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Il treno di fotoni lo colpì con una sequenza di folgorazioni ipnagogiche quasi istantanee. Il risveglio dal buio si diffuse lungo le sue direttrici nervose, svelando improvvise connessioni di significato. Il presagio mutò nell’intuizione promessa, e la coscienza avvampò in lui con la carica adrenalinica di un orgasmo o di una rivelazione mistica.

Come un alchimista, Castor operò il rituale della trasmutazione.

I quanti divennero cifre, le cifre commutarono in caratteri: unità atomiche si composero a formare strutture lessicali, erigendo nel buio del collegamento un’architettura semantica criptata.

Castor sintonizzò le sinapsi e si agganciò alla traccia: vide l’ombra di Lei, scivolare lungo i corridoi in penombra della percezione, e sentì che la trappola gli si stava chiudendo addosso come una rete. Guardò la Fortezza dall’alto e compose mentalmente un haiku:

vene di luce:

cattedrale mutante

di vivide ombre

Lo recitò in silenzio, come una preghiera o un mantra, supplicando l’Attrattore Immobile – Unico Vero Dio del Criptospazio – di preservare la sua sostanza, mentre con la memoria andava al pensiero di Lei, che già aveva preso e ucciso mille volte, eppure ancora continuava a sfuggirgli.

Poi chiuse gli occhi e si lasciò guidare dall’istinto, proiettandosi nel nucleo del complesso, a caccia del Verbo.

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Alle tre e trenta della notte del 3 gennaio 2021, gli specialisti del Laboratorio di Criptoanalisi Quantistica dell’mi6 seguivano sui loro multitouch screen di fabbricazione americana – autentica tecnologia militare d’avanguardia – i passi di Castor. Su di loro, totemica raffigurazione del potere dell’informazione, troneggiava un megaplasma tattico che al momento rimandava l’indecifrabile visualizzazione di uno schema entità-relazione.

– Ci siamo – disse Connor. – Tempo di esecuzione stimato: 3 minuti e 29 secondi.

L’algoritmo aveva cominciato a macinare i dati: si trattava di una comunicazione riservata – e intercettata – tra il Comando della Difesa della Repubblica Popolare Cinese e la flotta del Pacifico agli ordini dell’Ammiraglio Wang.

La trasmissione era teoricamente inviolabile in virtù della protezione crittografica del canale, che si appoggiava a una chiave quantistica. Nella pratica, l’elaborazione di Castor faceva la differenza.

Il megaplasma che sovrastava la sala venne aggiornato con una tavola di corrispondenze in continua ridefinizione: i suoi guizzi erano dettati dai cambi di prospettiva man mano che Castor tentava l’accoppiamento del messaggio cifrato con il suo reale significato, in una perfetta esecuzione quantistica di ermeneutica trascendente.

Sul suo schermo, Connor continuava a seguire la progressione dei suoi tentativi. – Lanciate la Chimera – decise Moore, il responsabile del progetto.

Connor manipolò le icone, richiamò comandi muovendo le dita come in un rituale di negromanzia olografica e attese il caricamento. Nella sezione sinistra del multischermo, come nel riflesso di uno specchio, si organizzarono i dati relativi al programma ombra.

– Fatto.

Con la sua interferenza, Chimera avrebbe sostituito al messaggio del Comando nemico un treno di fotoni prodotti randomicamente, così da simulare con lo jamming un’azione di disturbo piuttosto che una vera e propria intercettazione. In questo modo, avrebbe coperto la caccia del corridore.