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Premi HUGO


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Autore Messaggio
Fedemone
«Time Lord» Time Lord
Messaggi: 2206
MessaggioInviato: Gio 04 Feb, 2016 14:58    Oggetto:   

Grazie anche da parte mia! Ma per consocere bene cosa fu detto alla convention, tu c'eri?
Tobanis
«Antinano» Antinano
Messaggi: 20999
Località: Padova
MessaggioInviato: Gio 04 Feb, 2016 15:12    Oggetto:   

Beh no, e magari...mi rileggo i vari report del tempo, community, cose scritte da fan presenti, etc....
K.Trout
«Hoka»
Messaggi: 44
Località: Pescara
MessaggioInviato: Mer 06 Lug, 2016 16:04    Oggetto:   

La butto li, non so se sono in argomento....ma non pensate  che tutti sti premi che ci sono in giro, visto che alla fine sono gestiti o comunque ruotano intorno ad una ristretta cerchia di appassionati/lettori/addetti ai lavori non siano una reale cartina al tornasole della qualità degli autori selezionati? Cioè i numeri di chi decide sono talmente bassi che qualche dubbio su quali siano gli autori meritevoli mi viene.
Nirgal
«Horus» Horus
Messaggi: 8003
MessaggioInviato: Mer 06 Lug, 2016 17:08    Oggetto:   

Alla fine come è stato recentemente dimostrato con gli Hugo e puppies vari, i premi possono essere ampiamente manipolati a qualsiasi livello.
Io ho trovato alcuni volumi molto interessanti, altri decisamente fuori luogo (nel senso che avevano poca a che fare col genere del premio), alla fine vanno presi come uno strumento che segnala dei libri interessanti, senza pensare che sia "il meglio", anche perché non credo sia così facile definirlo in modo univoco.
Riguardo gli autori per me in genere sono molti ad essere meritevoli, indipendentemente dai premi.
Questo perché la maggior parte dei libri che leggo mi soddisfa, alcuni sono decisamente meglio di altri, ma nel complesso di delusioni vere ne conto poche.
K.Trout
«Hoka»
Messaggi: 44
Località: Pescara
MessaggioInviato: Gio 07 Lug, 2016 17:30    Oggetto:   

...ecco come immaginavo, diciamo che l'approvazione di un autore su un forum alla fine vale piu di  un premio anche se non inciderà sulle vendite allo stesso modo (forse)....forse un premio che ha senso è il Damon Knight Memorial Grand Master visto che è alla carriera ed in qualche modo codifica autori che forse più di altri si sono cimentati con la SF.[url=https://it.wikipedia.org/wiki/Premio_Grand_Master]
[/url]
Fedemone
«Time Lord» Time Lord
Messaggi: 2206
MessaggioInviato: Gio 14 Lug, 2016 13:10    Oggetto:   

A me appassionano ad esempio le antologie, dove è facile scoprire nimi nuovi o consolidare i noti, mentre ai premi in generale invece non bado tantissimo.
Non ne nego però l'utilità, in fondo è una sfida per gli scrittori e una "garanzia" per il lettore. Penso anche ai premi minori, che pescano racconti molto validi che sarebbero altrimenti ignorati o cmq difficilmente avrebbero visibilità, mentre una sorta di "medaglia" aiuta la diffusione in un mondo come il nostro, dove l'informaizone è tutto.

Cmq il premio Hugo è prestigioso proprio in parte perché coinvolge molto i lettori (come potrebbe farlo un forum) e dall'altra perché la qualità dei risultati è mediamente molto alta, quindi è sia ambito dagli scrittori che apprezzato dai lettori, alzandone la reputazione.
Tobanis
«Antinano» Antinano
Messaggi: 20999
Località: Padova
MessaggioInviato: Lun 28 Nov, 2016 15:25    Oggetto:   

2006. Si torna a Los Angeles, per la quarta volta. Malgrado alcuni difetti, anche non minori, deve essere stata una Convention molto interessante e ben organizzata.
Come sempre, una miriade di incontri sui più vari argomenti. Selezionandone qualcuno, noterei che già allora c’era il panel su Il futuro del giornalismo, dato l’evidente calo di vendite di quotidiani anche Oltreoceano, e la possibilità per ogni cittadino di informarsi da sé, se non addirittura diventare reporter. A cosa arriveremo? Si chiedevano 10 anni fa. A chi diceva che il livello del giornalismo “faceva cagare” (pardon), veniva risposto, ok, ma tenere un reporter dall’Iraq costa al giornale 150.000 dollari al mese (possibile?), il giornalismo ha dei costi e ciò che spendi da una parte devi risparmiarlo dall’altra. Vabbè, poi le solite lamentele sul giornalista da Internet, che copia notizie altrui senza neanche capire cosa c’è scritto, e l’annoso problema di come capire ciò che è vero da ciò che è falso, nella grande rete. C’è chi chiuse il discorso profetizzando la fine dei quotidiani stampati in 10 anni, ma si sa, se c’è il numero tondo, di solito viene detta una scemenza.
Più affollato il panel intitolato Dei film sopra e sottovalutati (traduco al volo), Una discussione al riguardo, è impossibile, direi. Gli stessi relatori dicevano che ricevevano e-mail di gente incavolata perché loro avevano stroncato film amati dai fan, e tra gli stessi relatori, fatto il nome di Pitch black (bel film!) c’era chi lo amava e chi lo detestava. Dunque, a che pro discutere? Se non per l’amore della discussione in sé, no? Tanti i film citati, tra cui, tra i sottovalutati, The revenants, ma non può essere la serie TV…no, ho trovato un film che nel 2004 uscì e su IMDB ha voto 5,9….e imparo ora, è da quel film che è poi stata tratta la serie TV, ma dai! Praticamente senza partecipanti il panel Misura del successo: i premi dalla A alla Z; molti invece per “Da vedere in Giappone: dove andare, cosa fare nella prossima Convention e cosa devo conoscere della cultura giapponese per evitare di insultare tutti per sbaglio?” e tantissimi per “L’ascesa della teocrazia: aveva ragione Heinlein? E’ il nostro futuro?”, ma forse negli USA il problema è più serio che altrove, chissà, con quella botta di sette cristiane (260 pare) che hanno da quelle parti. Cambiamo argomento.
 
Vince l’Hugo 2006 per il migliore romanzo l’inedito (da noi) Spin, del 53enne Robert Charles Wilson, al primo Hugo.
Gli altri erano l’inedito Learning the world, di Ken MacLeod; Il dominio della regina – L’ombra della profezia, di George R. R. Martin; Morire per vivere, di John Scalzi e Accelerando, di Charles Stross.
Il Nebula 2005 va a I protomorfi, del 63enne Joe Haldeman, al quinto Nebula.
Niente da fare per Jonathan Strange & il signor Norrell, della Susanna Clarke, che vinse l’Hugo nella passata edizione; per l’inedito Polaris, di Jack McDevitt; per l’inedito Going postal, di Terry Pratchett; per l’inedito Air, di Geoff Ryman e per l’inedito Orphans of chaos, di John C. Wright.
Il vincente l’Hugo, cosa rara, è inedito in Italia ancora oggi, dopo 10 anni. Le ipotesi che vengono in mente sono due: o è un mattone pazzesco, un bidone, una porcheria, o vengono chiesti tanti e tali soldi per i diritti che la pubblicazione in Italia non è un’ipotesi percorribile.
Non so la seconda, posso parlare solo della prima. Premetto, penso che questo romanzo per alcuni versi, non sia granchè, per altri, invece, non sia male.
Di che parla. Di punto in bianco, non ci sono più le stelle. Si scopre a breve che la Terra è stata avvolta da una membrana permeabile, le stelle ci sono ancora, ma non è più dato vederle dal suolo terrestre (idem la Luna: non si vede più neanche lei). Chi sia stato, e perché, non si sa. I tre protagonisti quella notte sono dei ragazzi, e saranno protagonisti anche nel resto del romanzo, da adulti. Il secondo fatto sconcertante è che il tempo, fuori dalla membrana, cioè nello spazio, scorre velocissimo, un anno qua sulla Terra equivale a circa 100 milioni di anni nel resto dell’Universo. Questo pone un problema decisivo: il Sole non è eterno, se tra 3-4 miliardi di anni si espanderà fino a noi…e cioè, tra 30-40 anni (ora) terrestri, saranno cavolacci amari. La membrana che ricopre la Terra (lo “Spin” del titolo) proteggerà gli abitanti dal Sole in futuro?
Insomma, detta così non è male, il romanzo pare intrigante, e pure alcune soluzioni adottate nell’opera (es. la terraformazione di Marte, magari fattibile quando si ha in pratica tutto il tempo del mondo, se non dell’Universo) sono accattivanti. Ripeto, infatti, che per certi versi questo libro non è male. Quello che non funziona è piuttosto ovvio, per me, e alla fine si riferisce al poco talento dell’autore. Che ci regala, si fa per dire, personaggi di poco o nullo interesse, e poco spessore, poco più che clichè, macchiette, e mai persone vere. I dialoghi spesso fanno cadere le braccia, così come le descrizioni mostrano molte volte poca capacità tecnica. Il problema grosso insomma è che il signor Robert Charles Wilson non è un grande scrittore, qua almeno, e questo inficia tutto. Non voglio sottolineare poi un libro che percorre i decenni e dove mai nessuno fa una battuta, una pausa, mai nessuno dei protagonisti (tutti odiosi) smette per un attimo di prendersi sul serio, di smettere un momento gli abiti della macchietta che è, ma a parte tutto ciò, che non è obbligatorio, ma gradito: temo che mr. Wilson si sia dato un compito che lo eccede nella capacità, e non di poco, radunando idee non sempre originalissime, seppure ben incastrate.
Meritava un Hugo? Non direi, per me siamo sul sette, sul caruccio e nulla più, il classico libro dove trovi due – tre spunti, o momenti, e che mai più penserai di rileggerti, un giorno, per gustarlo meglio. Sarà dunque per questo che non è stato pubblicato in Italia?
Sarebbe curioso sapere se i romanzi allora in competizione, e ora celeberrimi (ma che non ho letto!), di Scalzi e Stross sono così brutti da perdere con questo, per non parlare di GRR Martin.
Con il Nebula si rivede Joe Haldeman. La pubblicazione italiana, per motivi oscuri destinati temo a rimanere tali, tramuta l’originale Camouflage in I protomorfi. Non è l’unica chicca, se sulla copertina Urania si può leggere bene Nebula 2004, quando invece come sto dicendo ha vinto il Nebula 2005. Ma 2004, 2005…numeri elevati, che evidentemente fanno girare la testa. Però dai, non è grave, tra Hugo e Nebula è sempre un casino e poi in fondo è solo un errore che rimarrà per sempre, bello in vista.



