Dopo lunghi anni di oblio, Marte da qualche tempo sembra tornato di moda, sia nel campo più specificatamente scientifico che in quello fantascientifico e negli ultimi anni in Italia sono stati stampati nuovamente alcuni romanzi che hanno per protagonista il pianeta rosso.

Noi vogliamo affrontare il dio della guerra dal nostro punto di vista, quello delle ristampe mancate, e per far ciò utilizzeremo due romanzi: Lester del Rey Veglia sul tuo pianeta (Police your Planet, 1953 ediz. ital. Libra 1974) e David G. Compton Marte, colore di sangue (Farewell, Earth's Bliss, ediz. ital Galassia 209, 1975).

Il minimo comune denominatore tra questi due romanzi, oltre al pianeta rosso, è la colonizzazione di esso, ma si tratta di una colonizzazione sui generis, a base di deportazioni; tra i due romanzi passano venti anni e provengono da due tradizioni diverse, americana il primo ed inglese il secondo, e si vede.

In Veglia sul tuo Pianeta troviamo Marte trasformato nella sentina del vizio del sistema solare, coloni illusi di trovare la fortuna e deportati si fronteggiano sotto una cupola che li protegge dall'atmosfera rarefatta del pianeta. A Marsport l'arbitrio regna sovrano: la polizia è la più corrotta che possa esistere e le bande di criminali la fanno da padrone, non parliamo poi del sindaco. Il ritratto della tipica cittadina corrotta della provincia americana, dove il capo della polizia regge il sacco al sindaco, ed entrambi lo reggono al giudice è quasi da manuale. E la figura dell'editore-giornalista che stampa il suo foglio con una vecchia macchina tipografica nel garage di casa poi... Ma non ce ne lamentiamo, l'azione è serrata, pestaggi e sparatorie compaiono ad ogni pagina con regolarità quasi paranoica e tra una scazzottata e l'altra il protagonista ha persino il tempo di imbastire una tormentata e conflittuale storia d'amore con la sua arcinemica che terminerà nel più bieco dei "vissero felici e contenti". Però il romanzo dall'inzio alla fine fila come un treno e questo è l'importante, e qualcuno, preso dall'azione, potrà anche non accorgersi come la società ritratta, anche se con il volto devastato da un ghigno sinistro, sia un po' troppo simile alla nostra.

In Marte colore di sangue, le cose sono completamente differenti. Il romanzo, come ci si può attendere da uno scrittore inglese di fantascienza, è più psicologico che d'azione e certo non ha nella trama il suo punto di forza. Qui non troviamo accenni a coloni volontari, i disgraziati sbattuti su Marte sono tutti deportati, per reati comuni ma soprattutto di opinione. Non esiste neanche una vera e propria colonia, quanto un microscopico insediamento, pomposamente battezzato Colonia, perennemente sul punto di soccombere per la fame o di essere spazzato via da una tempesta di sabbia. In questo caso Marte può essere considerato a buon diritto il pianeta dei dannati.

Colonia è un piccolo universo concentrazionario che condanna a morte inesorabilmente chiunque sia considerato troppo pericoloso per il mantenimento dello status quo della minuscola società: gli omosessuali, i ribelli. Un assassino, un rapinatore di banche, possono essere meno destabilizzanti di una maestra condannata per aver alterato gli insegnamenti ufficiali. Ma la vita è così dura che la fredda via d'uscita può rappresentare una liberazione. Nel romanzo non troviamo un protagonista vero e proprio se non Marte, ma assistiamo alla lotta per la vita di un piccolo gruppo di deportati appena arrivato, ed alla loro progressiva decimazione. Qui non troviamo la frenesia di Veglia sul tuo pianeta, l'azione è scarsa, non assente ma meditata. È evidente che l'interesse di Compton è più rivolto al ritratto della società ed allo scavo dei personaggi che alla trama per la trama. E proprio per questo, anche il ritratto di Marte balza fuori dalle pagine del romanzo con una maggiore vivezza. Marsport potrebbe essere in Messico, in Alaska, uno dei bassifondi di San Francisco cari a Raymond Chandler ma Colonia può essere solamente su Marte.