Sono opere al femminile, negli ultimi anni, gli scenari post-nucleari non tecnologici. L’ambientazione è terrestre nei due racconti di Miriam Poloniato, I figli del domani (1980) e Il mutante (1985), entrambi ristampati nella raccolta Le verdi colline della Terra (1989), e planetaria in La sesta luna di Grazia Lipos (in Donne al futuro, a cura di Emiliano Farinella, Flaccovio 2005): con più di un ammiccamento alla fantasy, le protagoniste riescono nonostante tutto a guardare con sicurezza verso un futuro. Altrettanto affermativo è il romanzo di Gianluigi Zuddas, Le armi della lupa (Solfanelli 1989), autore specializzato in donne eroine: a differenza dei film appena menzionati, opera avventurosa e d’azione e libro

decorosissimo. Al contrario, è maschile l’unica storia in cui si sceglie l’autodistruzione, Cenere di Marco Cipriani (Nova SF* 7, 1986).

Concludiamo con alcune opere che ci sembra offrano spunti in grado di restituire nuova linfa al tema. Innanzitutto, le “zone” radioattive parziali: in mondi frastagliati, diversamente segnati dall’impatto della tecnologia, è tristemente inevitabile immaginare aree limitate sottoposte alla distruzione nucleare. Due esempi sono Il fuoco maledetto di Vittorio Catani, del 1998, più volte ristampato (Accadde domani, Besa 2001; Storie dal villaggio globale, Villaggio Globale 2004; L’essenza del futuro, Perseo 2007) e Clipart di Elisabetta Vernier (Solid, 2003). In entrambi i casi, il loro attraversamento sarà indispensabile per una reale comprensione del mondo: una metafora importante, che merita molti approfondimenti.

Con Povero angelo di Luca Masali (in Fantastorie dal terzo pianeta, a cura di Valerio Evangelisti, Avvenimenti 1997), il punto di vista è quello del pilota kamikaze: anche la distruzione nucleare si è globalizzata, e la SF sta cominciando a tenerne conto.Altrettanto necessaria è la direzione mostrata da Sant’Ermete di Alessandro Fambrini, uscito su Futuro Europa nel 1995 (rist. in Le strade che non esistono, Perseo 2005). In questo racconto, o forse romanzo compresso, vediamo un raro tentativo italiano di evocare, parallelamente al dispiegarsi degli effetti materiali, sociali e psicologici della catastrofe, il farsi della nuova comunità post-disastro. Quasi un’utopia.

Infine, fra le apocalissi psichiche, spicca Ontalgie di Lino Aldani (nell’antologia omonima, Perseo 2001). Fra meditative riflessioni biologiche e filosofiche, nel momento finale dell’autodistruzione, resta il dubbio se l’apocalisse sia reale o proiezione solipsistica, ma il gioco di specchi è ovviamente tale da annullare la differenza (anche gli scenari bellici “reali” sono proiezioni umane). Con altrettanta forza, sospettiamo, il monito è contro gli scenari solipsistici proiettati nell’agire letterario: un atto d’amore verso la SF, il genere che più di tutti continua ad avere gli strumenti per evitarlo.