Meno male che c’è Haldeman, con il suo stile secco, preciso, diretto, con dialoghi e personaggi reali, per un romanzo solido, che fa tanto “bella fantascienza” di un tempo, quando non si era pagati un tanto a chilo o a parola. Una bella storia, ben raccontata, adulta sicuramente (non un libro di avventure per ragazzi, non fosse altro per il sesso e la violenza), che potrebbe diventare un bel film o, sperando troppo, una bella serie tv HBO. Vero, la storia d’amore “aliena – umano” è ben più che ridicola, irreale e mal costruita, ma c’è tanta “buona roba” nel libro.
Che parla di come questo alieno giunse sulla Terra tanti anni fa, di come possa assumere qualunque forma, oltre ad essere di fatto immortale, e di come lui stesso, passati eoni, in varie forme, non ricordi più chi sia in realtà e perché sia qua. Assumendo forme umane nel XX secolo, comincerà a imparare e potrà forse ricordare. Peccato che sulla Terra ci sia un altro alieno, simile nei poteri, ma votato soprattutto e principalmente a uccidere. La storia è ambientata in un futuro prossimo (nel 2019), che dunque oggi per noi è futuro molto prossimo, con vari flashback, ben orchestrati. Giudizio: un libro a cui darò 8 ; libro che, va detto, si fa fuori in un week-end (come ho fatto io). E’ meglio di Jonathan Strange (vincitore Hugo della passata tornata), come ha deciso la giuria del Nebula? Mah, non direi, quello ha un’ampiezza e una profondità maggiori, ma sono cose diverse, non facilmente confrontabili, e anzi cono contento che grazie al premio Nebula mi sia toccato leggermi questo bel romanzo.
Ultimo sui romanzi, il libro di Scalzi è ritenuto il migliore romanzo dai lettori di una rivista specializzata. Il migliore del secolo, non di questa edizione. E Accelerando sempre gli stessi lettori lo mettono nella top ten. Mettono quarto anche Spin, però.

Migliore romanzo breve, vince La voce dall’aldilà, della 61enne Connie Willis, al nono (!) Hugo.
Ha la meglio su L’utopia di Walden, di James Patrick Kelly; Magia per principianti, di Kelly Link; l’inedito The little goddess, di Ian McDonald; Furto d’identità, di Robert J. Sawyer.
Nebula, il premio 2005 va a Magia per principianti, della 37enne Kelly Link, al secondo Nebula.
Nulla da fare per l’inedito The tribes of Bela, di Albert Cowdrey; per Furto d’identità, di Robert J. Sawyer; per l’inedito Clay's pride, di Bud Sparhawk e per Left of the dial, di Paul Witcover.
La Willis, che avendo già vinto tanto ho letto spesso, mi piaciucchia, ma non mi entusiasma. Almeno finora. Se ho fatto bene i compiti, al massimo nelle vittorie precedenti le diedi un 7,5. Che è un bel voto, ma finisce lì. Non il mio autore preferito, insomma.
Invece qua oso dire che ha raggiunto una maturità tecnica e ne giova questo bel romanzo, per me la sua opera migliore tra tutte le premiate, dato che siamo sul 7/8, o qualcosa in più.
Si racconta di come il protagonista abbia un’agenzia per smascherare ciarlatani, e quando troverà la solita medium che fa da tramite di non so quale entità, avrà una grande sorpresa. Tutto è molto anni ’30, o meglio ricorda le commedie lui – lei in bianco e nero di quell’epoca, ma ovviamente attualizzate ad oggi. Le “lei” è una famosa attrice di Hollywood, che si prende una cotta per il protagonista (cosa a cui non crede neppure lui, ma vera!), con qualche scusa va a lavorare alle sue dipendenze e lo aiuta nel caso incredibile in questione. Non direi altro, il libro vale l’acquisto e la lettura, che è molto facile e gradevole: il libro è un libriccino e si smaltisce molto rapidamente. Bello bello, pare pronto per la trasposizione cinematografica fin da subito (ma ormai sono passati 10 anni, non ci spererei più).



La Link vince il Nebula, mi era già piaciuta per le sue due altre opere premiate, secondo me non capolavori ma cose di qualità. Qua già dal titolo ispira molto, sembra quasi un Magic for dummies (beginners comunque nell’originale, più elegante), ma il titolo svia, la storia è tutt’altro.
Questo romanzo si può trovare trova nella raccolta uscita in Italia un po’ in sordina, Piccoli mostri da incubo.
L’opera premiata è deludente. E’ il classico romanzo che cattura l’attenzione, prosegue bene, con le varie vicende, mentre quasi da subito ti chiedi, ok, alla fine mi immagino, nelle ultime pagine, ecco l’avvenimento che spiegherà ciò che al momento è confusissimo. Si parla infatti di una comunità in cui tutti seguono alla tv la serie La biblioteca, che va in onda a episodi con cadenza casuale e non prevedibile (non si sa quando, in che canale, etc…). La serie ha molte stranezze, ma è ancora più strano quanto scrive la Link, quando dice che i protagonisti di questa storia sono anche dei personaggi della serie La biblioteca. Dunque personaggi di una serie che guardano la stessa serie in tv, in un intreccio un po’ caotico ma affascinante. E ti chiedi, bon, alla fine arriva la spiegazione, tutto si chiarirà…una mazza. Alla fine, finisce, e basta. Con un finale aperto, senza spiegare come sia possibile tutto ciò che si vede, o meglio, si legge. E allora? Boh, il romanzo ha parecchi estimatori, ho scoperto, ma fatico a comprendere le motivazioni, dato che gli stessi ammettono che il tutto è piuttosto confuso. Addirittura alcuni di loro hanno tirato in ballo Borges… ma figuriamoci, ma dai, siamo alla blasfemia. Insomma alla fine la sensazione è di fregatura. La Link scrive bene, in uno stile piano, semplice ma molto efficace, ma se la prosa convince, il romanzo proprio no.
Il titolo poi, geniale, è completamente sprecato, non c’entrava per nulla.
Qual è più bello tra Hugo e Nebula? C’è poco da avere dubbi, per me, ci siamo capiti.

Racconto, vince l’Hugo 2006 Due cuori, del 67enne Peter S. Beagle, ora al suo primo Hugo.
Sconfitti l’inedito The calorie man, di Paolo Bacigalupi; l’inedito Telepresence, di Michael A. Burstein; Io, robot, di Cory Doctorow e l’inedito The king of where-I-go, di Howard Waldrop.
Vince invece il Nebula 2005 per il migliore racconto La borsa fatata (premio Hugo nella precedente edizione), della 37enne Kelly Link, dunque anche al terzo Nebula.
Perdono l’inedito Flat Diane, di Daniel Abraham; l’inedito The people of sand and slag, di Paolo Bacigalupi; l’inedito Nirvana high, di Eileen Gunn e Leslie What e l’inedito Men are trouble, di  James Patrick Kelly.
Il racconto che ha vinto l’Hugo si trova in italiano nel romanzo L’ultimo unicorno: alla fine swl libro infatti c’è questo racconto, che è l’ideale prosecuzione del romanzo. Il romanzo uscì già nei tardi anni ’60 ed è ritenuto un “must” dai cugini della Fantasy; con un po’ di pazienza ora gli stessi (ma anche noi) possono vedere le nuove vicende, con i “vecchi” protagonisti che ora sono vecchi veramente.



