Resident Evil: Extinction è senza dubbio il migliore dei tre capitoli della serie ispirata al famoso videogioco.

Diretto da Russel Mulcahy (Highlander) un regista di maggiore esperienza rispetto perfino al creatore Paul W.S. Anderson, apparentemente estromesso anche dal sequel di Alien vs Predator, il film brilla per avere portato 'in superficie' le atmosfere claustrofobiche dei primi due titoli.  

Non solo Resident Evil: Extinction presenta un'evidente contaminazione (è proprio il caso di dirlo...) tra il genere di cinema legato agli zombie e le atmosfere postapocalittiche e neomedievali di Mad Max.

Protagoniste della storia non solo la sempre bellissima Milla Jovovich, ma anche un gruppo assai 'appetibile' per il pubblico maschile di attrici note e meno note, ma sempre seducenti come Ali Larter (Heroes), la pop star Ashanti,  la giovane attrice televisiva Spencer Locke.

In questo senso, il 'tocco femminile' che aveva contraddistinto gli altri due Resident Evil, sembra funzionare ancora di più, con un gruppo di uomini interessanti e di donne affascinanti e pronte a tutto nonostante

divise militari e mimetiche non siano proprio il massimo per portare alla luce un look sexy. Per fortuna canottiere aderenti e pantaloni indossati alla moda ingentiliscono sensibilmente le sembianze di questo gruppo di donne che pur non essendo delle vere e proprie guerriere, risultano pur sempre abbastanza letali per i 'non morti' e malcapitati zombie.

 Ovviamente Milla Jovovich resta il cardine dell'intera narrazione anche perché - scopriamo - in un mondo ormai devastato dall'apocalisse del contagio, l'unica speranza per il genere umano è quello di riuscire a sviluppare una cura proprio grazie al sangue 'puro' del suo personaggio: Alice.

Per riuscirci, però, la perfida Umbrella Corporation ha messo su - nel deserto del Nevada - un laboratorio dove Alice è stata clonata a sua insaputa in numerosi esemplari. Riusciranno gli zombie di tutto il mondo a sostenere 'l'attacco dei cloni' di Alice, ovvero di Milla Jovovich? Senza alcun dubbio possibile lo scopriremo nel prossimo apparentemente inevitabile quarto film, soprattutto alla luce del grande successo al Box Office americano di questa pellicola.

Un risultato non immeritato visto il talento di Mulcahy di riprendere la produzione e darle un tono meno 'volgarotto' e più essenziale, pur mantenendone inalteralta la vocazione splatter orrorifica e - soprattutto - lo stile di ripresa da videogame.

Grande merito va anche alla produzione che ha trasportato il set dalla gelida Berlino al caldissimo deserto messicano, gerovitalizzando le immagini e sfuggendo alla tentazione di un'ambientazione esclusivamente in interni claustrofobici.

In più la scelta di girare parte della battaglia finale in una Las Vegas sommersa dalle sabbie, dona un tono ancora più postapocalittico ad una narrazione  - ancora una volta - incentrata su un'epidemia che ha quasi sterminato il genere umano, esautorando le risorse del pianeta e generando una catastrofe anche di natura ecologica.

Il combattimento con gli zombie tra una copia della Torre Eiffel e un Leone di San Marco conferisce al film uno stile ancora più visivamente estremo, lasciando assurgere idealmente la vendetta privata di Alice ad una battaglia per la salvezza dell'interno pianeta.

In questo senso Resident Evil: Extinction è un film più ambizioso e raffinato rispetto ai predecessori, con Alice / Milla che sviluppa anche degli inaspettati superpoteri in grado di apire nuove potenzialità per la franchise.

Divertente e talora terrorizzante, Resident Evil: Extinction è figlio di suggestioni più classiche rispetto ai due precedenti della installments della saga. Una scelta interessante e lungimirante che proietta questa serie in una nuova dimensione narrativa dalle potenzialità notevoli e che, confrontandosi 'a cielo aperto' con un genere

ampiamente sfruttato come quello legato agli zombie, deve puntare necessariamente a storie e idee non banali per non rischiare di restare 'stritolato' dal confronto anche questo inevitabile con tanto cinema del passato.

I segnali per essere ottimisti ci sono tutti: a partire dalla scelta brillante di vestire i cloni di Alice con il succinto ed indimenticabile abitino rosso dei primi due capitoli, mentre l'originale si aggira con un look militare minaccioso e diverso. Segno di una continuità, ma anche di un'intelligenza narrativa in grado di guardare avanti verso un'evoluzione dei personaggi e delle storie da raccontare.