Il corridoio che stavano percorrendo era poco illuminato ma le indicazioni fluorescenti sul pavimento non lasciavano dubbi sulla direzione da seguire. Sulle pareti il simbolo dell’Ordine - Labirinto si ripeteva con regolarità più o meno ogni venti passi. Era proprio grazie a loro se lui ora si trovava in quella situazione, ma c'era una differenza rispetto alle altre trecento persone che erano state scelte per quel viaggio. Lui era l'unico che sarebbe rimasto cosciente e attivo per tutto il tempo, non per dirigere, pilotare o prendere un qualche tipo di decisione, no, una nullità come lui non poteva accollarsi simili responsabilità, più semplicemente sarebbe stato l'animale da compagnia del computer di bordo. Questo sì che era avvilente. Ancora adesso si domandava come e perché si era lasciato convincere. Aveva mille buone ragioni per non accettare, eppure quando si trovò in quella stanza, davanti all'esile figura di Homn non riuscì a spiaccicare una parola. Lui stava li, avvolto nella sua tunica color ghiaccio, non c'era nessun altro all'infuori di loro due, un cappuccio copriva il suo volto ma gli occhi... Ledeo poteva vedere, anzi no, sentiva la forza di quello sguardo. Era una sensazione spiacevole, come se qualcuno lo avesse afferrato di forza per i polsi e lo costringesse a guardare il lato più nero del proprio animo. Si sentiva terribilmente in colpa anche se non sapeva per cosa. Non aveva idea del perché fosse stato portato lì. Avrebbe voluto rifiutare l'invito ma sapeva bene di non poterlo fare. Se era riuscito a campare con i propri dipinti lo doveva a loro. Così come doveva a loro la sua educazione. Quindi non gli rimaneva altro da fare che stare zitto e ascoltare. Aveva già sentito parlare del progetto T. I'A. ma fu in quella stanza che venne a conoscenza del suo ruolo nella storia Lui era stato scelto. Il suo compito sarebbe stato di vitale importanza. Era stato selezionato come pietra di paragone per la crescita neuro - simbiotica di Madres. A Ledeo si gelò il sangue. Sapeva che questo significava un viaggio di 15 anni in balia di un computer e di quel manichino trasformista denominato M.I.S.. Eppure non poté fare a meno di rispondere: - Si, non c'è problema. - Ma non era quello che voleva dire, la lingua se n’era andata per i cazzi suoi e ormai non poteva più tirarsi indietro. Sicuramente se ci avesse provato sarebbe stato eliminato senza troppi pensieri, nessuna delle persone che era stata messa al corrente del progetto T.I.’A. poteva cambiare idea senza incorrere in qualche strano incidente.Finalmente arrivarono in fondo al corridoio, le pesanti paratie si aprirono senza sforzo apparente per svelare agli occhi di Ledeo il più gran miracolo di ingegneria spaziale della sua generazione. La Novak era li, in tutta la sua silenziosa e lucida perfezione e tra poco lo avrebbe accolto nel suo ventre. Per un momento Ledeo rimase immobile a guardare quell’improbabile scialuppa di salvataggio per il genere umano.L’hangar che la ospitava era immenso. Come pure il dispiegamento di uomini mobilitato per costruirla. Non avevano certo badato a spese. I migliori professionisti erano stati chiamati per realizzare quell’opera.

Quella nave era stata progettata appositamente per affrontare il lunghissimo viaggio. Possedeva un sistema rigenerativo mai visto prima, era in grado di auto riparare danni anche del quaranta per cento senza troppi problemi. I suoi motori non avevano eguali, oltre alla normale propulsione ionica potevano avvalersi della così detta "spinta ferma", un sistema che consentiva alla Novak di compiere brevi salti nel sub - spazio e quindi bruciare enormi distanze in brevissimo tempo.

Ma la cosa più incredibile era senza dubbio il computer di bordo. Su di lui sarebbe gravata la totalità delle scelte da compiere e sempre lui avrebbe fatto in modo che fossero eseguite. Era l'anima dell'astronave e non tanto per dire! Madres non era solo un calcolatore elettronico estremamente avanzato, era il primo prototipo di evo - computer, cioè era in grado di imparare dai propri errori attingendo alle esperienze passate. In poche parole era in grado di evolvere costantemente.

Nonostante queste rassicuranti premesse Ledeo continuava ad avere seri dubbi sulla riuscita della missione.

Ancora non sapeva se veramente quella meraviglia tecnologica avrebbe cambiato la storia del suo popolo, di certo la sua vita non sarebbe stata mai più la stessa. Il fatto era che Ledeo non sapeva neppure dire se questo fosse un male o un bene.

II

La Novak non sarebbe partita prima di un paio di giorni quindi a Ledeo non restava che passare la notte in un “tunnel”.Prese il numero corrispondente al suo posto e si avviò alla parete nord.Sembrava un’alveare. Enorme, scuro e metallico. Un’intera parete formata da cunicoli esagonali. Un letto, una luce, uno scarico: il tunnel.Considerando che si trattava di un servizio gratuito per i viaggiatori non si poteva andare tanto per il sottile.

Fu una nottata indimenticabile. L’odore di sudore stantio era insopportabile, il letto era poco più di una branda. Come se non bastasse quelle poche volte che Ledeo riusciva ad assopirsi i sogni si impastavano alla realtà trasformandosi in incubi. Immagini inafferrabili che lo facevano svegliare di soprassalto con il fiato in gola. Sognava di cadere. Precipitava senza fine in un tunnel di nero.

Solo verso il mattino riuscì ad addormentarsi un po’.

Al risveglio non ricordava nulla degli incubi ma un forte senso di freddo e disagio si era alzato con lui e non sembrava intenzionato a mollarlo troppo in fretta.

Ormai mancava poco alla partenza. Quasi tutti i passeggeri erano già passati allo stato di "vita sospesa", ognuno alloggiato nella sua capsula. Il corridoio che li alloggiava appariva del tutto simile all’immenso alveare in cui aveva dormito la notte prima, solo che questo era molto più piccolo ed era costruito in vetro e metallo di grande qualità. Gli uomini sembravano larve, nell’attesa di assumere la loro forma definitiva prima di uscire e vivere. Provò invidia per quei corpi addormentati. Per loro il viaggio sarebbe stato un lungo sonno senza sogni. Per lui invece un’interminabile agonia.

Ledeo stava ancora ispezionando la sua stanza quando la Novak incominciò la sequenza di lancio.