Il racconto è narrato con gli occhi della bimba protagonista, il cui villaggio è tormentato da un grifone. A nulla sono valsi nel tempo i cavalieri inviati dal re, per ucciderlo. Il grifone è molto cattivo, e dopo avere rubato pecore, per mangiarle, ora è passato ai bambini. La piccola protagonista, neanche 10 anni, scappa di casa per trovare il re; lungo la strada incontrerà un mago e una signora, (i protagonisti de L’ultimo unicorno), che la accompagneranno dal re, pure lui protagonista del romanzo. Tutti sono molto invecchiati; il re stesso decide di risolvere personalmente la questione col grifone, ma lo sforzo potrebbe essere troppo.
Dopo tutti questi anni l’autore fa tombola, dato che si prende ora l’Hugo e la prossima edizione pure il Nebula (anticipo).
Il racconto vale, c’è tanta qualità. Non si trova l’originalità, ok, siamo nel fantasy più fantasy, ma l’autore è valido nel delineare i protagonisti, nel renderli veri nella loro lotta e nei loro sentimenti. L’attenzione è calamitata dall’inizio alla fine e insomma è un gran bel racconto, meritava il premio.
Della vincitrice il Nebula già dissi nella precedente tornata, dato che là aveva vinto l’Hugo.

Migliore racconto breve, vince l’Hugo 2006 Tk’tk’tk (idem in originale), del 45enne David D. Levine, al primo Hugo.
Niente da fare per l’inedito Seventy-five years, di Michael A. Burstein; l’inedito The clockwork atom bomb, di Dominic Green; Cantare per mia sorella che scende giù, di Margo Lanagan e l’inedito Down memory lane, di Mike Resnick.
Il Nebula 2005 per il migliore racconto breve va invece all’inedito I live with you, dell’85enne (!) Carol Emshwiller, al secondo Nebula, all’epoca la più vecchia vincitrice di un Hugo o un Nebula ancora in vita, ed è ancora in vita tutt’oggi!
Ha la meglio sull’inedito The end of the world as we know it, di Dale Bailey; l’inedito There's a hole in the city, di Richard Bowes; l’inedito Still life with boobs, di Anne Harris; l’inedito My mother, dancing, di Nancy Kress, Cantare per mia sorella che scende giù, di Margo Lanagan e l’inedito Born-again, di K.D. Wentworth.


Il vincente l’Hugo, che si trova in ROBOT 50, è una figata, ma proprio bello bello. Narra di questo rappresentante (figlio di generazioni di rappresentanti), finito in un pianeta dove gli essere senzienti sono scarafaggi e similari, che nel traffico si camminano sopra l’un con l’altro, con indifferenza, come fanno gli insetti, e a cui lui cerca di vendere, tra l’altro, un software. La parlata degli insetti (tradotta) è geniale, educatissima, all’orientale, sempre sottilmente umoristica. Il nostro cercherà con disperazione di piazzare l’affare, ma altro non direi.
Un racconto brillantissimo, un premio strameritato. Recuperatelo.
Si sa che affronto i Nebula al migliore racconto breve ormai prevenuto, perché scottato specie ultimamente da vere porcherie. Dunque per questo motivo e anche perché il precedente lavoro premiato della Emshwiller l’avevo trovato ributtante, mi sono messo a leggere l’originale senza speranze, toccando gli attributi scaramanticamente, chissà, magari stavolta andava bene.
E’ andata così cosà. Si racconta in prima persona di quello che in definitiva dovrebbe essere un fantasma (per quanto ho capito), che si piazza in casa della protagonista, che più volte ne ha sentore ma mai certezza, e intriga e trama per farla incontrare con un uomo. E…fine, e fine, cioè là finisce. La fa sì incontrare con un uomo, un tantino disadattato come lei, i due finiscono pure a letto, ma fine. Il raccontino va via spedito, ma il finale deludente e tutto l’insieme mi fanno propendere per un 5. Come di consueto per la categoria, un premio è scandaloso, ma almeno in questa edizione si possono evitare termini come “ripugnate” e “distinta porcheria letteraria dei miei maroni”.

Libro non di narrativa, vince l’Hugo 2006 un’opera della Kate Wilhelm dal titolo lunghissimo: Storyteller: Writing Lessons and More from 27 Years of the Clarion Writers’ Workshop, facilmente trovabile su Amazon, anche in versione Kindle. Come da titolo; il Clarion Writers’ Workshop (fondato nel ’6Cool è deputato a insegnare a scrivere fantascienza e fantasy; la Kate Wilhelm ha 27 anni di cose da raccontare al riguardo. Alunni famosi ne sono passati: la Butler, Doctorow, Effinger, la Vonda McIntyre, Kelly Link, Sterling, e chi sa quanti altri. E poi magari alcuni sono diventati docenti (per il 2017, tra gli altri, Doctorow e la Hopkinson).

Passiamo ai film, che ormai sono quelli di pochi anni fa e non serve ricordarli o approfondirli più tanto, essendo in genere stra-noti.
Migliore film, vince l’Hugo Serenity, scritto e diretto da Joss Whedon.



Parliamo di un film che ha un sacco di fan, così come li ha la serie Firefly, che pure fu chiusa subito dopo la prima stagione. Io lo vidi senza il background della serie, perciò lo presi così com’è, senza filtri e senza conoscere vicende e personaggi. E mi piacque molto (gli diedi 8 ), così come piacque molto a tutti (su IMDB ha appunto 8 ,0). Però c’è una specie di maledizione, o parliamo di piaceri di nicchia. Così come la serie, molto seguita e piaciuta, ma chiusa, anche il film, malgrado il gradimento, fu un bel flop al botteghino, cosa che chiuse da subito altri possibili discorsi.
Pure, come scrissi quando lo vidi, a metà 2009, “… ha un gran bel ritmo, è ben scritto, recitato il giusto, con parecchie buone idee, anche nei dettagli, fila liscio come l’olio e diverte.”
Secondo a sorpresa si piazzò Wallace & Gromit – La maledizione del coniglio mannaro, che su IMDB ha un lusinghiero voto di 7,5 ma a me risulta meno gradito, dato che mi fece pure inferocire: vinse l’Oscar (!) davanti a Il castello errante di Howl (eresia!!!) e a La sposa cadavere. Quasi noioso, per me, ma devo ammettere che in giro ha una botta di estimatori. Io gli diedi una sufficienza, perché Gromit è proprio forte. Per chi non lo sa, è un film in stop motion “a passo uno” con personaggi di plastilina o pongo o quel che l’è.
Terzo un altro film piacevole ma non sto gran capolavoro, cioè Le cronache di Narnia: il leone, la strega e l’armadio. Su IMDB ha un giusto, ritengo, voto di 6,9; il film è fantasy piuttosto celebre, tratta da romanzi. Il film è fatto bene ed è una favoletta guardabile e godibile.
Al quarto posto il bel Batman Begins di Christopher Nolan, che su IMDB ha un gran bel voto (8 ,3), che in definitiva corrisponde al mio giudizio. E’ la celebre storia di Batman, ripresa per l’ennesima volta, con il grande Christian Bale dietro la maschera, Michael Caine maggiordomo, e altri grandi attori (Gary Oldman, Morgan Freeman, etc…). Non è esente da pecche, per me: la trama è banalotta, i combattimenti girati e ripresi male, per il resto il classico buon prodotto che regala 2 ore ben spese e ben passate.
Quinto l’Harry Potter del momento, cioè Harry Potter e il calice di fuoco, quello delle sfide tra i campioni delle varie scuole, in cui a sorpresa spunta anche il nome di Potter, che per l’età non poteva partecipare. Su IMDB 7,7; ci sta, io magari do un pochino meno, ma il film è molto piacevole.
Chi manca nella cinquina?
Beh è incredibile non ci sia Star Wars III, che pure non sarà il massimo, ma direi sia paragonabile ad alcuni in cinquina….la delusione fu tanta, allora, si vede.
La guerra dei mondi con Tom Cruise non ha tanti estimatori, ma a me piacque. Niente da dire sul film I fantastici quattro, un target maledetto con cui pare ancora oggi impossibile fare un film decente.

Anche il Nebula 2005 per il migliore film va a Serenity, di Joss Whedon.

Per cosa faceva la fila al cinema la gente, allora, inteso come, “al tempo”?
Tre film su tutti, e tutti e tre SF/Fantasy: Harry Potter, Star Wars e Narnia; un gradino sotto ci sono gli incassi di La guerra dei mondi, King Kong (un onesto rifacimento), Madagascar (il primo), Mr & Mrs. Smith (bruttino ma che fece nascere l’ora ex coppia Pitt – Jolie), e il rifacimento de La fabbrica di cioccolato.
Più sotto  Batman e il bel Hitch con Will Smith. Poi di seguito I fantastici quattro, Chicken Little, 2 single a nozze, Robots, et so on.
Quali i film veramente belli del periodo? Tra i tanti, ne ricorderei almeno due, V per vendetta (sarà in gara nella prossima edizione dell’Hugo) e Sin city.



