gli aneddoti di Vittorio Curtoni

Da piccolo sognava di vivere di fantascienza. Purtroppo il suo sogno si è avverato.

Memories of green

Ovvero: Appunti disordinati per la Fancon 2000

Non sappiamo se Delos sia entrato nella storia della fantascienza italiana, ma sicuramente la storia della fantascienza italiana è entrata in Delos. Vittorio Curtoni, già direttore delle mitiche riviste Robot e Aliens - e comunque un bel po' mitico già di suo - ha accettato di portare sulle nostre pagine una collezione di gustosi aneddoti del fandom e dell'editoria italiana. Ah, per sua volontà, il sottotitolo di questa rubrica è "i farneticanti ricordi del vecchio vic". Almeno sapete cosa aspettarvi...

L'ospite a sorpresa: la neve! Sabato 29 aprile. Mi sveglio di buon'ora (le 9, che per me sono ciò che per altri sono le 3 del mattino), guardo fuori dalla porta finestra della camera, e vedo tutto bianco! La prima spiegazione che mi balena alla mente è questa: è atterrato un UFO e ha depositato Sergio Fanucci a Courmayeur. Dopo un paio d'ore mi rendo conto che durante la notte ha nevicato. Intanto piove ancora, e la deliziosissima neve si scioglie in pozzanghere che mi fanno filtrare un bel po' d'acqua nella scarpa destra. La mia gola comincia a irritarsi, ed entro sera diventerà un vero tormento. Anche perché io, da bravo imbecille, la torturo con un numero eccessivo di sigarette. Okay, il classico caso di Cretinetti in vacanza.

Il centro congressi è un ribollente magma umano. Davanti all'ingresso incontro un pelatone dal fisico disumano: Franco Clun, detto lo Schwarzy della sf italiana! Che uomo. Molto meglio non farlo incazzare. Tra i nuovi arrivati, il gruppo di listaroli composto da Andrea Jarok, Kremo, Beba, e Babs, quest'ultima arrivata apposta da Parigi per conoscere le nostre belle facce da fessi. Con Babs do subito prova delle mie disumane capacità mentali dicendole: "Ehi, ma io ti conosco. Ci siamo già visti da qualche parte, son sicuro." Infatti non ci eravamo mai incontrati in vita nostra. Lei resta molto colpita. Arriva anche il Vecchio Caprone, meglio noto come Adalberto Cersosimo, con barba e sorriso perenne come sempre. Essendo antichi commilitoni fantascientifici (incredibile ma vero, ci conosciamo dal 1965), ci mettiamo a parlare degli acciacchi della vecchiaia. Si fa a gara a chi sta peggio, e purtroppo finiamo alla pari: periartrite e sinusite cronica per entrambi! Tento di sconfiggere Adalberto dicendogli: "Io però un po' di anni fa ho passato una broncopolmonite", ma il verme è appena reduce da due bronchiti, e la situazione di stallo perdura.

La sala delle conferenze gremita. Il primo a destra che guarda in camera è l'acciaccatissimo Cersosimo.

Arrivano l'Alessandro Vietti e il Marco Perello e Paolo Bertetti e Alberto Cremonini e vari altri torinesi. Dalle sperdute lande nelle quali vive è risalito al frigido nord Alberto Cola, il quale voleva tra l'altro dimostrare al sottoscritto di non temere i più inenarrabili patimenti ferroviari. Onore al merito. Maestoso, fa il suo ingresso il trio folkloristico dei Mongini, composto da Claudia, Manuela, e Giovanni (o Vanni che dir si voglia). L'ultima volta che ho visto Vanni, nel novembre 1999, era a dieta, ma qualcosa deve essere andato storto: la sua pancia da uomo incinto al settimo mese è ora una panza da ottavo mese! Noi due cominciamo a prenderci per i fondelli come facciamo da qualche secolo. Ho poi il conforto del dolce abbraccio di Maria Concetta De Vivo, Milena Debenedetti, e Annamaria Bonavoglia (la strega di Torino!), amiche di list & consorelle spirituali. Last but not least, Maria Cristina Pietri, che in list non sta pero' condivide con me la triste sorte del traduttor cortese. Ohi ohi.

Sergio Giuffrida, detto "mitraglietta" Il programma della convention, a causa delle inevitabili defezioni dell'ultimo minuto, subisce continui mutamenti. In mattinata si celebra la presentazione di Strane Storie, una rivista giunta al secondo numero (dopo altri quattro prodotti sotto gli auspici della facoltà di Lettere dell'università di Torino). Curata da un trio di ragazzi torinesi che ce ne illustrano la genesi, ha avuto il coraggio di affacciarsi in edicola, puntando tutto sulla pubblicazione di racconti diversi di autori esordienti. La comunità intera fa i suoi migliori auguri. Poi, splendido colpo di teatro: per la serie A volte ritornano, incede regale nella sala delle conferenze Sergio Giuffrida, che non vedevo da una ventina d'anni, il quale è lì per presentare le giornate varesine di maggio dedicate al cinema fantascientifico, ma ovviamente non si accontenta di questo miserabile compito, e riesce a parlare per un'ora secca di tutto e anche di qualcosina in più, compresa la triste situazione della disoccupazione giovanile in Europa. Apre una serie impressionante di incisi per ogni argomento che affronta e non perde mai il filo. Dà la netta impressione di essere un prototipo di intelligenza artificiale. Il toastmaster è ammutolito (e fare stare zitto Ragone è MOLTO difficile), il pubblico annaspa. Enrico Rulli, seduto al mio fianco, sta per perdere i sensi. Grande Giuffrida. Nessun altro avrebbe potuto fare tanto!

