    Oggetto:   

Oh eccoci qua!


2005. Trasferta scozzese. E con buona pace della cara vecchia SF, vittoria della magia. Almeno, è la protagonista indiscussa del romanzo vincitore (e sicuramente appare nel romanzo che vince il Nebula, pura fantasy). Appare nel romanzo breve vincitore dell’Hugo (ma non in quello del Nebula, deo gratias). I racconti vincenti (Hugo e Nebula) sono magia già dai titoli. Sarà l’influsso di Harry Potter? Saranno stati i fantasmi dei castelli diroccati della Scozia? Fatto sta che questo abbiamo, e questo ci teniamo, come si suole dire.
Convention piuttosto affollata, per essere fuori dagli States. E anche se fuori, c’erano un bel po’ di bei nomi. E i soliti panel, tantissimi e su tutti gli argomenti. Greg Bear era a quello intitolato più o meno “L’ennesima epidemia, di che morremo?” perché era d’attualità il discorso su HIV, Sars e allora anche l’Aviaria. Bear riuscì a dire moltre castronate, viene riportato, come, ad esempio, avrebbe detto che “historically, plagues may cause 30% to 50% deaths, not more” ah ecco, una grande consolazione sapere che metà dei tuoi parenti e amici è morta, ma non di più. “He also pointed out that this revitalizes population, and that the Black Plague was one of the main triggers for the Industrial Revolution”, vabbè, qua siamo al delirio, certi autori pare sia meglio leggerli che sentirli.
Sempre attuale il panel su maggiore sicurezza = minore libertà, e viceversa; sulla pseudo Hard-SF , sottotitolato polemicamente “Fiction that looks superficially like science-oriented SF, but on closer examination is little more than a hackneyed rehash of Frankenstein or some such. Michael Crichton has a lot to answer for!”; ognuno disse la sua in “Cinque libri horror che non dovresti leggere” (sottinteso, per non avere incubi); ce ne fu ovviamente uno su Harry Potter, ma anche uno su Jules Verne…insomma pare non ci fu tempo per annoiarsi.
 