Migliore rappresentazione drammatica breve, vince l’Hugo 2006 Doctor Who – Il bambino vuoto (prima e seconda parte), che non ho visto. Siamo nella nuova serie, che riprende un personaggio che alla fine degli anni ’80 era arrivato alla XXVI stagione (!!!) e poi le trasmissioni erano cessate. Qua viene premiato l’episodio 9 assieme all’episodio 10, sui 13 complessivi della stagione. Il dottore in carica è il grande Christopher Eccleston, che odiò parecchio il progetto, tanto che nell’ultimo episodio di questa stagione è già sostituito. In interviste successive, chiarì che non ne poteva più della scarsezza e dell’incompetenza che regnavano sovrani in quella produzione.
Secondo fu Jack-Jack Attack, del grande Brad Bird, un simpaticissimo corto che riprende il più piccolo della famiglia degli Incredibili (Jack-Jack, appunto, che ha una serie di poteri potentissimi) alle prese con la baby sitter.
Terzo ancora il Doctor Who – Il padre di Rose, ottavo episodio della serie che è ripresa.
Al quarto posto viene votata la Cerimonia di premiazione del premio VICTOR Hugo del 2005. Non trovo nulla su questo, se non quel Victor che deve fare capire che si parla del grande scrittore francese, e dunque non del NOSTRO premio Hugo. Perché sarà stata votata? Qualche fan aveva sbagliato premio? O il discorso di qualcuno è scivolato in una qualche gaffe, parlando dell’Hugo alla fantascienza? Mistero.
Quinto Lucas Back in Anger, cioè la presentazione della passata edizione degli Hugo, simpaticamente finita in nomination per i corti.
Ne abbiamo ancora due: Battlestar Galactica – Scontro mortale, episodio 10 (su 20) della II stagione di Battlestar Galactica e ancora il dottor Who con l’episodio Dalek, il sesto di questa pluripremiata

Migliore artista, vince l’Hugo il 39enne Donato Giancola, al primo Hugo. Malgrado il nome, è ahimè americano e non italiano. Ed è di una bravura piuttosto esagerata…troppo bravo.

In nomination per l'Hugo romanzo corto: McDonald, Willis, Kelly e Sawyer.



Scalzi con Wilson, con Scalzi che pensa "Ma veramente date l'Hugo a lui e non a me?"



Esibizione di robots, tutti famosi:



Toilette per maschi di ogni specie:



Robots ancora:



Vince per il racconto breve e per l'abbigliamento un tantino che si nota:
Nirgal
«Horus» Horus
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MessaggioInviato: Lun 28 Nov, 2016 22:20    Oggetto:   

Concordo abbastanza con il parere su Spin, quando lo lessi, mi parve il classico romanzo facile, abbastanza godibile, con qualche idea un po' più originale del solito, ma nel complesso niente che lasci il segno.
Personalmente considero Wilson un buon scrittore, privo della capacità di fare romanzi di spicco, certo se lo paragoni per esempio a gente che scrive bene, non regge assolutamente il confronto.

Riguardo ai libri di Scalzi e Stross, Old's  Man War non mi ha impressionato, ho letto due romanzi di Scalzi e devo dire che stilisticamente lo trovo molto scarno, il suo punto di forza è la scorrevolezza, non certo il linguaggio ricco, quindi stilisticamente non mi pare tanto superiore a Wilson, anche il romanzo in concorso non mi ha impressionato, buon romanzo, ma mi pare  sopravvalutato.
Accelerando invece è un romanzo più particolare, soffre di una certa frammentarietà dovuta al fatto di essere composto da una serie di racconti, però a livello di idee è nettamente superiore agli altri, ma questo lo rende anche più arduo da leggere.
Nel complesso direi che Accelerando meritava di più, ma l'impressione è che abbia vinto il romanzo più semplice e classico
jonny lexington
«Genio del Male» Genio del Male
Messaggi: 24611
Località: Quasi polare
MessaggioInviato: Ven 02 Dic, 2016 15:53    Oggetto:   

"accelerando" stilisticamente è una fenomenalata e ribolle di idee futuristiche come pochi le sanno pescar fuori. non ho letto quelsto wilson, ma da quanto mi pare di capire non si avvicina minimamente a stross in quanto a maturità retorica e capacità di creare personaggi e situazioni accattivanti.
Albacube
«Reloaded» Reloaded
Messaggi: 5978
Località: Un paesello padovano
MessaggioInviato: Ven 02 Dic, 2016 16:47    Oggetto:   

Grazie, Tob Smile
Tobanis
«Antinano» Antinano
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Località: Padova
MessaggioInviato: Gio 07 Set, 2017 09:59    Oggetto:   

[justify]HUgo 2007 (e Nebula 2006). Nel complesso, tra i vincenti Hugo 2007 e Nebula 2006 direi che la qualità è in discesa, rispetto al passato. Trasfertona in Giappone![/justify]
[justify] [/justify]
[justify]Vince l’Hugo 2007 per il migliore romanzo Alla fine dell’arcobaleno, del 63enne Vernor Vinge, al quinto Hugo.[/justify]
[justify]Perdono l’inedito Glasshouse, di Charles Stross; Temeraire: il drago di sua maestà, di Naomi Novik (che sembrava favorito); l’inedito Eifelheim, di Michael Flynn e l’inedito Blindsight, di Peter Watts (che piace molto in giro).[/justify]
[justify]Non si può ignorare la polemica che uscì a suo tempo in Italia (il libro uscì solo nell’estate del 2010). I fatti sono noti: il libro di Vernor Vinge, uscito su Urania, in Italia non è in edizione integrale. Alla più banale delle osservazioni (non potevano farne due volumi? Mica sarebbe stata la prima volta, per Urania…) la risposta dell’editore fu che sarebbero stati due libretti entrambi troppo corti. E dunque, per farlo stare in un unico libro, il testo fu sforbiciato. Da lì, due problemi ulteriori: la fiducia che bisogna avere in chi sforbicia, sperando non abbia tagliato parti importanti; e la mancanza di un avviso al lettore che magari lo comprò senza neanche sospettare che Urania potesse tagliare un testo. La certezza è però quella che le ragioni sono un po’ dappertutto, ha ragione l’editore, il lettore, l’autore…non se ne esce. Io dunque mi sono letto la versione bignami italiana e su questo giudico.[/justify]
[justify]Il libro è sorprendentemente brutto per il primo terzo della lunghezza. Vinge ha creato un mondo dove le persone “indossano”, hanno cioè delle lenti a contatto o degli apparati con cui vedono una realtà aumentata. Tutto qua? Più o meno sì. L’autore si crogiola in questa situazione, pensando di avere fatto chissà che figata, mentre il romanzo langue pericolosamente, tanto che mi dicevo, ma quand’è che parte? Quand’è che diventa bello, che dico, degno di vincere l’Hugo? Brutto brutto.[/justify]
[justify]Poi, alla fine, è solo brutto. E spesso confuso. Un brutto romanzo, calato in questa realtà tecnologica, anche interessante, e non poi lontanissima dai nostri giorni, che però parla del nulla, vivacchia sul nulla, con questo ex scrittore di enorme talento che ritorna dall’Alzheimer (ma ora senza talento) che impara via via ad usare tecnologie per lui sconosciute. In disparte, complotti planetari (ma non come quelli magnifici che ordiva un tempo Vinge), personaggi poco o nulla delineati, e poco interessanti, vicende anche loro ben poco interessanti…brutto. Non vorrei poi soffermarmi troppo sugli sciocchi neologismi del Vinge, che pare qua emulo dei cartoni animati giapponesi, quelli dove i combattenti urlano termini senza senso (cazzillo al 90%! Cavolo, la supercazzola è passata da 10 a 12!), neanche fossimo a Neon Evangelion. A me spiace, ma stavolta per il buon Vernor scatta il 4; non ho idea di come abbia fatto a vincere l’Hugo, non ho proprio idea, ma magari sarà stato un periodo sfortunato, anche Spin premiato nello scorso anno non era tutto sto gran romanzo (anzi!).[/justify]
[justify]Avevo intenzione di fare una bella ricerca cercando le altre occasioni in cui Urania pubblicò dei romanzi in due libri, e poi fare dei confronti, ma la pochezza del romanzo di Vinge è tale che non mi cimento, chi se ne frega.[/justify]
[justify]Vince invece il Nebula 2006 per il migliore romanzo Seeker, del giovane 72enne Jack McDevitt, che leggo per la prima volta, e che è al primo premio, alla sua tenera età (ma cominciò tardi a pubblicare)..[/justify]
[justify]E’ stato ritenuto meglio dell’inedito From the files of the time rangers, di Richard Bowes; dell’inedito The girl in the glass, di Jeffrey Ford; dell’inedito The privilege of the sword, di Ellen Kushner; dell’inedito To crush the Moon, di Wil McCarthy e dell’inedito, tutti inediti, Farthing, di Jo Walton.[/justify]
[justify]Anche Seeker è un’Urania, precisamente il n. 1546 del maggio 2009. Ha un prologo che ricorda e anzi anticipa in maniera sinistramente simile la tragedia italiana di Rigopiano; di ciò proverò a informare canali tipo Sky Tg24 (provato).[/justify]
[justify]Il romanzo è buono; è narrato in una sorprendente prima persona femminile (comunque credibile anche se scritta da un maschio), racconta di come questa società privata (siamo nel 10.000 circa, secolo più o meno) sia dedita alla ricerca di manufatti antichi (per loro, magari per noi sono uno – due mila anni nel futuro). C’ è certamente un certo imbarazzo, che i protagonisti non nascondono, sul fatto che in definitiva loro sono una specie di razziatori, in quanto scovano (con enorme fiuto) i resti, prendono e rivendono. I protagonisti in questione si danno un minimo di etica del lavoro, ma nella sostanza questo sono e questo resta. E c’è ovviamente chi cercherà di rendere illegale il loro operato. In questo volume si narra di come venga seguita una pista, quasi come in un giallo, per ritrovare una mitica civiltà, di persone a suo tempo emigrati dalla Terra e mai più rintracciati. E tutto perché a un certo punto salta fuori una tazza che è indubbiamente appartenuta, migliaia di anni prima, all’astronave che trasferì gli emigranti. Siamo certamente in un futuro enormemente più avanzato del nostro, dove i protagonisti sorridono di astronavi primitive, di millenni prima, che percorrevano anni luce in settimane; ma dove pure alcune tecnologie non sono poi così lontanissime dalle nostre. E no, alieni pochi, gli umani nei loro giretti nella Galassia si sono imbattuti in un’unica razza aliena.[/justify]
[justify]Il libro è scorrevole, agile, ricco di dialoghi e riconcilia con la fantascienza più tradizionale, Decisamente meglio dunque il Nebula dell’Hugo, in questa edizione, dato che a questo darei un 7/8.[/justify]


