Chi ha amato Π; e Requiem for a Dream, rimarrà disorientato da questo film la cui genesi ha richiesto ben sei anni di lavoro al talentuoso e geniale regista Darren Aronofsky.

The Fountain è una pellicola che - nella migliore delle ipotesi - risulta estremamente lontana dalle aspettative del pubblico e dei fan. Un film molto complicato e pieno di sfaccettature che pur toccando l'affascinante tema dell'accettazione della morte come parte integrante della vita, lascia perplessi per la sua costruzione e il suo ritmo originali, ma anche vagamente oscuri.

Dopo che Brad Pitt e Cate Blanchett avevano forzatamente ceduto il proprio posto rispettivamente a Hugh Jackman e Rachel Weisz, il progetto è potuto partire con un budget sensibilmente più ridotto dando vita a un "fantasy da camera" in cui l'esercito di conquistadores spagnoli è composto da sei (6...) persone e in cui gli effetti visivi non sembrano né convincenti, né - tantomeno - coinvolgenti. Ma non è questo l'elemento determinante. Non sono né gli effetti, né tantomeno il numero di comparse a disposizione a costituire un problema: è la trama a lasciare sinceramente dubbiosi e perplessi: un uomo, dalla Spagna del XVI secolo, compie un epico viaggio fino al futuro per ricercare la Fontana della Giovinezza che, secondo la leggenda, offre l’immortalità. Ai giorni nostri, uno scienziato, Tommy, cerca una cura per salvare sua moglie dal cancro che l’ha colpita mentre, nelle profondità dello spazio, un astronauta (ma è veramente tale?) del ventiseiesimo secolo svelerà il mistero che ha attraversato i secoli.

Tutto questo con un legame visivo e spirituale francamente debole con una lunga serie di ripetizioni che fanno sembrare The Fountain sensibilmente più lungo di quanto sia in realtà.

Nonostante il film tragga molta forza dalla bravura dei suoi attori e dalla straordinaria partitura orchestrale del grande Clint Mansell, il film resta non solo fragile e oscuro, ma anche profondamente deludente.

Lo sviluppo di tre storie (ma sono davvero tre oppure è una sola con "dérive" spirituali tra passato e presente?) è costruito sul rapporto tra la ricerca della cura per il cancro e un albero (quello della Bibbia, del giardino dell'Eden ovvero l'albero della vita…) trovato da un missionario francescano. Difficile desumere chiaramente il senso della pellicola che punta a mostrare l'accettazione della morte come parte integrante della vita nell'ambito della ricerca dell'immortalità.

L'amore di un uomo per sua moglie lo porta ad un disperato tentativo di trovare una cura, mentre - sul libro scritto da lei - trova la storia del soldato spagnolo alle prese con una civiltà centro americana.

The Fountain soffre di un'eccessiva cura per la struttura narrativa (pulita, ma fragile) a dispetto dei contenuti che 'scivolano' fino ad arrivare ad un finale di non facile comprensione. Alla fine il film vorrebbe riflettere su come - spesso - la salvezza arriva quando è troppo tardi, ma - la sua ora e mezza di durata piena di momenti ridondanti, lascia lo spettatore se non confuso, quantomeno perplesso da una messa in scena non all'altezza delle aspettative.

Frammentario e, forse, in alcuni momenti perfino privo di vera sostanza, The Fountain è un intrigante collage di buone idee che si tengono insieme con molte difficoltà. Non divertente e - talora - foriero di un umorismo involontario, il film lega con difficoltà i tre segmenti temporali che sembrano restare fini a se stesso. Più New Age che Fantasy, più metafisico che coinvolgente, la pellicola soffre di una sceneggiatura interessante trasformata, però, in un film di scarso appeal sotto il profilo squisitamente visivo ed emotivo.

Amore e morte, vita e speranza sembrano non legarsi al meglio nella prospettiva escatologica della conquista dell'eterna giovinezza. Difficile credere che si tratti di un film davvero troppo ambizioso per un regista di talento come Aronosfky, ma anche molto complicato pensare - come chiede l'autore - di vedere il film un paio di volte prima di "capirlo"… Una è più che sufficiente per pensarne - ahimè - "male". Soprattutto perché quello che manca al film era il talento ipnotico dei due lavori precedenti e, soprattutto, la vocazione per un cinema originale e di rottura.

Densa di un simbolismo eccessivo e il più delle volte banalmente inutile, questa pellicola è una delle più grandi delusioni dell'annata cinematografica. Da un regista come Aronofsky, infatti, era giusto attendersi di più: molto, ma 'molto' di più per un progetto tanto originale quanto ambizioso nel suo farsi espressione di un cinema dell'assoluto diverso e coinvolgente.

Un vero peccato che duole al pubblico prima ancora che, evidentemente, al regista la cui determinazione fa sfociare il film in noia con lo spettatore portato a sospettare che la sua sia,forse, addirittura presunzione...