Da un articolo del gazzettino locale La voce di Minsk: Ritrovato l’oggetto onirico fuggito tre anni fa dal laboratorio di Bio-cyber, reparto Ricerche sui Sogni. L’oggetto, come nelle migliori tradizioni dei romanzi gialli, è tornato sulla "scena del delitto" ed è stato immediatamente riconosciuto e catturato. Successivamente, come da procedura, è stato portato nella stanza di annichilazione. Così termina un caso che aveva fatto discutere per mesi e mesi i media nazionali, e che aveva fatto arrovellare le migliori menti delle forze di polizia, senza mai trovare il bandolo della matassa. Nel laboratorio si continua a sperimentare per arrivare, un giorno che si spera prossimo, alla decodifica e alla relativa materializzazione dei sogni umani.
Diverso?Vassily, seduto su una banchina del fiume che divideva in due la città, si teneva forte la testa tra le mani. Gli sembrava che pesasse tonnellate, una palla di cannone posata su un fragile collo umano fatto di carne.

- Diverso? - urlò al vento. Nessuna risposta, nessun eco.

Diverso? Si ripeté mentalmente, quella che doveva essere la millesima volta.

Osservò l’acqua dove si formavano dei mulinelli, forse a causa di pietre sporgenti sotto il letto del fiume. E’ come le nostre vite, pensò, veniamo risucchiati in vortici di caos, attrattori di disordine, senza sapere perché, senza poter vedere la pietra che li ha generati.

Si alzò e mise per metà i piedi fuori dal ciglio in sospensione sull’acqua. Rimase in un dondolio ipnotico per qualche minuto.

Sì, lo devo fare. A questo punto della mia vita in cui tutto è andato in fumo, devo trovare il coraggio per porre fine a questa storia…

Così dicendo si girò su se stesso e riprese la rampa di ciottoli verso la strada del ponte.

Lo devo fare! Mi consegnerò agli umani.

Il tramonto colmava il paesaggio, ma non la sua anima vuota.

Da un articolo del gazzettino locale La voce di Minsk: Le autorità governative, in un bollettino congiunto con il laboratorio di Ricerche sui Sogni, affermano d’aver trovato un secondo manufatto fuggito precedentemente dal centro Bio-cyber. Solo ieri è stato preso quello che da ben tre anni vagava indisturbato per la nostra città. Si procederà, il più presto possibile, all’eliminazione dell’oggetto.
- Dai, Vassily, stai tranquillo. Seguimi con calma e non soffrirai per niente - disse lo scienziato con il camice e l’arma d’acciaio in pugno. Il camice bianco era di un candore celestiale. Vassily era affascinato da quella lucentezza, così come un toro lo è dal fulgore della muleta scarlatta e ignora il lampo della lama nella mano del matador.- Ma Alexander, fino a ieri eravamo colleghi, abbiamo fatto delle ricerche insieme, non ti ricordi? Come puoi farmi questo?

- Non complicare le cose, sai benissimo perché. Lo puoi capire molto bene anche nelle tue condizioni - fece una pausa per aprire la porta della "stanza".

- Ora entra qua dentro e cerca di non pensare. Non devi aver paura, non sentirai niente.

Vassily entrò a testa china, non aveva altra scelta, la sua fine era stata già scritta prima che nascesse. La cosa che però lo feriva di più era il comportamento del suo collega. Lo stava trattando come una cosa, un diverso.

Diverso? si ripeté mentalmente Vassily.

- Io penso, amo, sogno. In che cosa sono diverso da voi? - disse ad alta voce, ma l’amico non poteva sentirlo, la porta a tenuta stagna si era già chiusa. Sigillata. Lui continuò lo stesso: - Perché mi condannate? La mia colpa è forse quella di aver osato sperare in una vita come la vostra? La mia colpa è stata forse quella di essere un sogno che aveva sognato un altro sogno?

Lacrime, non esattamente uguali a quelle umane, pensò Vassily, scesero sulle sue guance.