Vince l’Hugo 2005 per il migliore romanzo Jonathan Strange & il signor Norrell, della 46enne Susanna Clarke, al primo premio importante, dunque primo Hugo.
Gli altri erano Il fiume degli dei, di Ian McDonald; l’inedito The algebraist, di Iain M. Banks; L’alba del disastro, di Charles Stross e Il treno degli dei, di China Miéville.
Il Nebula conferma l’Hugo dello scorso anno, premiando con il Nebula 2004 il romanzo La messaggera delle anime, della 56enne Lois McMaster Bujold, al terzo Nebula.
Niente da fare per l’inedito Down and out in the Magic Kingdom, di Cory Doctorow, l’inedito Omega, di Jack McDevitt, L’atlante delle nuvole (cioè Cloud atlas), di David Mitchell; l’inedito Perfect circle, di Sean Stewart e l’inedito The knight, di Gene Wolfe.
Certo, appena uno dice “Clarke” nella fantascienza, è un po’ come dicesse “Einstein” nella fisica, è normale che ti domandino poi subito “Parente di ….?”.
No, non c’è nessuna parentela con Arthur, anche se entrambi sono inglesi. Tra l’altro, la nostra Susanna ha pure vissuto in Scozia, e dunque in un certo senso giocava in casa, data la location della premiazione.
Questo per lei fu il classico libro nel cassetto, che pare tutti abbiano, a cui lavorò per tanti anni (undici sembra, fino al 2003). E’ infatti il suo libro d’esordio, andato anche “benino”, direi, no?  E’ anche vero che in seguito la stessa Clarke non ha più ripetuto, ad oggi, simili exploit, ed è ormai un decennio che si vocifera di un seguito a questo libro. Susanna la meteora, insomma.
E’ il classico librone, che nell’edizione fighetta (cioè la mia, copertina rigida, rilegata come si deve, con illustrazioni e quant’altro) sfiora le 900 pagine. Un tomone che, è stato detto, ci riporta un po’ ai romanzi dell’800. E proprio nell’Inghilterra di inizio ‘800 è ambientato il libro, anche se siamo in piena ucronia, seppure non molto marcata. Compaiono nell’opera molti personaggi storici, tra tutti il più famoso sarà Napoleone (ma viene sfiorato, per meglio dire); ben più spazio ha il duca di Wellington. La storia con la S maiuscola viene raccontata di sovente, perché spesso si intreccia alle storie dei protagonisti…sempre con varianti sovrannaturali, certo; vedi Waterloo, dove nel libro si narra di come vi operò la magia.
L’opera tratta della rinascita della magia in Inghilterra. Paese dove, si dice, non era mai morta, quanto meno a livello teorico, anche se da secoli nessuno operava più un incantesimo in concreto. Fino all’arrivo del sig. Norrell, che decide di scendere in campo e dare alla Nazione i suoi servigi di unico mago presente e non ciarlatano. Non ci vorrà molto che un altro mago sorgerà dal nulla, Jonathan Strange, che diverrà prima allievo di Norrell, poi autonomo praticante, infine in dissidio con lo stesso Norrell e nel finale non di dice.
Oltre ai due protagonisti, che rimangono direi figure indimenticabili, ci sono molti altri personaggi “minori”, ma tali per modo di dire, perché spesso di importanza capitale nell’opera. Il tutto è molto “English” nella narrazione, nel comportamento irreprensibile dei vari gentiluomini (quando lo sono veramente), nei loro dialoghi, negli scenari in cui operano. British ma con una puntata interessante anche qua da noi, nel nostro Nord Est italiano. Il libro è molto piacevole, pure nella sua sterminata lunghezza; assume via via, se vogliamo, le caratteristiche addirittura di un romanzo gotico, quando le vicende arriveranno a sfiorare l’horror.
Che aggiungere? Bello è bello, gli do un 8,5, per i lettori di una famosa rivista è pure uno dei più bei libri di fantasy degli ultimi tempi (secondo dopo American Gods).  Eh sì, s’ha da precisare, qua la SF nisba, nulla, nix. Siamo in piena ambientazione fantasy, pure senza fate o unicorni, giganti nani o ballerine, ma di sicuro non siamo nella SF.
Si parlò a lungo di farne un film, impresa credo impossibile. Si è da non molto deciso di farne una fiction tv, che per il respiro dell’opera è scelta più oculata, ed è da poco già andata in onda, con successo, in GB. Dunque si è speranzosi che passi su i nostri schermi e si spera abbiano mantenuto la grande qualità presente nel libro.
Tra gli sconfitti per l’Hugo, che non ho letto, ricorderei che per i lettori di una famosa rivista Cloud Atlas era l’11imo migliore romanzo di SF del secolo e Il fiume degli dei il 12imo.
Del vincente il Nebula, glisso, ne ho già parlato come vincitore dell’Hugo la volta scorsa.



