raccontata da Riccardo Valla

Storia della fantascienza

David H. Keller La storia della fantascienza, dall'epoca di Verne e Wells fino all'era del cyberpunk, è affascinante. Riccardo Valla, uno dei maggiori esperti italiani, ce la racconta un po' per volta, in ordine sparso.

Riprenderemo nelle prossime puntate l'esame delle riviste di fantascienza americane parlando delle riviste degli anni 50 e del passaggio dal formato "pulp" a quello "digest"; intanto, nella presente puntata, soffermiamoci su David H. Keller, uno dei più interessanti autori degli anni 30, nato nel 1880 e morto nel 1966, che per molti aspetti anticipò la fantascienza degli anni 40 e la scuola degli scrittori lanciati da John Campbell e che potrebbe essere un buon candidato per il titolo di miglior scrittore di fantascienza degli anni tra Wells e la "scuola" di Campbell.

Sotto l'aspetto del suo inserimento tra Wells e Campbell, si può infatti citare il commento di Donald Tuck, il quale dice che Keller è noto soprattutto per la semplicità dello stile e per la caratterizzazione dei normali personaggi della vita di tutti i giorni, visti "nelle loro azioni e nelle loro reazioni sotto l'impatto di nuove idee".

Questo dare risalto alle persone di tutti i giorni corrisponde appunto a quanto facevano gli scrittori di Campbell, anche quando si riallacciavano alla tradizione dei superuomini di E.E. Smith o dello stesso Campbell, e nello stesso tempo è quanto faceva Wells nei suoi racconti: mostrare il contatto tra le innovazioni tecniche e le persone comuni.

Il motivo per cui si parla poco di Keller sembra soprattutto dipendere dalla sua produzione per la rivista Weird Tales: le sue prime ristampe in volume furono eseguite dalla Arkham House, la casa che pubblicava le opere di Lovecraft, e oggi si tende a considerarlo come uno scrittore legato soprattutto a quella rivista, un po' come una sorta di Seabury Quinn, l'autore delle storie di "Jules de Grandin". In effetti, il suo legame con Weird Tales andava al di là della pubblicazione dei racconti: quando Keller, che era medico, conobbe di persona il direttore della rivista, Farnsworth Wright, lo prese in cura e riuscì a guarirlo da alcuni gravi disturbi nervosi. Tuttavia, nello stesso tempo, Keller aveva stretti rapporti anche con Hugo Gernsback e suo fratello Stanley, per i quali curava una rivista di medicina e psicologia.

Gli esordi di Keller come autore di narrativa fantastica sono comunque legati alla rivista Amazing Stories, a cui inviò nel 1928 il racconto La rivolta dei pedoni; Gernsback gli chiese altri racconti e Keller gli scrisse altre storie sul prossimo futuro. La collaborazione tra Gernsback e Keller ha però qualcosa di casuale, perché non era un lettore di Amazing Stories: fu la moglie a suggerirgli di mandare un racconto alla rivista (che metteva ben visibili sulla copertina i titoli di studio dei collaboratori e perciò si presentava come qualcosa di "serio"). Fino a quel momento gli interessi di Keller come scrittore andavano in tutt'altra direzione, perché stava già scrivendo da alcuni anni un romanzo storico sulla propria famiglia; una parte di quel materiale venne poi stampato negli anni 40 nel romanzo Il diavolo e il dottore.

Nella vita di Keller ha senza dubbio giocato un ruolo importante quanto gli accadde nella prima infanzia: egli stesso racconta che il primo giorno di scuola venne rimandato a casa perché non era in grado di esprimersi correttamente e per tre anni frequentò una scuola privata dove "tre vecchie signore si sforzarono di insegnarmi l'inglese, che io imparai come se fossi stato un viaggiatore venuto da Marte. Perciò le parole divennero molto importanti, per me, come mezzo per trasmettere il pensiero, e dovetti imparare a pensare in inglese prima di poter parlare."