- Non ho forse amato mia moglie e mio figlio con tutta la forza possibile? In che cosa ho sbagliato? Avete forse invidia della mia immortalità? Dovreste, per una volta almeno, provare voi stessi questo stato di paura perenne. Questo senso di preda in fuga da orde di cacciatori affamati. Solo una volta…

Il suo ultimo pensiero volò verso il suo amico e creatore: Fred. Lo immaginò felice e giocoso nella piscina, con la sua risatina irriverente.

Una forte luce. Bianco.

BIANCO.

Poi più nulla.

- Ciao Fred! - disse Ranya rivolta al cetaceo impegnato in veloci evoluzioni tra i galleggianti.

Il delfino si fermò di botto, come una macchina che inchioda prima di investire un gatto, e fissò la donna.

- Sai chi sono, vero Fred?

Il delfino non si mosse.

- Ti volevo solo dire che ho seppellito le sue cose dietro il giardino di casa, in suo ricordo. Io gli ho voluto molto bene, Fred. Grazie per avermi dato questa opportunità. Per me è stato un sogno nella migliore accezione del termine. Senza le tue fantasie, sarei rimasta sempre da sola e non avrei conosciuto l’amore. Questo mondo non me lo avrebbe permesso. Non avrei mai avuto un marito e addirittura un figlio. Grazie.

Il delfino continuò a restare immobile, ma i suoi occhi sembravano penetrare lo spazio tra di loro come raggi laser balenanti nel buio del cosmo.

Ranya si voltò e, con le lacrime che gli rigavano il volto, tornò verso il parcheggio riservato ai visitatori.

Nel profondo del suo cuore, una vocina sottile, gli stava ripetendo una frase solo inizialmente incomprensibile: L’ho sognato per te… L’ho sognato per te… L’ho sognato per te… L’ho sognato per te!

Pausa. Silenzio. Orecchie che fischiano. Si sente il mare…

Ranya, disorientata, si voltò e scorse un gruppo di persone che parlottavano. Si dette della stupida e continuò verso la macchina.

Ancora: Lo sognerò per te… Lo sognerò per te… Lo sognerò per te… Lo sognerò, ancora, per te!

Ranya abbozzò un sorriso, non sapeva perché. Era come quando, con la pioggia, esce anche il sole. Una cosa strana, conflittuale.

Improvvisamente si sentiva serena come se a casa ci fosse ancora suo marito e suo figlio ad aspettarla.

Un sogno a occhi aperti.

Ma forse, pensò mentre guidava, la nostra vita non è solo un sogno fatto da qualcun altro?

Forse non siamo altro che un miraggio della nostra persona amata?

Attraversò il vialetto del giardino in un attimo. Cercò frettolosamente le chiavi e, con impazienza, le infilò nella toppa, girandole e spingendo quasi contemporaneamente.

Sentì sui polpastrelli il ruvido del legno, non ci aveva mai fatto caso prima. Ci sono dei gesti che si ripetono immutati per tutta la vita, senza averne coscienza, finché… finché qualcosa non cambia drasticamente e ci fa vedere le cose da un’altra angolazione. Ora poteva percepire anche le singole scaglie di legno e la loro temperatura tiepida, il sole era appena tramontato bagnando con un ultimo raggio il suo uscio.

Spalancò la porta e attese nel buio. Odore buono di casa, odore di Vassily e Ivan.

Forse era solo una mera speranza, o forse un sogno.

Ma, anche se fosse, che differenza c’era?

Diverso?

Affatto.

Secondo la leggenda,

una notte Chuang Tzu sognò di essere una

farfalla

e di poter volare in estasi tra i fiori.

Svegliatosi di soprassalto,

fu colto da un dubbio,

infatti, Chuang Tzu non riusciva a capire quale fosse il suo

vero essere:

era un uomo che aveva sognato di essere una farfalla

o una farfalla che in quel momento sognava di essere un

uomo?