Migliore romanzo breve, vince La giungla di cemento, del 41enne Charles Stross, al primo Hugo.
Ha la meglio su l’inedito Sergeant Chip, di Bradley Denton; Elettore, dello stesso Charles Stross; Festa d’inverno a Barrayar, della Lois McMaster Bujold e l’inedito Time Ablaze, di Michael A. Burstein.
Nebula, il premio 2004 va a L’era del flagello, del 52enne Walter Jon Williams, al secondo Nebula, vinto ora con un’opera già finalista nella scorsa edizione dell’Hugo ma battuta da I simulacri di Vernor Vinge.
Nulla da fare per Un ponte sull’abisso, di Catherine Asaro; per l’inedito The tangled strings of the marionettes, di Adam-Troy Castro; per I simulacri, di Vernor Vinge e per Just like the ones we used to know, della Connie Willis.
Il romanzo di Stross è un curioso e riuscito tentativo di unire mondo di oggi (o del 2005) con l’esistenza di persone che hanno il potere della Medusa, intesa come quella tipa della mitologia, cioè di pietrificare le persone. Un’organizzazione governativa inglese supersegretissima è incaricata di gestire la cosa, ed è molto funzionale e divertente il mix del loro equipaggiamento, che mescola high technology a strumenti magici (funzionanti), fino, a volte, a veri e propri incantesimi.
I personaggi, pure nel breve arco di 100-120 paginette, sono molte ben delineati, e verrebbe voglia di saperne ancora, o di vederli impegnati in altri casi. In questo, giusto per non dire troppo, devono gestire una fronda interna, e allora ho già detto troppo.
Stross è la prima volta che lo leggo. Qua, a parte un paio di occasioni in cui vuole fare lo spiritoso e non gli riesce bene, è molto piacevole da leggere, scorrevole, avvince e riesce a scrivere di vicende magari non originali ma con un nuovo punto di vista. Non è la prima volta che trovo infatti enti moderni che trattano antichi casi di magia, infatti echi di altri scritti ce li ho qua e là, nella mia testolina, ma Stross dà un vestito ben tagliato a una materia forse già sentita ma che comunque ha ancora il suo perché. Giudizio positivo, mi è piaciuto.
WJ Williams l’avevo amato alla follia per il precedente premio Nebula, Il mondo di papà. Qua non sfioriamo neanche quei livelli, ma rimane interessante questa opera vincente il Nebula, un romanzo breve che magari non entusiasma, ma che ha elementi che lo fanno apprezzare. In un futuro lontano dei ricercatori rivedono la biografia di un personaggio di un futuro a noi molto vicino (e dunque del loro passato), cioè di uno studioso che ha cambiato la storia dell’umanità. Come sfondo delle vicende di tale studioso, viene scoperto un modo definitivo per vincere la fame nel mondo e, da quanto si capisce, sarà questo studioso ha impedire il successivo collasso economico, per quanto possibile. La parte più bella, secondo me, è stata proprio quella dove lo scienziato valuta le conseguenza economiche della fine della fame nel mondo, e arriva a supporre, con la logica, la distruzione del nostro mondo (per la parte economica, ma con ovvie implicazioni negli altri campi). Il libro ha dunque due vicende parallele, la ricerca che effettua la protagonista (lontano futuro), ora sirena e un tempo scimmia, abitante di un mondo in cui non si muore più definitivamente; e le avventure, suo malgrado, dello studioso di cui sopra. Non è malvagio, ma siamo un po’ borderline per una premiazione, che magari è stata di manica larga. Va però detto che anche chi lo battè la scorsa edizione dell’Hugo (e perse qua per il Nebula), cioè I simulacri, parimenti non mi aveva fatto impazzire…Non solo, tra le due opere, anche se le differenze come qualità non sono marcate, preferirei questa qua di WJ Williams. Ah già, finale di crudeltà un po’ spiazzante.





