Ancora una volta, nell'introdurre il VIP oggetto dell'articolo, ci troviamo in grande imbarazzo. Cosa si può dire infatti di nuovo e interessante di un artista come Ballard, autentico titano letterario, di cui si è già scritto, analizzato e criticato di tutto? Com'è possibile tentarne un'imitazione originale (ossimoro che in fondo è il quid di "Sotto Spirito") se il VIP in questione è già uno degli scrittori più presi a modello (e diciamo pure plagiati) dell'intero mondo SF?

Ballard, del resto, è un autore che si presenta da solo, che si è sempre presentato da solo, che ha invariabilmente interpretato la scrittura come un nobile modo per raccontare se stesso, riversando sulle pagine stampate il succo della sua personalità e delle sue riflessioni, dalle drammatiche esperienze infantili (vedi L'impero del Sole) alle bizzarre ossessioni psico-sessuali (vedi Crash) dalle fobie e angosce metropolitane alle cupe riflessioni sull'avvenire (vedi il corposissimo ciclo di romanzi catastrofici). Il suo più grande merito (e coraggio) letterario, forse, è stato lo scegliere, tra la realtà e la propria sensibilità, di imporre la seconda alla prima, coniugando una passione e un'intelligenza non comune a una fantasia da sognatore.

Cosa aggiungere a tutto questo? Professare ancora una volta la smisurata ammirazione che nutriamo per il suo talento? Superfluo. Raccomandare la lettura/assimilazione/adorazione della sua opera omnia? Molte più autorevoli voci già lo fanno, in stato più o meno pronunciato di prostrazione ai piedi del maestro. Citare gli eredi letterari, i maggiori esponenti della corrente fondata da Ballard e irrobustitasi negli anni sulle sue orme? Per carità, esercizi del genere mi fanno pensare alla ricerca dei figli sparsi da Maradona all'ombra del Vesuvio.

Abbiamo un unico messaggio da portare, un solo consiglio per gli occhi attenti dei lettori. Ed è questo: serbate sempre la capacità di ridere dei miti, anche di quelli più titanici e incorruttibili. E non con la piaggeria del giullare, ma con lo spirito libero e anarchico del satiro. Perché solo chi è capace di ridere dei giganti sarà capace, quando necessario, di ridere di se stesso. Perché niente come una risata disincanta e spazza via. Perché quando si è gridato troppo si ha la necessità, e il diritto, di ridere. Perché solo con le diottrie dell'umorismo è sempre possibile scorgere, dietro la superficie del marmo più spesso, l'uomo.

E dopo il consiglio, l'inevitabile apocrifo. Chiunque abbia dimestichezza con lo stile e i tormentoni di Ballard (o abbia visto la pellicola tratta da Crash) non potrà non apprezzare questo Sbrang!. Per gli altri, i lettori totalmente ignari dei temi ballardiani... be', riderete lo stesso, ve lo assicuriamo. E, in più, forse comincerete a guardare alle arterie congestionate delle vostre città con occhio diverso. Buona lettura.

Sbrang!

di James Ballard (?) 

- Laureen, svegliati! La donna aprì gli occhi azzurri, di quella tonalità di colore che si può osservare nei quadri del surrealista Delveaux se si va al museo il mattino presto prima che arrivino i turisti giapponesi e ci si piazza tra il faretto alogeno e la tela.

- Oh, James, mi ero addormentata? - disse al marito, tra la sorpresa e l'imbarazzo - Scusami.

L'uomo, ancora nudo, si mise a sedere sul cuscino color avana pelle d'Impala maschio adulto del Kalahari, di quell'avana così tipico delle stampe di Max Ernst nel periodo alto-tirolese.

- Non fa niente. - brontolò offeso. - Lasciamo perdere.

La donna gli carezzò un ginocchio, magro e affusolato come un soprammobile stile avanguardia middle-west, tentando di consolarlo.

- Lo so che puoi farcela, James. - azzardò - Vuoi che apra i rubinetti del bagno e allaghi la casa, come facevamo una volta?

Lui scosse la testa. - No.

- Ma ti eccitava, ricordi? - insistette lei, speranzosa - Dicevi che le piastrelle sommerse ti riportavano al liquido mondo della tua infanzia uterina. Eri così poetico...

Lui si alzò e avvolse intorno ai fianchi magri un asciugamano di spugna giallina, di quel giallo paglierino che si può vedere nei tramonti polverosi della steppa ucraina, oppure in alcuni modelli pret-a-porter nelle collezioni autunno-inverno di Alphonse Chagal.

- O vuoi che dia fuoco alla tappezzeria e sparga la cenere sul letto in un bello strato alto due dita? - propose ancora Laureen - L'anno scorso, con quel sistema, eri un martello pneumatico.

- No, tesoro. - tagliò corto lui, fissando depresso la propria flaccida appendice anteriore. - Devo riconoscerlo: sto subendo un rallentamento del metabolismo. Dev'essere quel regresso biologico che si manifesta in tutte le forme di vita animale nei periodi immediatamente precedenti a fondamentali metamorfosi.

Lei si affrettò ad annuire. - Ho capito, James: vado a farti il caffè.

Davanti alla tazza del liquido scuro, denso, di quella tonalità di nero che a volte hanno le notti indostane vissute a ridosso delle più alte vette del pianeta, quando neppure le stelle primigenie riescono a dar luce a quelle fantasmagoriche giungle autofaghe e contorte simili a sfoghi di inconsci impazziti, l'uomo si abbandonò a profonde considerazioni.

- Sono tre giorni che non vado di corpo, Laureen.

Lei batté le palpebre, crucciata. - Oh, povero caro. Vuoi che ti prepari una bella purghetta?

- No. Credo che ci scriverò su un romanzo.

- Un romanzo?

- Sì. Ermetico e intimista. Sensazioni profonde suscitate da water di ceramica vuoti, chiavi esistenziali mutuate da bagni di marmo e stucchi abbandonati. Ho già il titolo... "Stronzi di cristallo". Ti piace?

La donna prese tempo aprendo nervosamente il barattolo della marmellata di castagne. Aveva unghie laccate, fiammanti, di un viola da olio su tela scuola fiamminga diciassettesimo secolo, di quella sfumatura di colore che rende unica al mondo la collezione al secondo piano del Museo del Prado, specie se l'osservate con gli occhi enfiati da una gagliarda ingestione di Manzanilla.

- Ehm... - disse titubante - ne hai già parlato al tuo agente, James?

- Non ancora. Pensavo di telefonargli...

- Buona idea. Perché non lo fai?

L'uomo si morse il labbro. - Be', credo di volerlo fare, ma non ho ancora trovato una giustificazione adeguata. Soddisfare i propri bisogni emotivi non è sufficiente: ci dev'essere una ragione più letterariamente valida.

Laureen gli lanciò uno sguardo gravido di ammirazione.