... Prima non lo aveva sentito, ma adesso era l'unico suono su quel pendio di erba e cardi rossi. Il suo fratellone che dormiva. La radura nel bosco che si lasciava inondare piano piano dalla luce del crepuscolo. Il fiore che sembrava molto più grande di come le era sembrato da fuori. Una baia rossa, smarrita in mezzo al bosco. Lei che camminava, come su una battigia dopo la bassa marea; onde di sangue scarlatto avevano spiaggiato una moltitudine di corpicini straziati: animali di tutte le specie, orrendamente gonfi e ciascuno trafito da un grosso chiodo. Tania passeggiò lenta su quella spiaggia che sembrava il capolinea di una oscura e inspiegabile moria; si chinò e raccolse il corpicino di un passerotto. Un lungo chiodo arrugginito gli aveva trafitto il collo da parte a parte e le piume erano ricoperte di sangue coagulato. La bimba fece per posarlo a terra, ma improvvisamente, il chiodo si sfilò dal collo della vittima e aprendo due sottilissime ali vibranti si librò in volo e sparì tra le punte degli alberi... Molto tardi, verso le dieci del mattino, nel gelido silenzio che accompagna il calare della nebbia, Tania si svegliò di soprassalto sentendo sbattere la porta di casa.

* * *

Il vecchio Spartaco uggiolò inquieto. La bruma gelida del primo mattino gli portava alle narici un concerto di odori pungenti. Muschio, resina, il sentore della terra bagnata. Mattia lo accarezzò dietro le orecchie; aveva il fucile imbracciato e l'espressione spenta del dopo-sbornia.

- Mattia, vieni a vedere!

Il cacciatore diede una pacca affettuosa sul collo di Spartaco e trotterellò verso l'amico. - Cosa c'è?

- Visto che roba? Cristo, un lavoretto da fuori-di-melone.

Mattia fischiò tra i denti. - Diamine santo - Allungò una mano verso la corteccia dell'albero. Castagna scattò e gli afferrò il polso. - Non toccarlo! - latrò. - Può essere avvelenato!

- Il Ruggine lo si dovrebbe pigliare tutti assieme e dargli un fracco di legnate coi bastoni... e poi appenderlo alla stessa maniera - concluse lasciando ricadere la mano del compagno. I due rimasero a lungo a osservare il pettirosso crocifisso per le ali da due file serrate di chiodini con la testa piatta. L'uccello sembrava ancora vivo, ma molto vicino a tirare le cuoia. Il petto si alzava a intervalli irregolari e il becco pareva avere esaurito i pigolii. Una zampetta si mosse a scatto e tornò a penzolare contro la scorza dura dell'albero. L'aria increspava appena il contorno delle ali crocifisse.

Il cane di Castagna cominciò a girare in tondo e ad abbaiare irre­quieto. La nebbia ovattava i suoni e li riconsegnava al bosco distorti e irriconoscibili. Un altro cane guaì in lontananza. Castagna affondò una mano nella tasca del giaccone e rovesciò ai piedi dell'albero una manciata di chiodi arrugginiti. Per la maggior parte erano macchiati di ruggine e sporchi di terriccio. Li aveva tenuti in tasca per quando si fosse deciso di renderne conto all'amico, ma ora gli sembrava che potessero animarsi da un momento all'altro e conficcarsi nei rotoli di grasso attorno ai fianchi. - Li ho raccolti per terra e staccati dai tronchi. Ce ne sono migliaia…milioni, per Dio!

Mattia si chinò a esaminarli in silenzio, come se fossero funghi. Ne aveva visti anche lui lungo il sentiero, ma aveva preferito lasciarli al loro posto. - Sono buoni per lavori come quello del pettirosso… e per il tetano.

- Sono milioni, Mattia. Tutt'intorno. Ovunque. Miliardi. Ho le tasche piene ma avrei potuto riempire dieci sacchi per la spazzatura - I suoi occhi tradivano paura e senso di impotenza. - Sugli alberi, conficcati nelle pigne; ne ho visti alcuni martellati a fondo nelle pietre, sulle rocce...

Il tono della voce si fece monocorde e remoto. Sembrava delirasse, e che scrutando sopra la spalla del compagno avesse posato lo sguardo su una valle buia di stralunata follia. Dove il sole non batteva mai, ma crescevano ugualmente grossi cardi rossi. - Ho smosso del terriccio... ed erano anche lì, nella terra. Dapper­tutto. Siamo in un fottutissimo bosco saturo di chiodi merdosi!

Il compagno si rimise in piedi e cercò di scuoterlo dal suo torpore. Lo prese per un braccio e lo strattonò. Castagna, rigido come un palo, si ostinava a resistergli, con lo sguardo perso nel vuoto sopra la sua spalla.