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Emiliano Gokuraku Farinella

Cieli Sintetici Dall'età dell'oro al nuovo oscurantismo


Un viaggio nella nuova fantascienza, nei suoi rapporti con la società e le sue tendenze più originali, alla ricerca degli spunti più promettenti per il futuro del genere che più di ogni altro è pronto ad accompagnarci nel nuovo millennio.

L'età dell'oro è un elemento comune nelle leggende di diversi popoli. Sia nel mito greco, che nella tradizione ebraica si parla di una mitica età dell'oro a partire dalla quale iniziò un lento ma inesorabile declino attraverso diverse ere, fino a giungere in epoca storica.

Secondo la leggenda greca questo stato di beatitudine della Terra terminò quando Pandora sollevò il coperchio del suo temibile vaso infestando il mondo di mali fino ad allora sconosciuti.

Questo declino di splendore avvenne in diversi passi attraverso l'età d'Argento, di Bronzo e le Età Eroiche, giungendo infine all'età del ferro che è il mondo come lo conosciamo: un'epoca di dolore fatica e sofferenza, dove possiamo star certi che varranno quantomeno le leggi di Murphy e se una cosa può andar male, sicuramente lo farà.

Il famoso biologo Gunther Stent, nel suo The coming of Golden Age del 1969 o John Horgan nel più recente La fine della scienza [Adelphi 1998] sostengono una tesi diversa: che la scienza stia arrivando al capolinea e che l'età dell'oro sia quella che stiamo vivendo adesso.

Tesi che in fantascienza, anche se non esplicitamente, è stata ripescata da diversi autori, dai catastrofisti ai moderni cyberpunk.

Stent individua nel progresso un processo, per ragioni sociali, autolimitante. Per comprendere Stent si deve tenere presente che egli scrive nella Berkeley del 69, profondamente scosso dalle contestazioni giovanili che lo colpirono non tanto per gli argomenti (che poteva anche condividere) quanto per la natura di questa protesta che gli sembrava assolutamente anti-razionale e anti-progresso. Stent temeva che la gioventù americana avesse abbandonato la ricerca della conoscenza per non farvi più ritorno.

Il futuro a lungo termine del pensiero razionale non sembrava roseo, e oggi infatti il pensiero razionale non gode di ottima salute, ma nemmeno il progresso si è fermato e c'è ancora molta parte dell'umanità che prova a seguire vie razionali e ha ben acceso il fuoco della conoscenza.

Stent si limitava ad analizzare solo una delle infinite facce del problema, almeno un paio di elementi che rimettono completamente in discussione la questione li vogliamo citare: gli effetti indesiderati di qualunque passo avanti che si faccia sono sovente tali da necessitare di ulteriore studio e rifiniture per inserirsi morbidamente nel contesto preesistente; inoltre a livello sociale non è tanto il livello di benessere complessivo a far da traino, quanto la differenza di livello tra individui o entità geopolitiche.

Sul destino del progresso umano si potrebbe molto discutere, e uno degli strumenti per farlo potrebbe anche essere la fantascienza, una narrativa che forse non crea un'opinione, ma che riesce a cogliere molto bene quella che già esiste.

Cosa è oggi la fantascienza, e dove va?

E' una bella domanda, e ci sono decine e decine di esperti pronti a rispondervi. Vi tireranno fuori il villaggio globale, il virtuale, la dualità virtuale/reale, la commistione di generi, l'ucronia, e qualcuno più illuminato forse vi parlerà anche del melting pot che è sempre più la fantascienza; pochi però credo che menzioneranno Greg Egan, e forse nessuno vi parlerà dell'irrazionalismo e del misticismo.

Sarebbe molto interessante dare una risposta a quella domanda che superi l'approccio usuale e provi a individuare quali sono le relazioni tra la fantascienza e il particolare sentire odierno il mondo che fa sì che irrazionalismo e misticismo prendano piede anche nel mondo fantascientifico. Esiste però un'altra domanda, simile, che potrebbe portarci a risultati interessanti... dove non sta andando la fantascienza e dove non è andata la fantascienza? Quali aspettative sono andate deluse e cosa è successo in questi anni perché il programma spaziale si potesse sostanzialmente arenare tanto nel mondo reale quanto nella fantascienza?

Il progresso non si è certo fermato, ha preso però vie diverse da quelle che si sospettavano agli albori della fantascienza o anche solo qualche decennio fa. E la fantascienza, sotto queste spinte si è notevolmente modificata.

Per i computer fino agli anni '60 non era previsto un grande successo come prodotto di consumo, si pensava a una loro diffusione molto limitata e un utilizzo di carattere quasi esclusivamente scientifico. Invece si facevano grandi progetti per opere di macroingegneria: nel 1900 e nel 1956 vennero proposti due avveniristici progetti per la città di Chicago, il Beacon of Progress, un grattacielo di 457 metri neopiramidale e il Mile High Tower, un'enorme costruzione mai realizzata che sarebbe dovuta arrivare a 1609 metri.