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Vince l’Hugo 2007 per il migliore romanzo breve Un miliardo di donne come Eva, del 51enne Robert Reed, al primo Hugo.
Ebbe la meglio sull’inedito Lord Weary’s empire, di Michael Swanwick; su Julian l’eretico, di  Robert Charles Wilson; l’inedito The walls of the universe, di Paul Melko e l’inedito Inclination, di William Shunn.
Il breve romanzo di Reed non è sto granchè. Si narra di come venga inventato un sistema per muoversi nelle realtà alternative, per andare cioè su una qualsiasi dei miliardi di Terre possibili, secondo varie teorie estreme. Il viaggio è senza ritorno: sarebbe impossibile trovare la propria Terra di partenza in miliardi di altre (probabilmente, infinite) Terre. Il primo viaggio da questa Terra viene fatto da uno sfigato che porta seco un gruppo di ragazze universitarie inconsapevoli. Nelle migliaia di anni seguenti questo gesto spregevole muterà aspetto e verrà visto in modo diverso dai lontani discendenti e dalle varie religioni sorte. Non solo, ma da questa seconda Terra molti altri, nei secoli, finiranno su altre Terre ancora, in una conquista esponenziale e probabilmente senza fine. Nel romanzo, che è quasi più un documentario, siamo su una di queste e si nota come la società risultante sia marcia fino al midollo: scopo dei maschi è finire su un altro mondo, con un gruppo di ragazze, poco importa se consenzienti. L’opera racconta di come verrà intrapreso uno di questi viaggi senza ritorno modificando radicalmente le tradizioni.
Il tutto è velocemente leggibile, senza problemi; lascia perplesso me sia la storia (che appunto, si dilunga troppo in chiave documentaristica, dando invece il meglio nella parte d’azione), sia la qualità complessiva dell’opera: un libretto non male, da 6/7, per il quale non vedo motivi particolari per assegnare addirittura l’Hugo. Edizione un po’ sfigata, brutto il romanzo vincente, nulla di che quello breve vincente.
Il Nebula 2006 per il romanzo breve va a L’utopia di Walden, titolo che è una sorprendente traduzione dell’opera Burn, del 56enne James Patrick Kelly, al primo Nebula (l’opera era finalista nella scorsa edizione del Hugo).
Gli altri erano l’inedito Sanctuary, di Michael A. Burstein; l’inedito The walls of the universe, di Paul Melko e l’inedito Inclination, di William Shunn.
Kelly mi era piaciuto abbastanza nelle sue due opere che avevano vinto l’Hugo, dunque ero ben predisposto alla lettura. E invece rimaniamo sempre nel piaciuto abbastanza, nel carino, nel bellino, nel sette e niente più.
In questo romanzo siamo nel XXV – XXVI secolo, i discendenti di una recente colonizzazione vivono in maniera abbastanza pacifica, facendo i contadini modello USA, solo che i discendenti di una precedente migrazione non li vedono bene, e ancora meno bene vedono i loro piani per sistemare il loro pianeta, Walden (che avevano trattato molto male ed era stato …venduto). I nuovi coloni sono favorevoli alle foreste, i vecchi le bruciano, immolandosi come torce umane, se serve…mah, eccessivo, troppo eccessivo. Un “contadino pompiere” è ricoverato in ospedale, convalescente, e mentre si annoia entra per caso in contatto con un ragazzino in un altro pianeta, ragazzino che è in realtà una specie di reale (l’Alto Gregory), che poi arriverà su Walden per imparare e dare una mano.
Mah, una specie di connubio tra paesotto contadino, mucche e aia e alieni, che certi versi ricorda Simak, ma che, pure essendo una letteratura piacevole, non fa gridare al miracolo e, temo, non lascerà particolari ricordi. Non mancano anche momenti un po’ confusi, cose accennate e poi mai più riprese, personaggi sprecati o potenzialità inespresse. Sembra quasi più un abbozzo di un romanzo (molto più lungo), che un romanzo finito. Nell’Hugo della scorsa edizione, avevano ragione a preferirgli La voce dall’aldilà, della Willis.












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Racconto, vince l’Hugo La moglie del Djinn, del 47enne Ian McDonald, al primo Hugo.
Perdono l’inedito Pol Pot’s beautiful daughter, di Geoff Ryman; L’alba, e il tramonto, e i colori della Terra, di Michael Flynn; Tutto quello che sei, di Mike Resnick e l’inedito Yellow card man, di Paolo Bacigalupi.
Mai letto McDonald, inizio dunque da questo racconto apparso in Robot 53, della primavera 2008 (bella copertina, tra l’altro, di Maurizio Manzieri). Beh, devo essere sincerissimo, sono stato sorpreso (sbigottito?) all’inizio dalla pochezza stilistica dell’autore. In soldoni, scrive da schifo, ma veramente male, tanto che pensavo, boh, forse è così nella versione italiana (conoscendo la qualità di Robot, non credo proprio); il suo editore era in ferie in quei giorni? Forse sono io di bocca molto cattiva, ma fosse per l’inizio del racconto, lo definirei impubblicabile, così com’è. Poi va un po’ meglio, il Nostro si scioglie e migliora, ma il tutto lascia perplesso (me almeno). Si narra di come questa famosa danzatrice indiana prenda una cotta, una sbandata per una specie di avanzata intelligenza artificiale, anche piuttosto celebre. Poi se ne pentirà (il lettore lo capiva subito, la protagonista è quasi cretina) e cercherà di rimediare. L’autore scivola spesso nelle descrizioni sessuali abbastanza esplicite, che dato quanto sopra mi è sembrato quasi un modo per attirare comunque l’attenzione del lettore (qua sono un po’ cattivo, in realtà tali situazioni sono integrate nella storia e sono funzionali al racconto).
Mah, un racconto adulto che paga dazio all’inizio, e si riprende alla fine, ma che non può nel complesso arrivare alla sufficienza. Eppure ha vinto l’Hugo…che annata disgraziata.
Per fortuna il Nebula 2006 per il migliore racconto va a Due cuori, del 68enne Peter Beagle, al primo Nebula; bel racconto che aveva già vinto l’Hugo 2006 e là ne parlai.
Gli sconfitti: l’inedito The language of Moths, di Chris Barzak; l’inedito Little faces, di Vonda N. McIntyre; l’inedito Journey into the Kingdom, di M. Rickert e l’inedito Walpurgis afternoon, di Delia Sherman.








