Riccardo Valla (1942-2013), professionista e umanista

di Salvatore Proietti

Salvatore Proietti insegna Letterature anglo-americane all'Università della Calabria, ed è direttore di Anarres. Fra i suoi lavori più recenti, la cura di Henry David Thoreau, Dizionario portatile di ecologia (Donzelli 2017), e saggi su Samuel R. Delany (Leviathan, A Journal of Melville Studies, 2013) e sui conflitti razziali in Philip K. Dick (in Umanesimo e rivolta in Blade Runner, a cura di Luigi Cimmino et al., Rubbettino 2015), e una panoramica storica della SF italiana (in Science Fiction Studies, 2015), oltre alla riedizione della traduzione di Paul Di Filippo, La trilogia steampunk (Mondadori 2018). 

Dopo oltre venticinque anni di amicizia e dialogo sulla fantascienza, al momento della nascita di Anarres Riccardo Valla era stato prodigo di consigli e suggerimenti così come nel corso degli anni era stato prodigo di libri, anche rari. Per tutta la carriera, era stata assoluta la generosità intellettuale mostrata verso autori e critici più giovani. Il fantastico, per Riccardo, era una missione, e la sua voce scettica e ironica aveva trovato nuove occasioni per stringere contatti nelle mailing list sulla SF, in cui cercava di parlare anche con chi pareva rifiutare ogni dialogo, e in quelle dei traduttori, in cui divulgava la competenza e la professionalità di un mestiere infinito.

Traduttore, critico, curatore di collane, libraio, editore, autore, una volta perfino illustratore: nell’editoria italiana, per quarant’anni Riccardo Valla è stato un autentico uomo del Rinascimento. Non a caso il classico del fantastico più amato era James Blish. Valla era “uomo di mondo”, scrisse una decina d’anni fa un settimanale, e si era rassegnato a vedere il suo nome associato alla traduzione del Codice Da Vinci, ma la sua presenza è andata incommensurabilmente oltre. Grazie a lui e a pochissimi altri, il mondo del fantastico è diventato ambito di attenzione seria.

La formazione è scientifica, e alla Boringhieri lavora ai classici della psicanalisi e a preziose antologie su neuroscienze e intelligenza artificiale. Appassionato di lirica, rivendicava con gioia di aver collaborato all’edizione italiana di Orientalismo di Said. Professionista fino in fondo, del Codice Da Vinci è certa la notizia che la comunicazione di errori fattuali nel testo di Dan Brown avesse portato a una revisione da parte dell’editore americano. La vendetta fu la farsesca parodia anticlericale Il coccige Da Vinci, uscita online su Carmilla.

Nel suo lavoro di traduttore c’era molto di più, però: la Cyberiade di Stanislaw Lem gli aveva permesso di scatenare la passione per il gioco verbale, ovunque palese, e con molti aveva parlato dell’amore per la Faerie Queene di Spenser, di cui sognava (e forse aveva iniziato) una traduzione. E c’era un senso deontologico che almeno in un caso lo portò, davanti all’imposizione di una paginazione ridotta, ad avvisare chi di dovere per ottenerne l’assenso. Legato alla SF del suo tempo, negli anni 2000 aveva trovato in Greg Egan una sfida che l’aveva appassionato; l’ultimo, incompiuto lavoro era stato River of Gods di Ian McDonald: nella professione continuava a trovare nuovi amori letterari.

Come editor, il lavoro alla Nord negli anni 70 porta in Italia tante opere di Dick, Delany, Moorcock, Le Guin… Le sue scelte sono un cambiamento radicale; informate introduzioni e traduzioni integrali insegnano a una generazione di lettori e studiosi che SF e fantasy possono e devono essere trattate come ogni altro libro.

Bibliofilo impenitente, introduce nella critica della SF una prospettiva storica prima quasi assente. L’accademia viene solo sfiorata (in collaborazioni con Ruggero Bianchi, nei rapporti con Darko Suvin e Carlo Pagetti), ma in ogni suo scritto – a partire dai tempi giovanili della fanzine Sevagram, che aveva perfino ospitato una corrispondenza con Ballard – traspare un esempio di rigore scientifico assoluto, rafforzato dalla sua eterna maschera di scettica umiltà, mai accecato da certezze o “canoni”. L’apparenza spesso incompiuta e aperta della sua critica era anche un segno di stile e una scelta etica.

Negli ultimi anni, in coincidenza con la sua collaborazione con il Museo della Fantascienza di Torino, si era dedicato all’approfondimento della proto-fantascienza, andando indietro nel tempo a partire dalle pubblicazioni popolari fin de siècle, in un work in progress che intendeva approfondire le radici rinascimentali e protomoderne dei generi fantascientifico e fantastico, cogliere i momenti e i modi in cui diventa possibile percepirli come tali e distinguerli tra loro. Ancora una volta, la cautela dello scienziato stava conducendo Valla in uno scavo che respingeva ogni distinzione fra highbrow e lowbrow, sempre alla ricerca di nuovi tasselli per un mosaico che rifiutava il prescritto.

Anche a noi di Anarres, il rigoroso professionismo di Riccardo Valla, umanista nel senso più alto, ha insegnato che per parlarne, i libri bisogna leggerli, leggerli con attenzione. E con amore.