Queste esperienze dell'infanzia sono descritte in un suo racconto, Il linguaggio perduto, e da esse deriva probabilmente il suo stile di scrittura, semplice e diretto, ma che per la sua stessa semplicità riesce a trasmettere bene la dimensione allarmante del "quotidiano". Come esempio si possono citare uno dei suoi racconti più noti, Un pezzo di linoleum, in cui dalla confessione di una vedova emerge un ritratto della "crudeltà mentale" con cui ha spinto il marito al suicidio, o anche lo stesso La rivolta dei pedoni, in cui viene descritta la progressiva emarginazione e la finale distruzione di coloro che non vogliono assoggettarsi alle scelte della maggioranza (in questo caso, l'uso di automobili invece di muoversi a piedi).

Grande lettore fin dalla gioventù, Keller avrebbe voluto studiare letteratura, ma la famiglia lo indirizzò verso la medicina; partecipò alla prima guerra mondiale come ufficiale medico e in seguito si specializzò in psicologia. Anche se all'epoca aveva ormai cinquant'anni, partecipò all'attività delle prime associazioni di appassionati di fantascienza e il suo nome compare spesso nelle fanzine dell'epoca.

E' difficile dire quanto vi sia stato di occasionale nelle storie che scriveva e quanto appartenga al centro del suo interesse narrativo, che riguarda il rapporto tra le emozioni e gli affetti dell'individuo e la società che non li tiene in considerazione: oltre alla Rivolta dei pedoni, si possono citare l'umanità a una dimensione delle Mani della stenografa, in cui si descrive la creazione di una particolare razza umana, adatta solo a dattilografare in fretta, o i numerosi racconti in cui vediamo cessare il rapporto tra le diverse generazioni della stessa famiglia perché lo stato educa i figli, o li concede solo in affidamento per pochi anni, o li avoca a sé. Racconti che sono l'altra faccia di quell'entusiasmo per la scienza - medica, fisica e sociale - che in Europa aveva prodotto il movimento futurista e che in America portava al crescente ingresso delle macchine nella vita quotidiana: macchine nell'agricoltura, automobili personali nelle strade, ascensori nelle case, radio ed i primi elettrodomestici negli appartamenti.

E' curioso che a pubblicare queste storie fosse proprio un appassionato della scienza come Gernsback, ma l'allarme di Keller, di fronte all'entusiasmo con cui le innovazioni venivano ottimisticamente accolte dalla popolazione, è lo stesso che sta al fondo dell'ispirazione di Lovecraft: il timore che la scienza finisca per cancellare l'uomo. E' la consueta opposizione che si incontra nelle immagini della fantascienza del filone di Gernsback e che viene rappresentata con la separazione netta tra il naturale e l'artificiale. Nelle riviste "generaliste" come Argosy e in Weird Tales compariva un certo numero di copertine fantascientifiche, e in esse si vedeva soprattutto la figura umana: una piccola parte di queste copertine presenta lotte tra esseri umani e dinosauri, draghi, serpenti; nella rivista di Gernsback invece predominavano gli scontri con mostri o con insetti giganteschi, o le raffigurazioni di astronavi e uomini in tuta spaziale. Nelle copertine pubblicata da Gernsback si passa dunque dalla lotta contro la natura all'isolamento dell'uomo da essa, ma la constatazione che molti dei "mostri" contro cui si deve lottare nelle copertine di "Amazing Stories" sono prodotti dalla scienza o raggiunti con mezzi scientifici fa pensare che anche in Gernsback vi fosse un sentimento ambiguo verso la scienza, amata e temuta insieme.

