Che rapporto c'è con i modelli americani, se esiste questo rapporto?

Mi piace la space opera, così subisco ovviamente una grande influenza di molti autori anglosassoni, non solo nordamericani: Alfred Bester, Frederic Pohl, Robert Heinlein e Larry Niven, ma anche Brian Aldiss e Michael Moorcock, inclusi autori australiani come David Brin. Ma pure di autori russi e polacchi, come i fratelli Strugatsky e Stanislaw Lem. Credo che gli scrittori cubani di fantascienza abbiano il privilegio di poter bere ad entrambe le fonti, a volte dalla corrente narrativa anglosassone e dalla sua trasbordante immaginazione, a volte dalla profonda preoccupazione etica e umanista degli autori dell’antico blocco socialista. Stagiona questa miscela con un po’ di humor creolo e otterrai la formula per la migliore fantascienza cubana.

Ho avuto modo di capire che gli scrittori di fantastico latinoamericani sono molto uniti tra loro e nel difendere la loro unicità culturale. Quanto conta questo rispetto alla strapotenza e alla vicinanza del modello culturale nordamericano?

Considero questa unione più come un patto tra nazioni deboli piuttosto che una critica allo stile anglosassone di scrivere fantascienza. Sono loro ad averla inventata, in qualche modo, e sono ancora loro che la scrivono meglio. Molto ha a che vedere con la potenza e lo sciovinismo delle loro case editrici che non ti pubblicano se non scrivi in inglese. E si scrive molta fantascienza in altre lingue: non solo nello spagnolo iberoamericano, ma pure in francese, tedesco, italiano, portoghese e giapponese. Una letteratura che sfugge alla percezione della maggioranza degli appassionati anglosassoni del genere, proprio a causa della cecità e mancanza di “spirito d’avventura” delle loro case editrici. Noi latinoamericani, d’altra parte - e probabilmente la lingua comune ha molto a che fare con ciò - ci sentiamo ovunque come parte di una grande famiglia, questo è certo. Ma credo che se qualche grande casa editrice come la Doubleday o la Random House, per esempio, cominciassero a pubblicare fantascienza di autori latinoamericani, questa unione che pare tanto monolitica, si sgretolerebbe subito. Scusami se ti sembro cinico, ma credo che lo scrivere sia un lavoro solitario, una competizione tra individui e non tra squadre: una persona può, mentre è in attesa di pubblicare, parlare di movimenti, di correnti, di autori maledetti, serrare le fila con altri rigettati dalla grande macchina editoriale anglosassone... Ma quando le tue opere cominciano a vendere, non ti senti traditore o colpevole per questo fatto. Tu ci sei riuscito, gli altri no. E la solidarietà non c’entra niente qui... Si tratta di migliorare il tuo marchio, di vendere di più, di scrivere meglio, e se gli altri non ci riescono, pazienza. Non per questo smetteranno di essere tuoi amici.

Il tuo stile è molto avventuroso. A chi ti sei ispirato, quali sono i tuoi modelli letterari?

Per non ripetere le risposte, a coloro che ho menzionato in precedenza. E aggiungiamoci Dan Simmons, Greg Bear, Vernor Vinge, Poul Anderson, un grande della migliore space opera. Ma anche ad autori russi abbastanza sconosciuti ai lettori anglosassoni, come Anatoli Dneiprov, Sever Gansovsky, Víctor Kolupaiev, Olga Larionova, gli Abramov e qualcun altro. Ai cubani Agustín de Rojas e Gregorio Ortega. A un italiano, Valerio Evangelisti, con la sua serie dell’inquisitore Eymerich. Ma poi, inclusi in questo elenco di influenze di classici mondiali dell’avventura, ce ne sono anche altri che non sono di fantascienza. Verne e Salgari, per cominciare. Sabatini, Shellabarger, Anthony Hope, James Oliver Curnwood, Jack London, James Fenimore Cooper, Ernest Hemingway. Classici anglosassoni come Sherwood Anderson, J. D, Salinger, Scott Fitzgerald, Erskine Caldwell, Norman Mailer, Truman Capote, Brian Easton Ellis e Douglas Aaron Copland. Senza dimenticare una lista, che potrebbe divenire interminabile, di autori di best sellers e technothriller: Stephen King, Frederic Forsyth, Tom Clancy. E non ti scordare dei classici della lingua spagnola, sopratutto coloro appartenenti al boom latinoamericano: Mario Vargas Llosa, Alejo Carpentier, Jorge Luis Borges, Julio Cortazar. Per finire, leggo molto, non solo fantascienza, e provo a prendere da ciascun autore il meglio senza credere che il mio stile sia perfetto, completo, definitivo. Scrivere è un’occupazione che si può migliorare ogni anno, se non ci s’inganna credendo che si possa arrivare alla perfezione.

