Non ci sono ancora i guizzi narrativi dei romanzi a cui lo scrittore abituerà i suoi lettori con le opere successive, ma emerge già il disegno narrativo che sarà una costante di tutte le sue opere lunghe: prendere un normalissimo esponente della razza umana e proiettarlo in uno scenario ostile e/o incredibile e, quasi come uno scienziato che osserva il suo topolino bianco, studiarne il comportamento.

Più caustico e decisamente più sociologico è Gli Orrori di Omega (The Status Civilization, 1960).

Esiliato dalla Terra, Will Barrent piomba in quel mondo d'incubo che è Omega, un penitenziario grande come un pianeta. In una società di assassini, solo l'assassino più abile, più feroce e fortunato può aspirare alla ricchezza e al potere: in questo inferno Will Barrent cerca disperatamente i ricordi che gli hanno tolto, la ragazza che l'ha salvato dalla morte per due volte e la speranza di poter tornare sulla Terra. Ma una volta rimesso piede sul pianeta

originario, Will si troverà di fronte a qualcosa di ancora più pericoloso di Omega: il condizionamento terrestre e soprattutto l'esasperato conformismo di una civiltà che nel raggiungimento della perfezione tecnologica sembra essersi definitivamente insabbiata.

Sheckley mette a confronto due società, quella criminale di Omega e quella conformista della Terra. La società terrestre descritta dallo scrittore newyorchese è ancora più violenta della società omeganiana: le città sono tutte uguali, dal punto di vista architettonico; gli esseri umani sono tutti ligi al dovere e condizionati fin dall’infanzia a rispettare il prossimo e a seguire le regole della pacifica convivenza; ogni essere umano è, non solo giudice del comportamento del suo vicino, ma anche di se stesso, grazie al condizionamento mentale: se un essere umano commette un crimine, sarà lui stesso che sentirà una spinta irrefrenabile ad auto-denunciarsi. Una società, insomma, che nella sua immobilità è più violenta di quella del pianeta Omega, dove i criminali hanno creato una collettività autarchica basata sulla forza bruta e sulla sopraffazione del prossimo.

È evidente la denuncia di Sheckley e il suo obiettivo: l’eccessivo appiattimento della società americana verso standard e stili di vita che investono il ceto medio dell’epoca, ma anche l’eccessiva fiducia nelle macchine e la loro invadenza nella vita dell’uomo. La società terrestre è, infatti, totalmente dipendente dalle macchine e dai robot e ciò – ci avverte Sheckley – è un pericolo se non si lascia spazio alla creatività e all’imprevedibilità dell’uomo.

Nel 1962 Sheckley pubblica Journey Beyond Tomorrow, conosciuto in Italia come Il viaggio di Joenes o I testimoni di Joenes, tra le opere più interessanti della fantascienza sociologica degli anni ‘50 e ‘60 e considerato dallo stesso autore una delle sue opere migliori.

Il romanzo, pubblicato nel 1955, è la nuda cronaca orale, derivata da fittizie fonti polinesiane del quarto millennio, dell'epico viaggio dell'isolano Joenes nell'America del XXI° secolo. Il giovane Joenes - partito con lo scopo di conoscere il mondo - tra mille peripezie viene scambiato per comunista, finisce in manicomio criminale, diventa professore di “cultura del pacifico sub-occidentale” e riesce a salvarsi dalla terza guerra mondiale.

Ricollegandosi alla tradizione dell'Antiutopia, lo scrittore newyorchese concepisce un romanzo dove - con la lama sempre appuntita della satira - ridicolizza i tratti salienti delle moderne e urbanizzate società occidentali. Attraverso gli occhi ingenui di Joenes, Sheckley dileggia la società capitalistica americana. Quell’America passata dall’incubo della guerra nucleare – che è anche uno dei temi del romanzo – alla frontiera kennedyana, fino alla guerra nel Vietnam.