La leggenda di Zorro si è decisamente appannata. Sette anni dopo il film che aveva lanciato nel firmamento hollywoodiano Catherine Zeta Jones, il suo seguito sembra soffrire di tutti i difetti tipici dei sequels girati quasi esclusivamente per motivi economici anziché perché la saga offra davvero linfa per nuove storie. La coppia Alejandro ed Elena de la Vega vive, infatti, la fatidica crisi matrimoniale del settimo anno cinematografico. Lei lo accusa di avere messo Zorro e il suo cavallo, prima della sua famiglia e lo caccia di casa. Non solo: dal passato di lei emerge un misterioso nobile francese, un ex compagno di scuola, membro di una società segreta che non può non portare alla mente le suggestioni del Codice Da Vinci. Zorro beve, il cavallo Tornado pure e il figlio dei due (di Elena e Alejandro, non di Zorro e il cavallo) cresce come un piccolo criminale...

Un po' 007, un po' Spiderman, Zorro inizia la sua lotta privata per salvare il suo matrimonio e la California dalle mire di un complotto volto a travolgere l'intera America. Un attacco terroristico ante litteram raccontato in una sceneggiatura pessima che vuole trasformare quelli di Zorro in piatti film per famiglie, infarciti di tiepide battute pronunciate tra una scazzottata e l'altra.

Tra agenti segreti e scene da un insolito matrimonio con tanto di cavallo nero, pur riunendo il cast originale al regista Martin Campbell, La leggenda di Zorro è basato su una sceneggiatura mediocre, di cui sono autori - non a caso - gli stessi artefici dell'altrettanto non riuscito e confuso The Island. Noioso, scontato, ma - soprattutto - con tutti i difetti dei film per famiglie pensati come tali, il secondo capitolo delle avventure cinematografiche di Zorro soffre di un pessimo copione con una serie di cliches talmente abusati da risultare fastidiosi. Senza contare gli strafalcioni storici e quel passato raccontato come solo la peggiore Hollywood può fare, ovvero con gli occhi del presente.

Una grande delusione, ma - soprattutto - una brutta sorpresa, perché - almeno sulla carta - era impensabile che il seguito di una pellicola così riuscita scadesse in una banalità tanto forzosa, quanto sforzata. Banderas ubriaco, le faccette del giovane attore che fa il figlio di Zorro, la Jones con gli occhi sgranati, i rumorosi inseguimenti e le scene d'azione viste e straviste come l'inseguimento al treno, fanno di questo film un piccolo manuale sul come e perché certi filoni andrebbero lasciati perdere se non ci sono nuove (buone) idee per affrontarli di nuovo. Senza una sceneggiatura, senza un testo, senza una storia nemmeno Zorro può tornare a cavalcare di nuovo indenne. Altrimenti è meglio tornare alla semplicità degli episodi televisivi. Insomma, se questa è l'alternativa è meglio pretendere a chiara voce il ritorno del sergente Garcia o di Bernardo il servitore muto. Sono figure bidimensionali, ma - il tempo - almeno ha sedimentato il loro essere icone di un certo tipo di ingenuità...