Ambrotos, così si chiama l'alieno protagonista della tua storia, lo scopriamo alla fine, tradotto dal greco significa immortale. Secondo te questo personaggio è anche una metafora, un simbolo di qualcosa?

Ovviamente, poiché la fantascienza è la letteratura delle metafore per eccellenza. E sebbene non mi sembri molto bello che un autore parli del proprio racconto, e ancora meno che provi a spiegare ciò che nel testo dovrebbe essere chiaro, vorrei dire che Ambrotos è un simbolo abbastanza complesso e con vari significati: che alcune cose che bramiamo non risultano essere ciò che speravamo (l’immortalità); che l’alienità può essere in noi stesi, non nell’Universo... ma soprattutto, che per strani che siano gli esseri che incontreremo nello spazio, ci potrà essere sempre una base per comprenderli.

Fantascienza, curiosità per l'alieno, paura del diverso, denuncia dell'intolleranza politica e sociale: quali di queste idee vedi meglio per rappresentare il tuo racconto?

Devo darti di nuovo una risposta conciliatoria: tutti. La fantascienza ingloba le altre tre idee. Dopo tutto, si potrebbe dire che la meno coscientemente relazionata col mio racconto sia l’ultima... ma solo coscientemente. Nel mio incosciente, chi lo sa?

Spesso, oggi, si dice: un altro mondo è possibile. Il tuo racconto sembra far capire che alla fine non ci siano molte speranze. Che ne dici?

Allora ti sembra un racconto pessimista? Forse. Il mio messaggio potrebbe essere che, se portiamo fino alle stelle gli stessi problemi ed egoismi che per migliaia di anni hanno reso un’inferno la vita dell’uomo sulla Terra, non possiamo aspettarci soluzioni magiche. Comunque, d’altro canto, credo che ci sia anche ottimismo: alla fine del racconto, l’astronauta umano è capace di stringere un’amicizia con il condannato alieno. Allo stesso tempo ritengo che vedere una storia in termini tanto manichei come solo ottimista o pessimista è sempre un rischio da cui poche volte i critici, i lettori e pure l’autore sfuggono.

Quali sono i tuoi programmi letterari per il futuro?

Nell’aprile di quest’anno in Spagna, Ediciones Neverland pubblica il mio romanzo di fantascienza erotica Pluma de leon, che dovrebbe anche apparire a Cuba verso novembre o dicembre. Sto aspettando risposta dalla casa editrice francese L’atalante per due romanzi che ho inviato in valutazione per la loro collana di fantascienza e continuo a inviare ogni anno un’opera al Premio UPC per il romanzo breve di fantascienza a Barcellona e un racconto all’Alberto Magno, che sono le competizioni più importanti del genere in spagnolo. In entrambi ho ottenuto delle menzioni... Insisto per ottenere dei premi più grandi. In definitiva, i miei progetti futuri si limitano allo scrivere. Scrivere ogni volta di più e meglio, pubblicare tutto ciò che posso, vincere premi, pubblicare di più, continuare a vivere di ciò che scrivo come faccio da 12 anni e se possibile vivere più agiatamente, perché non sono né un monaco di clausura né uno stoico e i libri di fantascienza sono costosi.