Racconto, vince l’Hugo 2005 La borsa fatata, della 36enne Kelly Link, al primo Hugo. Al momento (2005) la Link era l’autrice più giovane vivente tra quelli premiati con Hugo o Nebula, essendo del 1969, battendo Chiang che è del ’67.
Sconfitti l’inedito The clapping hands of God, di Michael F. Flynn; l’inedito The people of sand and slag, di Paolo Bacigalupi; Note biografiche a Una dissertazione sulla natura della causalità, con aero-plani di Benjamin Rosenbaum, di Benjamin Rosenbaum (geniale fin dal titolo, vi assicuro che non ci sono errori); l’inedito The voluntary state, di Christopher Rowe.
Vince invece il Nebula 2004 per il migliore racconto l’inedito, in Italia, Basement magic, della 51enne Ellen Klages, al primo Nebula.
Perdono l’inedito Zora and the zombie, di Andy Duncan; l’inedito The voluntary state, di Christopher Rowe; l’inedito Dry bones, di William Sanders e l’inedito The gladiator's war: a dialogue, di Lois Tilton.
Inizio ad avere problemi col mitico Catalogo Vegetti, sono arrivato infatti più o meno agli anni in cui non trovo più le opere che leggo (probabilmente perché non viene più aggiornato, io avevo proposto già a suo tempo di lasciare immutato il Catalogo, ma farne un’altra versione “alla Wiki”, cioè aperto agli inserimenti, alle note dei lettori, ma immagino ci voglia pure un bel po’ di lavoro sotto….magari esistono volontari a retribuzione zero?), e insomma non è facilissimo capire se alcune opere sono state o meno pubblicate in Italia. Prendiamo The faery handbag, vincente l’Hugo in questa occasione. Mi ero rassegnato a leggerlo in inglese, dato che era inedito (pensavo), me lo ero anche procurato in tale idioma….ebbene, no. Fermo restando che gli errori che trovate qua e là sono solo miei (ma sempre in buona fede), scopro che la Kelly Link ha pubblicato (almeno) due libri in italiano. Uno è Ne succedono anche di più strane, una raccolta, che però è uscito a inizio 2006, e gli Hugo 2005 si tennero 5 mesi prima, vuoi dirmi che era là… no, in quello non c’era. Ma mi sa che là c’era l’altro racconto della Link che aveva vinto un Nebula in precedenza, e che io davo come inedito in Italia. Vabbè, se qualcuno vuole controllare, buon lavoro.
L’altro libro pubblicato da noi è Piccoli mostri da incubo, altra raccolta, uscita a fine 2010, che guarda un po’, contiene la nostra opera vincente.
Ora per procurare copia di tale libro, ho adottato la nuova via maestra, che non è il Kindle (seconda via maestra), ma le biblioteche pubbliche. Appurato che una copia c’è a Padova (un’unica copia!), ho visto in quale biblioteca e se era libera…e TAC!, ne sono entrato in possesso, temporaneo, mensile, ma felice.
Non era male il precedente racconto della Link che aveva vinto il Nebula 2002; questo è pure interessante anche se un po’ deludente (relativamente, certo, ma avendo vinto – anticipo – pure il Nebula, mi aspettavo di più). Si parla di questa borsa fatata, in cui si nascosero tempo addietro addirittura un villaggio e i suoi vicini, da cui ogni tanto qualcuno esce anche fuori (pure il marito della nonna, posseditrice… ma lo sapevate che il femminile di possessore è sta roba là?) e dove il tempo passa molto lentamente, e dove ora è finito il fidanzatino della protagonista (che è la nipote della nonna in questione). Ma forse no, è tutta un’illusione, una facciata per non vedere la realtà, e quella è solo una comune borsa. O forse no, è tutto vero, e la magia esiste, come dice nell’incipit la giovane protagonista, che ci crede, e narra il tutto in prima persona…E allora, ho trovato il racconto molto gradevole, direi 7, anche 7,5, non direi di più, e invece pensate che per i famosi lettori della famosa rivista, questo è il quinto migliore racconto del secolo, alla pari con quello inedito di Bacigalupi e sconfitto in questa tornata.
Il Nebula 2004 va a un racconto che ruota attorno a una bambina molto trascurata, presto orfana di mamma e tralasciata dal papà, una specie di cenerentola, dato che suo padre presto si risposa, ma con una persona completamente idiota, che diventa subito un’odiata matrigna. La nuova domestica, da poco assunta, insegnerà alla bambina incantesimi di difesa e non solo, il finale è un po’ un happy ending molto tirato e tutto sommato deludente. Operina per cui direi… 6,5, e dunque premio esagerato.
Un piccolo appunto, su Robot 48, sul quale ho trovato l’opera di Resnick vincente l’Hugo (di cui si parla sotto), è stata pubblicata, giustamente, anche quella di Benjamin Rosenbaum, finalista qua per l’Hugo. Non voglio parlare troppo bene della sua e troppo male di La borsa fatata, ma secondo me il confronto neanche si pone. Rosenbaum vince a mani basse, intendo. La sua opera ha tutto. E’ originale, è spiazzante, è bella, è geniale, è fresca, è moderna, è SF, è roba che avrebbe voluto scrivere Harlan Ellison (dico io, ma lui mi è venuto subito in mente, finito il racconto). Un gioiellino, con un anti-eroe simpaticissimo, gli Zeppelin, un raja avvelenato, pirati, una Terra molto alternativa, una fisica irriconoscibile; insomma, non consegnare tale opera alle generazioni future con un premio, è uno scandalo. E bravo Robot 48, che ha pubblicato un piccolo capolavoro. Ma forse questa in Scozia era la convention della magia, e dunque un’opera così spiazzante (all’inizio il lettore è – letteralmente – in balia degli eventi, capendoci ben poco) non era al posto giusto. Per me, invece, è questo quello che cerco leggendo le opere premiate, per fortuna mi è capitata sotto mano.
E allora, se vi capita, leggete pure il vincente l’Hugo (ma non vi sarà facile trovarlo), meglio ancora, non fatevi scappare Robot 48, cioè, recuperatelo, e leggetevi questa opera indimenticabile.






