Questa volta ci occupiamo di viaggi nel tempo e tra la non vasta serie di romanzi dedicati a questa tematica ne scegliamo due che saranno probabilmente ignoti ai più. Non sono infatti tra quelli che vengono citati normalmente parlando dell'argomento, né possono essere definiti due classici, ma fanno parte di quell'onesto artigianato che raramente delude. Stiamo parlando del romanzo di Manly Wade Wellman Due volte nel tempo (Twice in time 1940--51, ed ital. Galassia 5, Celt 1961) e di Wilson Tucker Mi chiamo Ben Steward (The Lincoln Hunters, ed. ital. I Romanzi del cosmo 57, 1963, rist. Alla ricerca di Lincoln, Cosmo Argento 133, Ed. Nord Milano, 1983) Due volte nel tempo è un romanzo che probabilmente non vedrà mai più la luce in Italia, è anzi strano che sia mai stato pubblicato. Intendiamoci, il romanzo è molto godibile, ma è come scoprire di sapere a pagina 5 se il protagonista sposerà la bionda o la bruna, o sapere a pagina 10 con matematica certezza che l'assassina è la cugina del giardiniere. Probabilmente il lettore americano medio arriverà all'ultima pagina senza minimamente immaginare che Leo, il protagonista che si ritrova proiettato nella Firenze di Lorenzo il Magnifico, passerà alla storia come Leonardo da Vinci e per lui sarà un bel fuoco d'artificio finale, ma per il lettore italiano a malapena attento il problema non si pone, a pagina dieci ha già capito tutto. Questo è un peccato perché il romanzo è divertente, decentemente scritto, senza troppi capitoli inutili (un autore degli anni 80--90 ci avrebbe messo almeno altre cento pagine) e tutto sommato anche accurato dal punto di vista della ricostruzione storica, quanto meno, un italiano può leggere della Firenze narrata da Wellman senza rotolarsi dalle risate, cosa che, non trattandosi di un romanzo umoristico, non stona.

La trama è presto detta, Leo Trasher, con un complesso gioco di specchi si riflette nella Firenze del 1400 dove cade sotto l'influenza di Guaracco, uno stregone che si serve delle conoscenze scientifiche di Leo per arrivare alla corte di Lorenzo il Magnifico. Dopo vari equivoci e vicissitudini, Leo riesce a sventare il complotto dei Pazzi e salvare la vita di Lorenzo, ma è ormai bloccato a Firenze e non può far altro che assumere l'identità di Leonardo da Vinci. Insomma ci troviamo di fronte ad un romanzo di quell'onesto artigianato che ha reso la fantascienza quella che era ed è un vero peccato che, oppresso dalla sua tara irrecuperabile, questo romanzo non venga ristampato, quindi, se qualcuno riesce a trovarlo su una bancarella glielo consigliamo caldamente, malgrado il prezzo.

Ben diverso è l'assunto di Mi chiamo Ben steward. Il nome di Tucker non dovrebbe essere

del tutto ignoto al pubblico, anche se si tratta di un autore non molto prolifico, di cui però si dovrebbe ricordare almeno lo splendido Anno del Sole quieto.Questo romanzo non raggiunge certamente i vertici dell'abilità di Tucker, ma è comunque un ottimo esempio di viaggio nel tempo. Ben Steward fa parte di una società specializzata nelle ricerche del tempo, e vive in un'America dai contorni estremamente vaghi e sfumati ma indubbiamente sinistri. Il romanzo si apre con Steward impegnato in un compito estremamente semplice: tornare nel passato per registrare un discorso di Abramo Lincoln, ma Steward per errore viene inviato sul posto con un giorno di ritardo, ed ha immediatamente la sensazione che nella sua missione, ripetuta il giorno prima, qualcosa sia andato storto... Il romanzo è interessante proprio per questo svelarsi progressivo degli eventi in modo quasi impercettibile, che ha molto in comune con il giallo. Il lettore non può fare altro che continuare a leggere, perché vuole sapere, non tanto cosa accadrà dopo, quanto, se le domande e i sospetti che l'autore ha posto all'inizio della narrazione, avranno risposta.