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Il premio Hugo 2007 per il migliore racconto breve va a Sogni impossibili, del 30enne Tim Pratt, al primo Hugo; il racconto è su Robot 54, dell’estate 2008.
Perdono Come parlare con le ragazze alle feste, di neil Gaiman (che in giro è piaciuto molto); La casa oltre il cielo, di Benjamin Rosenbaum (presente anch’esso in Robot 54); l’inedito Eight episodes, di Robert Reed e l’inedito Kin, di Bruce McAllister.
Per fortuna questo giovane Pratt, editore di Locus, ci azzecca e sforna un buon raccontino, in questa annata un po’ disgraziata. Racconta di questo fanatico dei film, che per caso scopre questo negozietto, “Sogni impossibili”, di noleggio DVD, dove però, lo capisce subito essendo esperto, trova dei film assolutamente impossibili, in quanto mai girati da noi (almeno, non nella nostra dimensione). Non è un minus, capisce rapidamente che il negozio, la commessa, i film, per un qualche motivo arrivano da un’altra dimensione, parallela alla nostra. Il negozio però appare dal nulla ogni giorno sempre più tardi e sempre prima se ne va…come finirà? Non lo dico, chiaro. Il tutto funziona, è moderno, è molto godibile e qua io sarei per un 7/8. E diciamo grazie a Pratt per la sua proposta.
Ecco, su Robot 54 c’è anche Cardanica, del nostro Tonani, che ho approfittato per leggere, dato che ne avevo spesso sentito parlare. E’ un racconto notevole, decisamente notevole. Non ho esitazioni a definirlo meglio de La moglie del djinn, per fare un raffronto su chi ha vinto per il racconto l’Hugo 2007. So che Cardanica ha avuto poi un meritato successo….adesso che l’ho letto, la cosa non mi sorprende. Sempre su Robot 54 c’è anche il racconto breve finalista per l’Hugo, quello di Rosenbaum: sono d’accordo, l’ho trovato confuso, pretenzioso, un racconto minore.
Infine, il premio Nebula 2006 per il migliore racconto breve va a Eco, della 50enne Elizabeth Hand, al secondo Nebula con quest’opera uscita nel numero 13 di Fantasy e Science fiction italiano.
Sconfitti l’inedito Helen remembers the Stork club di Esther M. Friesner; l’inedito Pip and the fairies, di Theodora Goss; l’inedito Henry James, this one's for you, di Jack McDevitt; l’inedito The woman in Schrodinger's wave equations, di Eugene Mirabelli e l’inedito An end to all things, di Karina Sumner-Smith.
L’altra opera vincitrice della Hand l’avevo letta e non mi era piaciuta. In più, avevo il solito terrore per il racconto breve del Nebula, che in passato mi ha fatto leggere le peggiori porcherie. Non ho comprato la rivista di Elara e ho letto l’opera vincente in originale.
Purtroppo non ho buone notizie; siamo sempre là. Questa volta abbiamo una donna che vive su un’isola deserta con un cagnone, non ha la tv, la radio non funziona quasi mai; talvolta riceve email dal suo amato (che invece non mi pare la ami sto granché); dice che ogni tanto sente qualche brutta notizia dal mondo (non sappiamo che notizia). Poi il cagnone muore, lei piange. Fine.
Raccontino scritto sfoggiando capacità e cultura, dimentica completamente la trama, rimanendo una sorta di vision, fine a sè stessa. E la SF? Beh, non c’è scritto che a un certo punto gli aerei non volano più? Chissà cosa è successo…questo deve essere bastato per dare il premio alla Hand, mentre a me basta per dare un 4,5, come la volta scorsa.









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Libro non di narrative, vince James Tiptree, Jr.: The Double Life of Alice B Sheldon, di Julie Phillips, rintracciabile su Amazon per una decina di dollari (meno sul Kindle), sulla famosa storia di Alice Sheldon, che cominciò a scrivere SF con lo pseudonimo maschile di James Tiptree jr., negli anni ’60. Qua, la sua biografia.
 




Film, vince il premio Hugo 2007 Il labirinto del fauno. Come noto, il film, che potremmo definire di “supposta fantasy”, ha avuto larghissimi consensi tra pubblico e critica, tre Oscar minori, ma io lo ritengo un film al massimo discreto. Sia noto dunque che vinse pure l’Hugo.
Secondo si piazzò un altro film piaciuto a tutti, me compreso, cioè I figli degli uomini, di Cuaron. La storia è nota, non crescono più bambini, ma in questo film, uno sì. La scena col protagonista con il bambino che piange, in mezzo ai soldati che si fermano e vedono il miracolo, è tanta roba.
Terzo The Prestige, di Jonathan Nolan, altro film molto molto bello sia per il pubblico che per la critica. Film complesso e sorprendente, classico filmone, con questi due maghi impegnati a superarsi e a boicottarsi.
Quarto addirittura un film diventato un cult, V for Vendetta, scritto dai The Wachowski (o dalle Wachowski, oggi). Forse il mio preferito della cinquina, tratto dalla graphic novel di Alan Moore (a cui non piacque il film), con quella maschera poi riutilizzata da veri e presunti ribelli in giro per il mondo.
Infine quinto il minore della selezione, A scanner darkly - Un oscuro scrutare, una strana animazione che si ispira a un romanzo di Dick. Caruccio, con una tecnica particolare, forse una menzione nella cinquina è già troppo.








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Il Nebula 2006 va invece a Il castello errante di Howl, il capolavoro di Miyazaki (uno dei tanti, è da dire), ignorato nelle cinquine degli Hugo.
Ha la meglio su Batman Begins (aveva concorso invano per l’Hugo la passata edizione), l’episodio Conti in sospeso, nono episodio su 20 della III stagione di Battlestar Galactica e Finestre del tempo, quarto episodio su 13 della II stagione (nuova serie), con il decimo Dottor Who (David Tennant), episodio in lizza anche per l’Hugo.
 
Solito salto nel tempo per ricordare cosa si andava a vedere al cinema nel 2006. Più di tutti, il nuovo episodio de I pirati dei Caraibi, il secondo, cioè La maledizione del forziere fantasma, che era caruccio. Poi due bidoni, il Codice Da Vinci e il secondo de L’era glaciale (Il disgelo).
Andò forte un bel film, Casino Royale, il primo col nuovo 007, Daniel Craig. Poi un altro filmetto, Notte al museo; andò bene anche il primo Cars. Altri incassi importanti: X-men Conflitto finale, Mission Impossibile (il terzo, venuto malino), Superman returns, Happy feet, La gang del bosco (bello!), Il diavolo veste Prada, La ricerca della felicità, etc….
 
Guardando alle medie voti su IMDB, I film più belli sarebbero stati The departed, The prestige, Le vite degli altri e Il labirinto del fauno.
 
Hugo 2007 al migliore prodotto tv, vince Finestre nel tempo, come detto in lizza per il Nebula, ed era il quarto episodio di 13 della II stagione (nuova serie), con il decimo Dottor Who (David Tennant).
Battuti L’esercito dei fantasmi (prima e seconda parte), ultimi due episodi della II stagione (nuova serie) del dott. Who; Un nuovo inizio, episodio 18 di 20 della II stagione di Battlestar Galactica; Una vecchia amica, terzo episodio della II stagione (nuova serie) del dott. Who e 200, duecentesimo episodio di Stargate SG-1, nonché sesto episodio di 20 della decima stagione.
 
Infine l’Hugo al migliore artista va al grande 40enne Donato Giancola, al secondo Hugo.




FOTO FROM JAPAN!








A sx Benford, in mezzo l'immancabile Silverberg. Grande Robert!










Larry Niven non apprezza le bevande locali?









David Brin










Nausicaa....preferisco il capolavoro di Miyazaki








Un classico anche se non ho idee di chi sianoi.










Qua ho qualche idea.










Ma guarda te chi si rivede....l'originale però non sorride quasi mai.[/justify]



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[justify]Apperò.[/justify]
Tobanis
«Antinano» Antinano
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MessaggioInviato: Gio 07 Set, 2017 10:08    Oggetto:   

Aò raga, tutti sti "giustifai" io non li vedo, in stesura, fatevene una ragione, stavolta va così.
Albacube
«Reloaded» Reloaded
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MessaggioInviato: Gio 07 Set, 2017 16:30    Oggetto:   

Grazie! Questi post sono una goduria Smile
per le giustificazioni, amen!
Fedemone
«Time Lord» Time Lord
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MessaggioInviato: Gio 07 Set, 2017 16:36    Oggetto:   

Tobanis ha scritto:
Aò raga, tutti sti "giustifai" io non li vedo, in stesura, fatevene una ragione, stavolta va così.