Migliore racconto breve, vince l’Hugo 2005 In viaggio coi miei gatti, del 63enne Mike Resnick, ormai al quinto Hugo.
Niente da fare per l’inedito The best Christmas ever, di James Patrick Kelly; La principessa della Terra, dello stesso Mike Resnick; l’inedito Shed skin, di Robert J. Sawyer e l’inedito Decisions, di Michael A. Burstein.
Il Nebula 2004 per il migliore racconto breve va invece alla 60enne Eileen Gunn (al primo Nebula) per l’inedito Coming to terms.
Ha la meglio sull’inedito The strange redemption of sister Mary Anne, di Mike Moscoe; In viaggio coi miei gatti, di Mike Resnick; l’inedito Embracing-the-new, di Benjamin Rosenbaum; l’inedito In the late December, di Greg van Eekhout e l’inedito Aloha, di Ken Wharton.
Resnick parla nel suo racconto di una persona assolutamente anonima che nel suo percorso di vita ha trovato, e poi letto più volte negli anni, un libro intitolato In viaggio coi miei gatti, di tale Priscilla Wallace (è tutto inventato, ho controllato). Tanto ama alla follia tale libro che la protagonista a un certo punto, seppure morta nel 1926, gli riappare sulla veranda di casa.
Mah, è un raccontino piacevole, non un capolavoro, una cosetta caruccia che forse però premiare è stato eccessivo. Altro non direi, e non c’è da dire.
Nebula. Sospirone preventivo. Mi sono messo a leggere il racconto breve vincente il Nebula con un minimo di animo prevenuto. Sono infatti una dozzina di edizioni ormai che in tale categoria finiscono sempre delle cagate (parere mio), cioè opere talvolta da valutare, benevolmente, al massimo con risicate sufficienze, talaltra da ritenersi vere e proprie porcherie e perdite di tempo (per fortuna poco tempo, sono pur sempre opere brevi).
Qua signore e signori, ahinoi, la tradizione continua. Che abbiamo…abbiamo un signore anziano che muore; la figlia, che da tempo non lo frequentava, va a casa sua per il disbrigo di varie pratiche, e trova libri, pile di libri, maree di libri. Libri che spesso hanno all’interno i commenti del genitore. Ma non solo, anche in giro per la casa ci sono strisce di carta con commenti, che vengono trovati dappertutto, anche sulle varie cose (il tè, per dire). E…fine. E fine, esatto. C’è una breve colluttazione, una sera, probabilmente il parto di una mente stanca (quella della protagonista) e basta. Fine, the end. Che dire?
La mia teoria è che forse è possibile che i giurati del Nebula, quando vedono “racconto breve” se ne sbattono di leggere l’opera, o di valutarla, e si scambiano il premio così, senza giustificazioni, come dei pacchi di Natale, oggi premio te, tu domani premi me, poi premiamo lui…
Insomma, ho fatto mente locale, l’ultimo racconto breve degno di nota era stato Laggiù, di Alan Brennert, Nebula 1991 (suo unico Nebula, al momento). E facendo mente locale, vedendo se capita spesso sta storia dell’”unico Nebula”, realizzo che tra i vincenti degli anni successivi abbiamo  Martha Soukup (Nebula ’94, l’unico), Leslie What (Nebula ’99, l’unico), Severna Park (Nebula 01, l’unico), quello di quest’anno (unico per ora)…mah, il sospetto che ogni tanto lo piazzino come regalino, fregandosene del valore dell’opera, io non me lo tolgo di testa. Come dire, c’è un’amica da salvare, la premiamo e tutti i contenti. Tranne alcuni lettori, magari… tipo io.