Un momento particolarmente interessante della conferenza di Fanucci. A tavola si verifica il grande evento: arriva... Sergio Fanucci, penseranno i miei cinque lettori. Ebbene, no: arriva Luca Masali, che lascia tutti di sasso perché nessuno lo aspettava, avendo egli dichiarato una sublime indifferenza alla convention e ai riti che propone. A quanto pare, la sua compagna di vita, Angela, lo ha piantato in asso per andare non ricordo più dove, e così Luca, triste y solitario, ha preferito tornare sulle proprie decisioni e ha preso la strada del Monte Bianco. Però viaggia in incognito: il badge che gli penzola dal giubbotto porta il nome di un evangelista diverso da Luca, cioè Matteo. Per la precisione, il nome per intero recita Matteo Campini. Chi ha orecchie per intendere, intenda.

Il pomeriggio è schizofrenico. La convention si divide in due tronconi: nella saletta piccola, conferenze varie delle quali nulla ahimè so dirvi, non avendole frequentate; nella sala grande, quella attrezzata di schermo eccetera, ha inizio il convegno sul libro elettronico promosso da Gianfranco Viviani. Una sua introduzione, e poi via con la proiezione di un documentario della televisione svizzera dedicato al tema. Quel che mi è rimasto più impresso di quelle immagini è l'interno della casa del sociologo Franco Ferrarotti, il quale ha migliaia e migliaia di libri sparsi da per tutto, persino sui gradini della scala tra il primo e il secondo piano. Ferrarotti tuona contro il libro elettronico, difende a spada tratta la carta stampata; gli fa eco Inge Feltrinelli. Terminata la proiezione, un rappresentante della Microsoft, Fabio Falzea, sale sul podio e, aiutato da una lunga serie di didascalie, sviscera le prospettive dell'editoria elettronica, dell'e-book. Il quadro che si apre è sconcertante: libri scaricati direttamente da Internet, letti con gli appositi supporti dei quali esiste già una prima generazione (ancora piuttosto costosetta, però), aggeggini che stanno in tasca e che permetteranno di andare in giro con migliaia di libri pesanti non più di pochi etti. Pensate a quanto diventeranno leggeri gli zaini dei nostri ragazzi che vanno a scuola!, dice l'uomo della Microsoft. Verissimo. Indiscutibile. Però, il profumo della carta, dell'inchiostro, la sensazione tattile del caro vecchio libro... Ci si potrà anche abbonare a riviste e quotidiani, sempre scaricandoli da Internet e ricevendone versioni personalizzate in base agli interessi del singolo lettore.

Il che, fra parentesi, permetterà alle aziende di investire in campagne pubblicitarie per via elettronica estremamente mirate, dopo avere individuato le varie tipologie di lettori. A Falzea sembra una fulgida prospettiva; a me, che odio la pubblicità, pare solo una rottura più intensiva e forse più efficace di altre. Staremo a vedere. Il dibattito si accende vivacissimo alla fine della conferenza, e bisogna senz'altro ammettere che l'esperto della Microsoft ha una preparazione formidabile: è chiarissimo nell'esposizione, motivato da un entusiasmo che si può toccare con mano. Da tutto ciò che dice appare evidente che una grande rivoluzione è alle porte e sta per pioverci addosso. Stando alle sue stime, nell'arco di una decina di anni il libro elettronico sarà diventato la norma nelle scuole e avrà già abbondantemente cominciato a prendere piede in tutta quanta l'editoria. Un'idea che non posso contestare. La mia soggettiva opinione è che si tratterà di una metamorfosi destinata a durare qualche generazione, e probabilmente per i nostri pronipoti l'e-book sarà la cosa più normale di questo mondo, e la produzione di libri cartacei si ridurrà a un rivolo di scarsa consistenza, con prodotti ad alto costo per pochi conservatori; un po' come è successo ai dischi di vinile dopo l'avvento del cd, insomma. Son contento? Son infelice? Né l'uno né l'altro. Di certo prima o poi anch'io mi comprerò il mio lettore di e-book, soprattutto perché non so resistere al fascino dei nuovi gadget, ma la mia biblioteca cartacea continuerà a crescere e a riempire casa mia fino all'ultimo giorno che vivrò. Anche se mi rendo conto che cose nuove & maravigliose si apparecchiano.