Tz.
Questo non ti giustifica.
Tobanis
«Antinano» Antinano
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Località: Padova
MessaggioInviato: Ven 15 Dic, 2017 12:28    Oggetto:   

[justify]2008, due doppiette quasi tre e dunque si va via piuttosto veloci. Convention a Denver, soliti panel interessantissimi (leggo i report, non ci fui), tipo “Ma dove sono finiti i romanzi sotto le 300 pagine?” sottotitolo “La trilogia di Tolkien oggi uscirebbe in un unico volume”, certamente provocatorio, ma un po’ tutti immagino siamo stufi di leggere centinaia di pagine inutili (beh dai, diciamo qualche decina in mezzo a centinaia). Quelli invece sulle storie alternative o che film del passato meriterebbero un remake o i migliori libri degli ultimi 20 anni, mi scuseranno, ma li avrei scansati come la peste. Hanno senso una due volte, non ripetuti all’infinito a ogni edizione.[/justify]
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[justify]Vince come migliore romanzo sia l’Hugo 2008 che il Nebula 2007 Il sindacato dei poliziotti yiddish, del 45enne Michael Chabon; per lui primo Hugo e primo Nebula.[/justify]
[justify]I finalisti per l’Hugo erano L’ultima colonia, di John Scalzi; Arresto di sistema, di Charles Stross; Rollback, di Robert J. Sawyer e l’inedito Brasyl, di Ian McDonald.[/justify]
[justify]I finalisti per il Nebula erano l’inedito Ragamuffin, di Tobias Buckell; Cronomacchina accidentale, di Joe Haldeman; l’inedito The new Moon’s arms, di Nalo Hopkinson e l’inedito Odyssey, di Jack McDevitt.[/justify]
[justify]Il libro di Chabon è sostanzialmente un noir, con brevi e tutto sommato marginali premesse ucroniche, elementi che qua e là faranno capolino nel romanzo. Chabon aveva vinto pochi anni prima il Pulitzer, e credo che sia ai votanti l’Hugo che il Nebula, in perenne crisi di autostima per un genere (SF o fantasy) considerato minore, non sia sembrato vero premiare un Pulitzer e avere così nel carniere un autore “indiscutibile”. Poi sarebbe da aprire una lunga, lunghissima, eterna parentesi sul genere “minore”, perché ci si sofferma sempre troppo poco (IMO) su CHI lo considera tale, che il succo del discorso è tutto lì.[/justify]
[justify]Comunque, il bi-premiato vale, è un bel romanzo, questo alla fine conta, sorbirsi con piacere le quasi 400 pagine del testo è sempre una bella cosa e diciamo un bel leggere.[/justify]
[justify]Ok, diciamo la verità, come sempre: all’inizio ero un po’ così. I poliziotti disillusi, che vivono in topaie, che frequentano i bassifondi assieme a sbandati, delinquenti, falliti, che le hanno passate tutte e la vita è stata dura e hanno reagito non reagendo, lasciandosi andare, ma sempre infallibili sul lavoro, per quanto poco prevedibili e inaffidabili….dai, una botta di clichè. Ce ne mette un po’ dunque l’opera a conquistarmi, diciamo che per le prime 100 pagine sono ben più cinico e cazzuto io del protagonista, che mi sta un po’ sui maroni, poi non lo nego, il libro decolla, Chabon scrive bene, il protagonista alla fine è tosto e giusto, tante cose si incastrano bene e infine sono per un 8,5 se non anche 9. La storia è un po’ incasinata, ma alla fine ci sei in mezzo e divori pagine per vedere come va a finire. Breve sunto: durante la II GM gli USA concedono temporaneamente un territorio nell’Alaska del Sud (non il loro migliore, direi) agli Ebrei in fuga dalla guerra (milioni si salveranno così). Altri ne arriveranno dopo il disastroso tentativo di dare vita a un nuovo stato, Israele, nel ’48, invaso e distrutto dagli Arabi. In questa comunità Yiddish, il detective Landsman, il protagonista, indaga su un drogato trovato morto nel suo albergo, ucciso. Le indagini lo porteranno a capire che tanti in precedenza credevano che il defunto fosse il Messia, tanto atteso, e molte testimonianze faranno pensare che il Messia lo fosse veramente. Altro non voglio dire, se non che i complotti sono ai massimi livelli, ai piani più alti.[/justify]
[justify]Il libro merita, è scritto bene, presuppone un po’ di impegno da parte del lettore, qualche punto è più ostico, ma si viene ripagati molto bene. Il titolo non c’entra nulla, o meglio, si riferisce a un unico momento del libro in cui viene nominato: usarlo come titolo è molto ironico e rappresentativo, ma bisogna leggere tutto per capirlo.[/justify]
[justify]Bene insomma, anche se il libro non è fantasy ma non direi neanche essere SF classica, è più che altro una “detective story” che ipotizza alcuni elementi, ucronici, da cui prendere il via e a cui riferirsi ogni tanto. Il nocciolo non è dunque là, non è nella SF.[/justify]






[justify]Vince l’Hugo 2008 per il migliore romanzo l’inedito, a tutt’oggi, All seated on the ground, della 63enne Connie Willis, addirittura al decimo Hugo, se non ho fatto errori.[/justify]
[justify]Gli sconfitti: Il recupero dell’Apollo 8, di Kristine Kathryn Rusch; Il trattamento D, di Nancy Kress; Memorare, di Gene Wolfe e Le stelle senzienti, di Lucius Shepard.[/justify]
[justify]Una bella beffa per me, di solito accade il contrario: questa volta è il vincente a essere inedito in Italia mentre tutti gli altri sono stati pubblicati. E dunque me lo sono letto in inglese, per forza. Sulla Connie ho giudizi contrastanti, nel senso che ho molto apprezzato alcune sue opere e molto poco altre; una specie di montagna russa che non mi fa prevedere se alla prossima lettura sarò entusiasta di cominciare o depresso. Il libro comincia molto bene, con un arrivo di alieni che sono pacifici, non fanno male a nessuno, partecipano a tutto ma non dicono mai nulla e ci guardano sempre con forte disapprovazione. Comunicare con loro, dopo mesi, è impossibile. Tanto incipit non corrisponde poi però alla qualità dell’opera, che è sempre più inverosimile, trasformandosi in una commedia anni ’50, simpatica ma dove la logica va a farsi benedire. La Willis riversa nel libro tutta la sua lunga esperienza che deve avere avuto nei cori, annoiando anche; gli alieni, infatti, pare che sentendo una canzone, un coro, si siano seduti per terra (da cui il titolo), facendo cioè una cosa mai fatta prima. Saranno i due protagonisti a cercare di capire cosa succede, indovinandolo alla fine, mentre le varie autorità daranno via via segnali sempre più ovvi di incompetenza. Il tutto è molto leggibile, scorre via in un attimo (si legge in un’oretta, due al massimo), non è spiacevole, ma presuppone una grande dose di sospensione dell’incredulità. Mi lascia perplesso il fatto che sia stato premiato.[/justify]
[justify]Il premio Nebula 2007 per il migliore romanzo breve va a Il trattamento D, della 60enne Nancy Kress, al quarto Nebula con questo che era in gara ma sconfitto per l’Hugo.[/justify]
[justify]Gli altri erano Le stelle senzienti, di Lucius Shepard; Memorare, di Gene Wolfe; Il chiosco, di Bruce Sterling; l’inedito The helper and his hero, di Matt Hughes e l’inedito Awakening, di Judith Berman.[/justify]
[justify]Mi è piaciuto il romanzo della Kress, l’ho preferito decisamente a quello della Willis e dunque, fosse stato per me, ci sarebbe stata un’altra doppietta, Hugo e Nebula per questo Fountain of age, tradotto in italiano con Il trattamento D. Questo trattamento dà la possibilità, a chi può permetterselo, di fermare la propria età al momento in cui si effettua. Ha un “piccolo” effetto collaterale, che si scopre leggendo il libro e che non voglio anticipare. Il protagonista è un riccone ricchissimo mezzo malfattore, ormai anziano, che decide di fare prima un trattamento più leggero, per sistemarsi, quindi di cercare ancora, come fece per tutta la vita, la sua amata dai tempi della gioventù. La stessa, guarda caso, da cui la scienza ha “estratto” il trattamento D. Non manca una simpatica famiglia Rom a supportare, a modo loro, il protagonista.[/justify]
[justify]Libro adulto, per frasi e situazioni, scritto con cura, presenta frequenti flashback che non infastidiscono, anche se costringono il lettore a procedere a una sorta di lettura parallela per tutto il (breve) libro. Fatica premiata, direi, è un libro da 7/8, secondo me; però a me personalmente è piaciuto non poco e darò 8. Secondo me il confronto con la Willis non si poneva proprio, ma le cose sono andate altrimenti.[/justify]


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Ha invece fatto doppietta, Hugo 2008 e Nebula 2007, come migliore racconto dell’anno Il mercante e il portale dell’alchimista, del 41enne Ted Chiang, al secondo Hugo e quarto Nebula.
I papabili per l’Hugo erano l’inedito The cambist and lord Iron: a fairytale of economics, di Daniel Abraham; l’inedito Dark integers, di Greg Egan; l’inedito Glory, sempre di Greg Egan e l’inedito Finisterra, di David Moles.
Per il Nebula erano in corsa l’inedito The Children’s crusade, di Robin Wayne Bailey; l’inedito Child, Maiden, Mother, Crone, di Terry Bramlett; l’inedito The evolution of trickster stories among the dogs of North Pole after the Change, di Kij Johnson; l’inedito Safeguard, di Nancy Kress; l’inedito The fiddler of Bayou Teche, di Delia Sherman e l’inedito Pol Pot’s beautiful daughter, di Geoff Ryman.
Il racconto è presente in Robot 55; il problema (magari solo mio) è che con Ted Chiang metto sempre molto in alto l’asticella, mi aspetto sempre il capolavoro o giù di lì. Questo racconto orientale è buono, è valido, ma non è un capolavoro, malgrado la doppietta. Scritto bene, interessante, intrigante, narra di questo “alchimista” che ha un portale con cui uno, entrando, va 20 anni nel futuro (dove troverebbe lo stesso portale, nello stesso negozio, per tornare indietro all’oggi). Lo stesso alchimista, che è a Baghdad, ha un altro negozio al Cairo, più vecchio, dove si può andare anche 20 anni nel passato, che è quanto sceglierà il mercante protagonista, dopo avere sentito alcune storie che racconta lo stesso alchimista. Paradossi (ma non troppi, sia il passato che il futuro non si possono modificare, in questo racconto), qualche smarrimento se non si segue bene la storia, nel complesso un racconto piacevole dove sarei per un 7/8.