Libro non di narrativa, vince l’Hugo 2005 The Cambridge companion to science fiction, di Edward James and Farah Mendlesohn.
Libro che non costa poco, dato che Amazon lo propone per il Kindle sui 20 dollari, e in formato super cartaceo costa la bellezza di  77 e rotti dollari (ha poi 328 pagine, mica mille). In pratica è una collezione di saggi, scritti da studiosi, scrittori, etc…, che esaminano ogni aspetto possibile relativo alla fantascienza, guardandola da ogni possibile visuale. Politica e SF, Religione e SF, qualunque cosa e SF, a leggere i commenti è la versione definitiva (di 10 anni fa) della SF vista e letta e commentata dagli studiosi.

Migliore film, vince l’Hugo Gli incredibili, del grande Brad Bird.
E’ un film di cui posso parlare solo che bene, su IMDB ha 8 ,0 e pure io gli diedi 8 . Però, è anche vero che non metterei mai Gli incredibili tra i 10 migliori cartoni visti, e magari neanche tra i primi 20. Non un capolavoro, dunque, ma come detto, non si può che volergli bene. La storia è nota, c’è questa famiglia di supereroi, che in gran parte ricopia i poteri dei Fantastici Quattro. C’è quello fortissimo (il papà), quello elastico (la mamma), quello invisibile (la figlia) e al posto della Torcia Umana c’è quello velocissimo (il figlio). Si sono ritirati, i due genitori, per cercare di fare una vita normale; ai figli proibiscono di mettere in pratica i loro poteri. Questa è la base di partenza, poi ne capiteranno di ogni tipo. La Pixar fece centro pieno, il film ebbe incassi da grande successo; vinse l’Oscar per il migliore cartone animato (e lo vinse pure per il montaggio sonoro). E’ notizia solo da poco confermata che si sta lavorando al sequel, dopo tanti anni.
Al secondo posto arrivò Eternal Sunshine of the Spotless Mind, che come si sa in Italia ha forse il peggiore titolo nella storia del cinema italiano (settore, traduzioni “alla c***o di cane”) dove il poetico Infinita letizia della mente candida diventa Se mi lasci, ti cancello. E’ un film che è piaciuto non tanto, ma tantissimo, su IMDB ha un 8 ,4; per me è un gradino sotto. La prima parte, soprattutto, non mi entusiasmò per nulla, la trovai trita e ritrita, vista e rivista, con questi tecnici, poi, insopportabili. Nell’ultima mezz’ora decolla, e ci regala in definitiva un gigantesco Jim Carrey, più che la Kate Winslet, che trovai poco adatta per la parte, e poi con quei capelli, non si può vedere. Grande Jim, invece, strepitoso. Film d’essai che vinse l’Oscar per la sceneggiatura.
Al terzo posto, Spider-Man 2, classico film caruccio, su IMDB ha 7,3, per me vale un po’ meno, un 6/7. I problemi di questo film secondo me sono nel casting. MJ non può essere la Kirsten Dunst; spiacente, è brava, bellina, ma insomma, MJ…un noto figone spaziale, che non è, ahilei, la Kirsten. Pure Peter, con Tobey Maguire, non funziona poi sto granchè. E poi Spidey è una vita che lotta per salvaguardare la sua identità segreta, qua si toglie la maschera ogni volta….ma dai. Il film non è malvagio, il dottor Octopus vale e le sue braccia sono la cosa migliore da vedere. Vinse l’Oscar per gli effetti speciali e al botteghino andò super – bene.
Quarto, Sky Captain and The World of Tomorrow, per IMDB un filmetto da 6,1, per me anche meno.  Il film ha una vicenda un po’ particolare. Tale Conran è quello che lo scrive e lo dirige; ne aveva già fatta una bozza breve semi amatoriale. Trova poi chi lo produce, seriamente, la Filmauro di De Laurentiis. Fanno questo film, che è particolare, non molto riuscito, secondo me, ma guardabile, perché almeno è qualcosa di diverso. Alla fine vengono spesi pare 70 milioni, e risulterà un gigantesco fiasco al botteghino, un disastro. Non è finita. Il regista aveva chiesto un budget di 3 milioni, per farlo in bianco e nero e senza nomi noti. Poi vennero invece una fotografia molto particolare, attori noti e un bel po’ di effetti speciali. Anche così, dice il regista, costerà sui 20 milioni. Dove sono finiti i 50 milioni che mancano e di cui si parla? Mah, può essere che il regista sia nato sotto i cavoli, e non capisca i costi che sono necessari, alla fine. Però 50 milioni….mah, certo che la coincidenza vuole che nello stesso 2004 De Laurentiis si sia comprato il Napoli, appena fallito. Mentre di tale Conran, dopo questo flop, si sono perse le tracce.
E infine quinto l’Harry Potter del momento, cioè Harry Potter e il prigioniero di Azkaban. Per gli utenti di IMDB, il film merita 7,8 , per me un gradino meno, più sul 6/7.
Terzo film della serie, non è più un film per bambini, ma per ragazzini e per adulti. Le atmosfere virano verso il lato oscuro (belle atmosfere, tra l’altro); presenta i nostri protagonisti già belli cresciuti rispetto ai bimbi del primo, Harry Potter (l’attore) ha 14/15 anni, Ron 15, Ermione ha le sue prime tettine, come è giusto che sia a 13/14 anni; ciò pone problemi insormontabili per i futuri film. Alla regia ora c’è Cuaron e non più Columbus. Non c’è neanche Silente, o meglio c’è, ma si vede che è cambiato, non essendo più Richard Harris, passato a miglior vita. Cambia la scuola, cambiano le divise, un po’ di restyling ovunque. Le musiche sono inconfondibili, e direi che nel complesso il film funziona. Inutile ricordare il consueto trionfo al boteghino.
Chi manca nella cinquina? Forse The day after tomorrow e Io, Robot
I film molto belli del 2004, a detta del pubblico, sono poi La caduta – gli ultimi giorni di Hitler; Il castello errante di Howl (per me 10); Hotel Rwanda; Million dollar baby (per me 10) e Prima del tramonto.
Ma di solito la gente non fa la fila per i super belli, nel 2004 la fece per Shrek 2, Harry Potter, SM2 e Gli incredibili; poi anche per La passione di Cristo, The day after tomorrow, Mi presenti i tuoi?, Troy, senza dimenticare Shark tale, Ocean’s twelve, Il mistero dei templari, Io, Robot.
E ricordiamo anche The polar express, Van helsing, The Bourne supremacy, Che pasticcio, Bridget Jones! e The village.
Infine le chicche, cioè film del tempo che magari all’epoca nessuno andò a vedere, o sottovalutò, e che ora sono dei cult: vedi Kill Bill (vol.2) e L’alba dei morti dementi.
Il Nebula 2004 andò a Il signore degli anelli: il ritorno del re.
Fu preferito a Gli incredibili; The Butterfly Effect e Eternal sunshine of the spotless mind.