Edifici di queste proporzioni avrebbero dovuto costituire il punto nevralgico di fortissime corporation dagli enormi poteri.

Invece le cose stanno prendendo tutt'altra piega, il palazzo della potentissima Microsoft realizzato nel 1986 a Redomnd (Washington) con i suoi modesti 20 metri è sede di un potere non indifferente, a Detroit Ford e Chrysler hanno abbandonato i grattacieli per passare in campus distribuiti, anche se la General Motors è andata in controtendenza trasferendosi nel Renaissance Center. Spesso è difficile trovare la sede fisica di società importantissime, molto più difficile che nel passato, ma è facilissimo trovare i loro centri di comunicazione, i veri punti di contatto col mondo esterno.

L'era dei grattacieli non è finita, se ne costruiranno, e continuerà la sfida tecnologica a distanza, come pure non è certo terminata l'era spaziale umana, tanto che è ormai in dirittura d'arrivo la prima vera stazione spaziale internazionale e prima o poi si realizzerà la tanto agognata missione umana verso Marte.

E' cambiato però lo spirito. L'attenzione sociale e il fascino della frontiera si è spostato. Il baricentro dell'attenzione umana si è spostato da queste opere grandiose a eventi che promettono una ricaduta più diretta sulla vita di tutti.

Il 2000 è alle porte e un famoso vecchio opuscolo del George C. Marshall Space Flight Center si appresta ad essere clamorosamente smentito: non sfruttiamo praticamente nulla delle preziose risorse sparse per il sistema solare, non siamo più tornati sulla Luna, e non abbiamo ancora toccato con mano alcun pianeta oltre la Terra.

Il programma spaziale, se vogliamo tirare un bilancio, forse potrebbe definirsi fallimentare, questa è l'idea che hanno molti fantascientifici che avevano speranze ben più gloriose e che si rammaricano dell'arenarsi del programma spaziale su missioni che non puntano ad allontanarsi molto dalla Terra.

E' questo anche un fallimento della fantascienza?

La fantascienza, invece di prendere altre vie più intimiste, avrebbe dovuto far tornare la voglia di andare nello spazio?

E' vero che molti addetti ai lavori del settore sono degli appassionati di fantascienza, ma una simile pretesa nei confronti della fantascienza mi pare fuori luogo.

Quel che è successo è invece che il declino dell'interesse per le tematiche astronautiche è coinciso con un smorzamento nella fantascienza dell'interesse per lo spazio esterno, fino ad arrivare a un profondo cinismo e scetticismo di certi cyberpunk e le purtroppo frequenti contaminazioni contemporanee new age con tematiche mistiche e irrazionali tendenti sovente al messianismo.

Gli scrittori di SF della vecchia generazione sono cresciuti assieme alla conquista dello spazio, avevano dinanzi a loro la più grande delle frontiere da conquistare.

Quelli che sono venuti dopo si trovarono dinanzi una prospettiva ben diversa: lo spazio era già conquistato, adesso si sa che si può fare. Gli scrittori dell'ultima generazione hanno vissuto buona parte della loro vita da adulti in una lunga e continua recessione economica, con una sempre maggior presa di coscienza del disastro ambientale in atto o sul punto di accadere, e con una bomba demografica che pare sul punto di esplodere.

La voglia di intervenire con disinvoltura sul mondo in modo consistente è fortemente scemata, c'è meno ottimismo per il futuro e c'è anche rabbia, voglia di criticare e di interrogarsi su quello che stiamo facendo.

L'ottimo Gattaca è un buon esempio di quel che accade di buono adesso alla fantascienza, senza tecnofobia e antiscientismo va a vedere quale potrebbe essere il terribile adattamento sociale alle innovazioni tecnologiche.

La fantascienza di certo non sta andando incontro a un periodo di esaltazione e glorificazione della capacità umana di intervenire sulla natura, stiamo approfondendo un momento di critica molto importante, mi auguro però che ciò non significhi andare a parare in un rifiuto aprioristico di tutto ciò che è razionale. Accantonata la vecchia superscienza che ha caratterizzato gli albori della fantascienza stiamo approdando a una narrativa che trova il suo punto forte nell'irrazionale e nel misticismo trasformandosi in un'apologia della pseudoscienza, cioè proponendo improbabili teorie interpretative della natura solo apparentemente basate su una corretta lettura di esse e fonte di credenze d'ogni genere.

Se è vero che non è assolutamente necessario per fare buona fantascienza che abbia risvolti chiarificatori sulla realtà (non è condizione necessaria perché sia buona fantascienza né a livello sociale, né psicologico, né scientifico), è altresì vero che è molto triste trovarsi dinanzi a una letteratura che incredibilmente si trasforma in oscurantista diventando capace, per un pressappochismo diffuso, di abbassare il grado generale di conoscenza della natura a lettura ultimata.

E' molto triste che un'opera di fantascienza possa essere colpevole di fare scendere la somma totale della conoscenza dell'universo.



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