Curtoni può vantarsi di aver avuto Sheckley ospite a casa sua. E, a quanto ci ha raccontato, vuole rendere tale evento in qualche modo eterno.

“Ho avuto l'onore – spiega il curatore di Robot - di conoscere Sheckley, di offrirgli ospitalità a casa mia, nelle due occasioni in cui Bob (mi aveva autorizzato a chiamarlo così) arrivò a Piacenza, nelle estati del 2000 e del 2002, portato qui dal suo amico genovese Roberto Quaglia. Gli organizzai, ovviamente, incontri con la marea dei suoi fan italiani, alla libreria Fahrenheit 451, momenti di intensa gioia per gli appassionati italiani di fantascienza. Lo ricordo autografare montagne di suoi libri con un piglio e un piacere da ragazzino, dialogare con Quaglia e me in libreria con tutta la verve di cui era capace, anche se preferiva nettamente i discorsi sintetici alle lunghe dichiarazioni. Ho riso, mangiato, bevuto (parcamente) con lui; assieme abbiamo fumato in maniera del tutto smodata, visto che le sigarette erano il vizio più consistente che gli fosse rimasto. Negli ultimi decenni, - sostiene Curtoni - il mercato editoriale non è stato tenero con lui. La fantascienza sociologica non va più di moda, e può darsi che l'umorismo sia diventato un mezzo espressivo troppo difficile per lettori cresciuti sulle asprezze stilistiche e contenutistiche del cyberpunk. Bob si era

Robert Sheckley intervistato da Vittorio Curtoni
Robert Sheckley intervistato da Vittorio Curtoni
trovato costretto a scrivere romanzi tratti da serie cinematografiche e televisive e si era anche dedicato alla narrativa gialla, naturalmente sempre col suo occhio caustico. Era tutt'altro che ricco: data la sua natura giocosa, spensierata, sospetto abbia scialacquato senza stare a pensarci su quel che aveva guadagnato negli anni d'oro. Però, al nostro primo incontro mi disse testualmente: «I soldi sono un problema che ho superato.» Per lui andava benissimo così. Che uomo. Dopo pranzo, aveva l'abitudine di fare un pisolino. Sicché è accaduto che abbia dormito un paio di volte a casa mia, mentre noialtri ci ritiravamo in cucina a conversare a bassa voce per non disturbarlo. Risorgeva dal sonno più energico che mai. Adesso che non c'è più, è arrivato il momento di far incidere la targa che ho in mente dal 2000: «Robert Sheckley ha dormito qui.» La metterò sul mobile dietro il mio letto e ci farò quattro chiacchiere prima di addormentarmi”.

Non c’è dubbio che lo scrittore americano e la sua narrativa hanno avuto anche un’influenza sui nostri scrittori. Catani ne riconosce tracce in alcuni dei racconti di autori come Aldani, Della Corte e Malaguti.

“Per quanto riguarda la sua influenza sulla sf italiana, a mio avviso essa – spiega Catani - c’è stata sicuramente. Credo di poter individuare storie di nostri autori che chiaramente «vivevano», in vario modo, di atmosfere sheckleyane. Per esempio il notevolissimo racconto Tecnocrazia integrale di Lino Aldani; o Il marito congelato di Carlo Della Corte; L’esenzione di Giuseppe Pederiali; molti spunti in racconti e romanzi di Ugo Malaguti... Potrei proseguire nelle citazioni, ma importante è notare che, secondo me, la social science fiction venne a incontrarsi con una certa fascia della nostra narrativa, anche di quella «colta», che poneva in primo piano temi «umanistici»: la libertà individuale, la paura della «bomba» (si era in piena Guerra Fredda), l’alienazione sociale, la spersonalizzazione sul lavoro. Questi erano allora temi «di moda», che da noi già venivano trattati correntemente da autori di punta del mainstream narrativo e cinematografico. Alcuni scrittori e registi capirono che proprio la (peraltro bistrattata) fantascienza poteva amplificare, enfatizzare queste tematiche in modo ironico o grottesco, raggiungendo risultati originali. Ho incontrato Sheckley una sola volta, a uno SFIR di Ferrara (metà anni Settanta). Scambiai con lui non più di dieci parole: lo ricordo indaffarato, in movimento, spiritoso, ironico, instancabile. Perfettamente in linea, insomma, con le storie che scriveva”.

Silvio Sosio, direttore responsabile di Fantascienza.com paragona lo scrittore americano con un altro grande della letteratura americana e ricorda che lo scrivere era la sua principale ragione di vita, insieme probabilmente alle donne e al fumare.