Aspetta, questo lo conosco... non dirmelo, non dirmelo... La sera a cena mi trovo di nuovo a fianco di Gianfranco Viviani e Morgan Llywelyn, che avevano cominciato a mangiare da soli, a un tavolo per due, ma vengono costretti con la forza a unirsi all'immane truppa. Morgan mi lascia sempre più esterrefatto: scopriamo di avere gli stessi identici gusti per quanto concerne autori e film dell'orrore, un tipo di narrativa che entrambi adoriamo. Si parla di Lovecraft, di M. R. James, di Henry James, di Peter Straub. Ci mettiamo in coro a cantare le lodi del sublime Theodore Sturgeon, e Morgan, furbetta, mi guarda con quei suoi occhi tanto vispi, punta l'indice su me, e dice: "Però scommetto che c'è un libro di Sturgeon che tu non hai mai letto. Un romanzo di horror psicologico che si intitola..." "Some of Your Blood!" la interrompo trionfante (in italiano è Qualche goccia del tuo sangue).

Morgan resta di sasso, veramente a bocca aperta. Si mette a scuotere la testa e a ripetere: "Ma non ci posso credere! In Irlanda nessuno conosce questo libro! E tu lo hai letto!" Eh eh. A mettersi col nonno della sf italiana c'è da scornarsi.

Le chiedo se conosca Stephen King, e questa volta a restare ammutolito sono io: scopro che per mi pare tre anni lei e King sono stati dirimpettai, quando entrambi abitavano in Maine. Avevano due case l'una di fronte all'altra. "E' un grande scrittore e un uomo gentile," mi racconta "però non è normale. E' un po' matto. A volte lo incontravo per strada, e ci mettevamo a chiacchierare di questo e di quello, e a un certo punto, senza dire niente, lui girava sui tacchi e se ne andava senza neanche salutare. Ti pare normale?" No, non mi pare. "Una volta," continua "l'ho visto a una convention. Stava parlando, circondato da centinaia di fan adoranti che pendevano dalle sue labbra. Be', dopo un po' Stephen ha strillato Levatevi tutti dai piedi! come un indemoniato, e quei poveretti sono tutti scappati via." Le chiedo se conosca Harlan Ellison, l'énfant terrible della fantascienza americana. "L'ho visto una sola volta, a New York," mi dice. "Harlan e io abbiamo in America lo stesso agente letterario, che si era appena fidanzato e voleva fare colpo sulla sua ragazza, così ha invitato a pranzo un paio di scrittori, Harlan e me. Harlan è alto come un mezzo tappo. E' arrivato e si è seduto all'altro capo del tavolo rispetto a noi. Allora il nostro agente gli ha detto Harlan, vieni qui, voglio presentarti la mia fidanzata, e lo sai cosa ha fatto Harlan? Si è alzato dalla sedia, è salito sul tavolo, ha percorso tutto il tavolo, è andato a stringere la mano alla fidanzata dell'agente, poi è tornato al suo posto sempre camminando sul tavolo. I clienti del ristorante lo guardavano stupefatti." E ci credo.

Ah, deliziosi aneddoti di una affascinante scrittrice!

Vanni Mongini in tutto il suo splendore In albergo si tira di nuovo fino all'una e mezzo, anche se io sono ridotto a uno straccetto. A quell'ora, pietoso, Viviani mi guarda e mi fa: "Cosa dici? Noi due vecchietti andiamo a letto?" Vorrà anche farmi fuori come traduttore, ma la classe non è acqua.

Il gruppone è molto più folto di quello della sera precedente. Tra i nuovi arrivi, da segnalare Alfio Sciuto, giunto a Courmayeur in compagnia di Caterina Mortillaro. Chiacchiere a non finire, col Vegetti che si è finalmente deciso a estrarre il suo computer portatile e mostra a Morgan Llywelyn gli imponenti dati della di lei bibliografia italiana. Morgan è ancora una volta incredula.

Messa al tappeto dalla sapienza catalogatrice di Ernesto, conclude: "Io non esisto. Sono solo un frammento della tua immaginazione." Qualcuno sussurra di avere intravisto Sergio Fanucci nei corridoi dell'hotel, ma si tratta di semplici, tipiche allucinazioni da secondo giorno di convention. Prima che io riporti le stanche membra in camera, anche Vegetti ha la sua brava visione mistica: girandosi a guardare Elisabetta Venier, seduta sul divano di fronte a lui, scopre che ha tre mani e due braccia e mezzo! Mi informa tutto concitato, poi controlla meglio e vede che la mano e il mezzo braccio superflui appartengono a Silvio Sosio, dandosi il caso che si tratta della coppia, fantascientifica o no, più incollata e disincollabile che occhio umano abbia mai rimirato. Buon pro vi faccia, cari ragazzi.

Nella prossima puntata: domenica e lunedì mattina, e poi finalmente si torna a casa, oh yes.

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