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Vince l’Hugo 2008 per il migliore racconto breve Sulla spiaggia, della 37enne Elizabeth Bear, al primo Hugo.
Perdono: l’inedito A small room in Koboldtown, di Michael Swanwick; l’inedito Last contact, di Stephen Baxter; Chi ha paura di Wolf 359, di Ken MacLeod e Replica nel tempo, di Mike Resnick.
Il racconto vincente è su Robot 56, che ha pure una gran bella copertina (che infatti è di Martiniere, neo premio Hugo, vedi sotto). E’ un racconto molto bello, poco da girarci attorno. Magari non il massimo dell’originalità, ma bello. E’ la (breve) storia tra un robot da combattimento, danneggiato e destinato a rapido deterioramento, e un ragazzino, uno degli umani sopravvissuti a una qualche catastrofe mondiale, probabilmente una guerra nucleare. E’ un racconto breve, tutto si svolge in una decina di pagine, l’equivalente di un breve cartone animato, di quelli che finiscono in finale all’Oscar, o lo vincono, un corto di qualità, toccante.
Vince il Nebula 2007 per il migliore racconto breve Sempre, della 58enne Karen Joy Fowler, al secondo Nebula.
Ha la meglio sull’inedito Unique chicken goes in reverse, di Andy Duncan; l’inedito Titanium Mike saves the day, di David D. Levine; l’inedito Captive girl, di Jennifer Pelland; l’inedito Pride, di Mary Turzillo e l’inedito The story of love, di Vera Nazarian.
Oh siamo arrivati al dunque; chi ha avuto la pazienza di seguire fino a qua, sa i problemi che ho incontrato nel trovare qualcosa di buono in questa categoria del Nebula, negli ultimi anni (non pochi anni). Per dirla tutta, una categoria che è una specie di pattumiera, dove vengono premiati racconti che sarebbe meglio dimenticare; per la gran parte, se non tutti, giustamente inediti in Italia. La Fowler, poi, l’avevo trovata terribile, nell’altra prova per lei vincente. Dunque voglia di leggerla saltami addosso. Perché era pochina. Invece devo dire che questa volta non sono cascato malissimo. Qua si parla di una comunità, o meglio di una setta, di un villaggio fondato da un furbo mascalzone, dove chi vive là, vivrà per sempre. Certo, bisogna avere fede, perché non è dimostrabile, se non dopo decenni…nel frattempo la comunità femminile dorme divisa da quella maschile, e le donne sono tenute ad andare a letto col santone, che si è anche appropriato di tutti i beni degli abitanti. Qualcuno dopo un po’ non ci crede più e se ne va, qualcuno dà fuori di testa; l’unica che ci crede ciecamente è la protagonista, probabilmente una decerebrata. Finale un po’ così. Il tutto non è spregevole. La SF non si trova neanche per sbaglio, dunque già qua sarò severo, però il tono del racconto, dal punto di vista della minus habens, ha il suo piacevole tono umoristico. Sempre è il nome della città, Always in originale.








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Vince l’Hugo 2008 per un’opera non fiction Brave new words: the Oxford dictionary of science fiction, di Jeff Prucher. Sui 7 € su Kindle, sui 20 € con copertina rigida, è quello che dice di essere, una sorta di dizionario dedicato alla SF, con definizioni scritte in modo da essere comprese da più gente possibile, oltre agli addetti ai lavori. Che l’opera esca dall’Università di Oxford è un indubbio “plus”.




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Vince l’Hugo 2008 il film Stardust, una storiella gradevole che mi piacque particolarmente, a differenza della critica, più severa. Piacque anche al grande pubblico, su IMDB ha il voto di 7,7, io gli diedi 8; un film che fece i suoi maggiori incassi all’estero e non in USA (nel complesso andò così cosà).
Film fantasy per famiglie, con questa stella che diventa una ragazza, da una storia di Gaiman, con i due protagonisti non famosi e parti minori per calibri come Michelle Pfeiffer e Robert De Niro e altri.
Al secondo l’intera prima stagione di Heroes, 23 episodi di SF con supereroi, che fece il botto in USA. Non la conosco, anche perché in Italia passò inizialmente su Italia 1 ma poi sui canali Premium di Mediaset, canali a pagamento con i quali non sono abbonato.
Terzo Harry Potter e l’Ordine della Fenice, quinto episodio della serie, con i nostri ormai cresciuti e non più i bambini di una volta. Anche questo piacque a me e al grande pubblico (il voto su IMDB è 7,5). Il film è molto celebre, c’è poco da aggiungere. L’Ordine della Fenice del titolo è una organizzazione segreta costituita per contrastare Voldemort, mentre nel Ministero della Magia compare del marcio. Fu un enorme successo, quell’anno l’incasso fu secondo solo a Pirati dei Caraibi – Alla fine del mondo.
Quarto Come d’incanto, quello dove la principessa viene catapultata nel nostro mondo. E’ una fiaba simpatica, soprattutto nella prima parte, uno svago onesto anche se non di eccelsa qualità. Su IMDB ha voto 7,1, forse la sua presenza in questa cinquina è eccessiva. Un Walt Disney con ambizioni minori, pure alla fine con un buon incasso.
Quinto La bussola d’oro, un tentativo sontuoso ma poco riuscito di mettere su pellicola una serie di libri. Su IMDB ha solo 6,1, come voto, non troppo elevato e anche questo film forse non doveva comparire in questa cinquina. Al botteghino non andò neppure gran che bene, anzi.
Ad esempio, potevano tenere in conto Transformers, che non è un capolavoro, ma è fatto bene e c’è Megan Fox. O Io sono leggenda, che a me era piaciuto.
 
Vince il Nebula 2007 (e aveva già vinto l’Hugo 2007) Il labirinto del fauno.
Gli altri: I figli degli uomini; Colpo d’occhio, episodio numero 10 (su 13) della terza stagione (nuova serie, se no nel complesso è la stagione n. 29) di dottor Who; The prestige, V per vendetta e addirittura World enough and time, episodio della webserie fatta dai fan Star Trek: Phase II (alias New Voyages).
 
I film più visti dell’anno furono (detto di Pirati dei Caraibi e Harry Potter, primo e secondo), Spiderman 3, che non è nulla di che; Shrek 3 (che non mi era dispiaciuto) e Transformers.
Poi il bel Ratatuoille, Io sono leggenda e il film dei Simpsons. Quindi Il mistero delle pagine perdute, con Nicholas Cage e un signor cast, 300, The Bourne ultimatum e Die Hard – Vivere o morire.
Secondo il grande pubblico, i più bei film dell’anno furono Non è un paese per vecchi, Il petroliere, Into the wild e The Bourne ultimatum.








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Il premio Hugo 2008 al migliore telefilm andò a Colpo d’occhio, che come detto per il Nebula era il decimo episodio della terza stagione (nuova serie) di Dottor Who.
Gli altri erano: Natura umana (prima e seconda parte), sempre del dottor Who, sempre III stagione della nuova serie, episodi 8 e 9; Battlestar Galactica: Razor, un film per la tv; Il capitano Jack Harkness, episodio 12 (di 13) della prima stagione di Torchwood e World enough and time, come detto episodio della webserie fatta dai fan Star Trek: Phase II (alias New Voyages).


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Vince infine l’Hugo 2008 come migliore artista professionista il 46enne Stephan Martiniere, che ha una copertina e un’intervista su Robot 56; quest’ultima molto interessante. Parla del fatto che venivano premiati sempre gli stessi, anche più volte, e che pertanto aveva poco appeal se non eri nel ristretto mazzo che vinceva sempre. Pertanto lui, come altri, avevano cominciato a snobbarlo. Poi qualcosa è cambiato, sono arrivati premi “anche per gli altri” e Donato Giancola, vincente lo scorso anno, aveva ritirato la sua possibile candidatura per l’edizione successiva, proprio per dare la possibilità ad altri di mettersi in mostra. Anche Stephan, ora che l’ha vinto, non si presenterà per l’edizione 2009, per lo stesso motivo.
Tra le sue fonti di ispirazione: Walt Disney, Moebius, Buscema, Hugo Pratt e dunque io già gli voglio bene, a questo signore.




Niente foto di matti, stavolta. Questo però non lo hanno fatto entrare:






Chabon pare non fosse presente, ritira RR Martin. Dietro, la Willis, un premio anche a lei, via.



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