Quali sono stati i tuoi modelli nel campo della fantascienza e del noir?

Dario Tonani (a destra) con Richard K. Morgan alla Deepcon di Fiuggi
Dario Tonani (a destra) con Richard K. Morgan alla Deepcon di Fiuggi
Parlando di autori recenti, direi sicuramente Richard K. Morgan, autore di Bay City, di Angeli Spezzati e del recente Business, che ho avuto la fortuna di conoscere personalmente all’Italcon di Fiuggi a fine marzo. Poi in ordine sparso Jonathan Lethem, Jeff Noon, Maurice D. Dantec, Chuck Palahniuk, e sicuramente anche il Michael Marshall Smith di Ricambi e Uno di noi. Sono questi per me gli autori di fantascienza - e non solo - che dopo il cyberpunk hanno scritto le cose migliori. Naturalmente io mi sono formato con i grandi classici del genere: Dick, Moorcock, Vance, Bradbury... come tutti, del resto.

Come pensi reagirà il lettore medio di Urania alla tua storia, che sicuramente non è una tipica storia di Urania?

Sono fiducioso e incrocio le dita. Il mio è un noir fantascientifico con ambientazione italiana. Due caratterizzazioni che, incastrate l’una nell’altra, sono già di per sé una novità. Mi auguro che il lettore di Urania non abbia pregiudizi nei confronti di una storia un po’ anomala, fuori dalle righe. Spero prevalga la curiosità di vedere come se la cava un italiano che questa volta non scimmiotta assolutamente autori inglesi o americani, che ha ambientato la storia in un ambiente che conosce bene, anzi, proprio fuori dalla porta di casa sua. Senza copiare nessuno.

C’è qualche aspetto del tuo romanzo di cui non abbiamo ancora parlato?

Tutta la vicenda si dipana nel volgere di 36 ore, in un tour de force di due notti e un giorno. E poi mi piace dirlo, in Infect@ c’è la declinazione quasi completa dei crimini e delle devianze possibili: l’omicidio, il contrabbando, il narcotraffico, la pornografia, la prostituzione, la pedofilia, i crimini informatici, la tratta di esseri viventi, il commercio di organi… Ho dimenticato qualcosa? Ah, sì, ogni forma di depravazione sessuale. Qui mi fermo, perché mio figlio vuole portare il romanzo a scuola e non vorrei essere convocato dal consiglio di classe. E poi ci sono un bel po’ di cartoon, quelli “veri”. Documentandomi per scrivere Infect@ ho scoperto un mondo che assolutamente non sospettavo e che nel romanzo mi sono divertito a tratteggiare per bocca di uno dei personaggi: il deejay di una radio che trasmette 24 ore su 24 solo musica di cartoni animati, dissertazioni sulla storia del cinema di animazione, sulla genesi dei personaggi principali, le professionalità e i ruoli dei loro creatori. Vorrei anche sottolineare che immagino la Milano del 2025 come multietnica e balcanizzata. In effetti nel romanzo ci sono pochi personaggi italiani (uno dei due poliziotti è un arabo): sono quasi tutti immigrati di seconda o terza generazione, in qualche modo trapiantati lontano dal loro ambiente e dalla loro cultura d’origine. È così che mi immagino Milano tra diciotto anni.

Il tuo romanzo è stato finalista al premio Urania. Che significato ha questo premio per te? Pensi che i romanzi vincitori siano adeguatamente rappresentativi di quanto la fantascienza italiana può produrre?

Ha un significato enorme, anche per le modalità con le quali questo risultato è maturato. Due italiani su Urania nello stesso anno? Questa sì che è fantascienza! E’ un segnale importante per gli autori di Sf italiani. E un riconoscimento personale grandissimo, altrettanto importante di una vittoria, perché è stata scardinata una consuetudine del concorso. E le consuetudini muoiono solo per ragioni forti… Quindi, non provo nessuna sindrome da secondo posto. Forse forse, direi “anzi”… Quanto ai romanzi dei vincitori, sono la punta di un iceberg, quella che presumibilmente si coniuga meglio con un mercato esteso, l’edicola, le grandi tirature; ma non esauriscono di certo l’universo della fantascienza italiana di qualità.