Il crollo della realtà

Naturalmente non si deve pensare che l’opera di Einstein fosse fondata esclusivamente sul genio della sua mente. Qualcuno aveva già realizzato che le cose non erano così rosee come molti credevano e che c’erano ancora un paio di cosette che non quadravano e che bisognava sistemare, senza la presunzione di pensare che si trattasse di questioni trascurabili.

L’esperimento della doppia fenditura. Dall’altro verso il basso, con la sola fenditura destra aperta o con la sola fenditura sinistra la luce si diffonde sullo schermo in maniera uniforme e familiare. Se invece le due fenditure sono aperte contemporaneamente non si osserva la sovrapposizione semplice dei due effetti, che si osserverebbe se la luce avesse una natura esclusivamente particellare, bensì una figura d’interferenza che ne conferma la natura ondulatoria.
L’esperimento della doppia fenditura. Dall’altro verso il basso, con la sola fenditura destra aperta o con la sola fenditura sinistra la luce si diffonde sullo schermo in maniera uniforme e familiare. Se invece le due fenditure sono aperte contemporaneamente non si osserva la sovrapposizione semplice dei due effetti, che si osserverebbe se la luce avesse una natura esclusivamente particellare, bensì una figura d’interferenza che ne conferma la natura ondulatoria.

Era il 1900, il personaggio in questione si chiamava Lord Kelvin e i due problemi erano le proprietà del moto della luce e il comportamento delle radiazioni emesse dai corpi quando vengono scaldati. Al primo dei due ci pensò Einstein. Del secondo, uno dei primi a occuparsene con risultati strabilianti fu Max Planck. I due si rivolsero la loro indagine in direzioni opposte, Einstein al mondo macroscopico, alle grandi masse, alla gravità e al cosmo, mentre Planck al mondo microscopico, agli atomi e alle particelle subatomiche, ma entrambi minarono, ciascuno nel suo ambito, tutto quello che si credeva della realtà in cui viviamo. Innanzitutto lo spazio e il tempo (e in seguito, nella Relatività Generale, anche la gravità) non erano un palcoscenico immutabile dentro il quale tutto l’esistente si muoveva secondo binari ben precisi, ma erano rigidamente collegati tra loro fino a formare un tutt’uno e le loro proprietà erano in grado di variare in maniera strabiliante a seconda del moto dei corpi. Il fatto che questi fenomeni fossero avvertibili a velocità altissime (o a gravità elevate) non spostava il problema.

Per Newton, quello che si osservava era quello che era, dopo Einstein questo non si poté più affermare: la realtà non era più quella che sembrava e che eravamo abituati a pensare che fosse. Dietro le esperienze sensoriali, c’era qualcos’altro, qualcosa che sfidava il comune modo di pensare. L’universo stava scappando, sottraendosi alla comprensione in una direzione insospettabile.

Ma le cose andarono ancora peggio quando la meccanica quantistica mostrò un po’ più a fondo la pasta di cui era fatta. Richard Feynman, una delle menti scientifiche più brillanti del secolo scorso, era solito dire che forse solo due o tre scienziati al mondo erano in grado di “capire” davvero la meccanica quantistica, ovvero intuirla fin nei minimi dettagli, e forse completamente nemmeno loro. Perché la meccanica quantistica ci spiazza e mette in crisi ancora di più il nostro senso comune, prendendo strade che sembrano uscite da un libro di magia piuttosto che da un esperimento scientifico. Basti pensare all’esperimento della doppia fenditura, che recentemente, nella versione con l’emissione di singoli elettroni) è stato proclamato dalla rivista Physics World il più suggestivo e importante esperimento dell’intera storia della fisica (tra l’altro realizzato da tre scienziati italiani nel 1973).

Ecco in pratica quello che succede. Prendiamo una sorgente luminosa monocromatica puntiforme, ad esempio un laser, a una certa distanza da uno schermo e parallelamente, oltre il primo schermo, mettiamo un secondo schermo. Sul primo schermo pratichiamo due fenditure parallele verticali che possiamo aprire e chiudere a nostro piacimento. Naturalmente se apriamo solo una delle fenditure, quello che vedremo sarà la proiezione della luce sullo schermo retrostante, ovvero come una lama di luce verticale. Analogamente, se apriamo solo l’altra, quello che vedremo sullo schermo retrostante sarà un’altra proiezione della luce verticale rettilinea identica alla prima ma in una posizione diversa, in base alla direzione relativa tra la sorgente di luce, fenditura e schermo retrostante. E fin qui, nulla di strano. E’ esattamente quello che ci aspetteremmo ed è così che succede.

Il punto è che, se apriamo entrambe le fenditure, il nostro senso comune ci dice che i due effetti dovrebbero risultare sovrapposti. In altre parole, con entrambe le fenditure aperte, sullo schermo retrostante la nostra mente si aspetterebbe di vedere contemporaneamente le due lame di luce verticali, ognuna creata dalla proiezione della luce da ciascuna fenditura. Ebbene questo non succede, ma si manifesta un’altra straordinaria figura, cosiddetta “di interferenza” fatta di un susseguirsi di zone chiare e scure verticali. In pratica, quando vengono aperte entrambe le fenditure, i fotoni (ma ciò accade anche con tutte le particelle subatomiche ed è stato verificato addirittura anche per alcune macromolecole, come il fullerene), rivelano una proprietà ondulatoria, in maniera analoga all’interferenza che si crea quando due serie di onde di un liquido si incontrano. Ma nel caso della doppia fenditura aperta, il fenomeno ci stordisce, perché per avere quell’effetto bisognerebbe che ciascun fotone passasse da entrambe le fenditure contemporaneamente!

Questo è sicuramente l’esempio più illuminante per capire la natura e la portata delle stranezze riservate dalla meccanica quantistica. Eppure questa è la realtà in cui viviamo, non quella fissa, determinata e immutabile, per certi versi rassicurante, di Newton e Galileo, ma un universo molto più elusivo, misterioso, ed enigmatico.