Migliore rappresentazione drammatica breve, vince l’Hugo 2005 Battlestar Galactica con l’episodio 33 minuti, primo episodio della prima stagione, ove 33 minuti è la cadenza degli attacchi da parte dei Cyloni.
Secondo posto per la serie Angel con l’episodio L’ora del sorriso, 14° dell’ultima stagione, in cui il nostro Angel diventa un pupazzo.
Terzo posto per la serie Stargate SG-1 con l’episodio Eroi (parte 1 e parte 2, sono in realtà due episodi), 17° e 18° episodio della settima stagione. Su Wiki Italia c’è un errore...per chi ha voglia di correggere.
Quarto posto ancora per la serie Angel, con l’episodio Non svaniremo, ultimo episodio dell’ultima stagione.
Infine al quinto posto la serie Lost con il primo episodio della prima stagione, l’episodio Pilota.

Migliore artista, vince l’Hugo il 57enne Jim Burns, se non sbaglio al terzo Hugo. A 83 anni ci lascia un grande artista, FK Freas, che di Hugo ne vinse ben 10.



Ken McLeod si diverte





In alto a sx, la Gunn (Nebula); lui è Swanwick (nada)




Jim Burns e famiglia, Hugo per l'artista.




Ian McDonald si sente a casa...ma l'Hugo va alla distinta signora in mezzo (Susanna Clarke), per ora China Mieville è affabile.




Anche Charlie Stross si sente a casa, o almeno pare




E infine, come simbolo del buon gusto, ne metto solo una, dai

Albacube
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MessaggioInviato: Gio 04 Feb, 2016 00:51    Oggetto:   

Grazie Toby Very Happy mi mancavano questi post!
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