Due nomi però sembrano svettare su tutti, le due dirette concorrenti Galaxies e Bifrost. Nate entrambe nel 1996, si contendono un pubblico che spesso finisce per abbonarsi a entrambe. C’è però chi non ama l’aggressività di Bifrost, con personaggi caustici come Thomas Day (al secolo Gilles Dumay) o Francis Valéry, e le sue “Razzies”, la segnalazione del peggio dell’anno “motivato non solo dalla qualità intrinseca dei testi e delle opere in competizione; ma anche dal contesto della loro pubblicazione”. Mentre di Galaxies, recentemente, c’è chi si è lamentato che da quando è cambiato il direttore, cioè da quando Stéphane Nicot è diventato Stéphanie Nicot, la periodicità trimestrale della rivista non è più rispettata. Non c’è niente da fare: l’ambiente è piccolo, la gente mormora. E proprio perché è piccolo, la concorrenza, si sa, è poco meno di una leggenda: tutti finiscono con il collaborare con tutti, e così non c’è da stupirsi che uno stesso nome appaia fra gli autori di Galaxies e quelli di Bifrost, come accade per esempio a Sylvie Denis, o anche allo stesso Valéry.Due parole vanno dette su Lunatique. Non tanto perché vi collabora attivamente la sottoscritta – che più avanti si renderà colpevole di un ben più grave peccato di conflitto d’interessi – quanto perché, grazie alla passione del direttore

per la fantascienza italiana, gli autori di casa nostra stanno ricominciando a essere pubblicati regolarmente in Francia. Nel numero 74 il dossier monografico era dedicato a Lino Aldani.Il fandom, questo sconosciuto. Da se stesso Lily è una delle prime persone che ho conosciuto quando sono arrivata in Francia. Ora vive in Canada, ma segue da vicino tutto quel che avviene nell’Esagono, e comunque è vero che forse più che di fantascienza francese bisognerebbe parlare sempre – o comunque molto spesso – di fantascienza francofona, visti gli scambi continui fra i paesi di lingua francese. Tanto che quest’anno la convention annuale si è svolta a Montreal.Chiedo quindi a Lily, come definirebbe questo ambiente: “Abbastanza chiuso”, mi risponde. “Non ho saputo dell’esistenza della convention prima di incontrare André-François, eppure leggevo fantascienza da dieci anni. Gli autori, invece, direi che sono accessibili. Ma io ero nella Gang, che era un ambiente speciale”.Della Gang parleremo più avanti. Posso però confermare che, se si frequentano convention, festival ed eventi di vario genere, per avvicinare gli autori non è necessaria una tessera stampa. Come del resto non lo è anche in Italia. Ambiente piccolo, si diceva. Qualche vantaggio c’è.Restano le divisioni. Le “guéguerres”, come le chiamano qui, cioè le “guerrette”, le dispute da portinai, quelle per cui se Tizio ha organizzato la convention allora Caio non ci va, e se ci va Sempronio, allora Caio lo rimprovera di essere amico di Tizio e magari gli toglie pure il saluto. Tutte cose che conosciamo. Forse in questo i francesi sono anche peggio di noi.Ma bisogna ammettere che questa “chiusura” di cui parla Lily io, francamente, non si avverte. Certo, orientarsi nel labirinto del fandom francese non è facile: entrare a far parte di un gruppo e scoprire, solo un paio d’anni dopo, che nella stessa città esiste un altro gruppo di fan è un indice di quel che potremmo interpretare come “chiusura”. Si può, forse, chiamarla distrazione: i francesi hanno la tendenza a dare un po’ tutto per scontato, e se non gli chiedi una cosa, semplicemente non ci pensano a dirtela. A meno che non capiti nella conversazione per puro caso, essendo loro dei gran chiacchieroni.