A questo nucleo "sociale" di storie di Keller e che pare comprendere un solo romanzo, Life Everlasting, si accompagnano però altre storie di ispirazione più vaga, dalle storie di disastri che spazzano via l'umanità (il romanzo The Metal Doom), ad altre che probabilmente erano frutto di qualche esperienza occasionale dell'autore: per esempio si ha l'impressione che molti racconti di Keller nascessero da casi da lui incontrati nella sua attività medica o letti nelle riviste cliniche e scientifiche. Un terzo tipo di storia gli era probabilmente commissionato dagli editori: i suoi romanzi più "fantascientifici", The Human Termites, The Conqueror/The Evening Star, e le fantasie come il racconto Gli uomini di lievito, in cui assistiamo a una guerra condotta immobilizzando la nazione avversaria con una sorta di mucchietti di "lievito" che lievitando enormemente bloccano l'intero paese.

Le storie di Keller sono state ristampate negli anni 40, quando uscivano varie riviste che riprendevano la produzione dei decenni precedenti; molte storie sono apparse anche nelle ristampe della rivista Amazing. Tuttavia, in questo momento è pressoché assente dalle librerie. Le sue storie più celebri sono comunque alcuni classici racconti horror, come La cosa in cantina, in cui un bambino "sente" che in cantina c'è una creatura che vuole ucciderlo e non vuole mai avvicinarsi alla sua porta. Naturalmente, genitori e medico non gli credono, e per fargli vedere quanto le sue paure siano assurde lo costringono a rimanere solo in casa, e con la porta aperta... Altrettanto agghiacciante è il citato Pezzo di linoleum che si conclude con queste parole della vedova: "Per fortuna ha avuto il buon gusto di spostare la mano fuori del letto, così non mi ha macchiato il pavimento perché c'era il linoleum." Il marito si era tagliato i polsi.

Come si è detto, le storie di fantascienza più caratteristiche di Keller ritraggono di solito una opposizione tra l'individuo e le organizzazioni. Con storie così forti contro la disumanità dell'industria, della scienza e della politica, sorge la domanda: perché nessuno ha riscoperto Keller? Per esempio, Weinbaum gode di una fama molto superiore alla sua, e per storie inferiori a opere come La rivolta dei pedone, o Le mani della stenografa, in cui già si intravedevano, con parecchi anni di anticipo, le "soluzioni finali" e la barbarie scientifica hitleriane, tanto per citare due soli racconti.

Probabilmente c'è una ragione che ha fatto dimenticare questo autore: Keller non predica, non mette una morale, non tira le somme di quanto espone, e questo non lo fa né nel finale né durante il racconto, agendo sulla scelta delle parole. Forse, come psicologo, rifuggiva da questi mezzi troppo "facili" per fare propaganda alle proprie idee; doveva essere il lettore a trarre la morale, e una morale più generale, che non si limitava al caso esposto nel singolo racconto. Questo porta i suoi racconti horror, che non devono fare ricorso a trovate scientifiche o futuribili, a essere generalmente più efficaci di quelli fantascientifici, che, per la loro stessa natura, hanno due componenti: quella umana e quella fantascientifica e quest'ultima tende ad accentrare su di sé l'attenzione. Scrittori più smaliziati, come quelli che hanno portato al massimo risalto lo stesso tipo di storie e che si raccoglievano attorno alla rivista Galaxy degli anni 50, avrebbero preso una storia come La rivolta dei pedoni e l'avrebbero narrata in un'altra maniera, sottolineando i legami illegali tra l'industria dell'automobile, il governo da essa stessa patrocinato, le leggi ad hoc: insomma, avrebbero fatto propaganda, in modo da far capire bene al lettore qual era il loro bersaglio. Quel tipo di storia fa ormai parte del bagaglio di tutti i lettori, e, come avrebbe detto Borges, si è ormai creato i suoi antenati, e uno di essi è Keller. Si può dunque dire che ora rileggiamo Keller con gli occhi della fantascienza sociologica di Pohl e Kornbluth e vi scopriamo gli stessi spunti; il momento, perciò, sembra quanto mai adatto a una riscoperta di questo autore (e teniamo presente che alla fine degli anni 20, quando scriveva lui, anche le industrie e i politici erano meno smaliziati di quelli degli anni 50) (per non dire di quelli dell'anno 2000...)

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