Gli Screamer si bruciavano in fretta lavorando per la RIP, per questo ci facevano fare delle rotazioni di sei mesi. O più brevi, se mostravamo insoliti sintomi di stress, come quando tentai di suicidarmi su Fandor IV. Durante la riabilitazione, con l’incarico di Ufficiale della Sicurezza, il mio dosaggio era appena sufficiente a evitare le crisi d’astinenza, ma non abbastanza perchè potessi godermi la depressione. L’ascensore si aprì al centro della Sala Comunicazioni. Restituii il saluto e mi diressi verso la plancia di controllo. Sentivo gli occhi di Fan bruciarmi sulla schiena mentre digitavo i comandi che avrebbero somministrato lo Scream alle squadre pronta allo sbarco attraverso il sistema di supporto vitale delle tute spaziali. Informai Keys e un attimo dopo il colonnello abbaiò l’ordine di sbarco nel sistema di comunicazione interno. Mentre Fan, al mio fianco, singhiozzava in silenzio, guardai le navi che sciamavano fuori dalla stiva principale, calando su Be’na come un’orda nera e lucida di locuste.

Entro nel Luogo del Giudizio, il be’tig’lacht, il solo edificio Be’nan senza finestre che abbiamo trovato. Solo i giudici Be’nan, i be’ti, potevano vedere cosa accadeva lì dentro. L’aria, in quell’unica sala con soffitto a volta alto anche per gli standard Be’nan, è satura del fumo denso delle torce e dei dolci effluvi del do’aran’qua che ribolle dentro una vasca sotto le assi annerite del pavimento. Fan sbircia da dietro le mie gambe: non vorrebbe essere qui, ma non può farne a meno.

Ta’klu mi ha spiegato cosa accadeva qui. La adagio nel Telaio del Giudizio, il tig’thar. Non sono degno di giudicare nessun Be’nan, meno che mai Ta’klu, ma glielo devo. Il ba’aran, il Libro delle Forme, giace su un tavolo di pietra. Dalle sue pagine scelgo una do’aran, una posa, per la parte superiore del suo corpo. Il contatto con la pelle fredda mi fa tremare le mani. Le sistemo le braccia nella Forma Suprema, sollevate in alto, incurvate l’una verso l’altra con le punte delle dita che si toccano appena. E’ la forma riservata ai più santi: rappresenta il completamento delle Guglie. Ta’klu non approverebbe, ma Fan annuisce.

Ho intenzione di sistemare le gambe affusolate di Ta’klu non seguendo una delle forme sul Libro, ma piuttosto in modo da adattarsi al luogo del suo eterno riposo, il suo do’lach. Per i Be’nan, il luogo di riposo e la posa stessa diventano una cosa sola, costituendo per ciascuno il giudizio finale.

Ieri, secondo la tradizione Be’nan, sono salito fino al luogo che ho scelto per lei, per prendere l’impronta esatta del punto dove riposerà. La scalata mi ha strappato i vestiti e ho le ginocchia e le braccia incrostate di sangue. Ho lavato i tagli sulle mani, ma ogni volta che le adopero mi bruciano e sanguinano. Resto a fissarmi le ferite, e penso alla crocifissione.

Porto la forma che ho ricavato dall’impronta fino al Telaio del Giudizio su cui Ta’klu è sospesa.

Fan mi fa cenno di affrettarmi, ma prima che sia riuscito a fissare la forma al telaio e abbia sistemato le gambe di Ta’klu per bene al suo interno, il sole di Be’nan è già salito fino alla metà delle Guglie.

Mi allontano, per valutare come l’ho giudicata. Non provo piacere, perchè non vi è alcun piacere nel compiere tale triste dovere, ma l’aver raggiunto l’intento mi soddisfa.

Stacco la forma dal Telaio e apro la vasca del do’aran’qua, il liquido lattiginoso utilizzato in questa cerimonia. Mentre svolgo il verricello che fa calare lentamente Ta’klu nella vasca, la sua posizione mi fa pensare ancora una volta alla crocifissione, a lei, a un’intera razza, a noi, collocati al loro fianco ma più in basso, come i ladroni. Fan china il capo in un ultimo gesto di saluto per Ta’klu.

Keys scelse come base delle operazioni la città più vicina ai depositi di berkelio. Solo dopo scoprimmo che si trattava della città principale dei Be’nan: lach’ma’pen’lache, il Luogo dove sorgono le Guglie.

Al momento di sbarcare le truppe fuori città, prima di atterrare nella piazza principale mettemmo in sicurezza il perimetro. Venti LASher – navi da combattimento da bassa atmosfera – incombevano nel cielo, per enfatizzare il momento. Un’enfasi inutile. Dire che i Be’nan non offrirono alcuna resistenza sarebbe ingannevole. Sembravano del tutto indifferenti alla nostra presenza: e forse era meglio per loro, con tutti i Ripper in piena dose da combattimento.

Dispiegammo le truppe all’interno dei palazzi che delimitavano la piazza principale. Non chiesi a Keys che fine avessero fatto i precedenti inquilini Be’nan. Lo sapevo già. Anche Fan lo sapeva. Nei suoi occhi vi era uno sguardo accusatore, di condanna.

Il mattino seguente attraversai la città a piedi insieme a Keys. Fan se ne stava bene indietro: non le piaceva stare vicino a Keys. L’architettura Be’nan, almeno in questa città, ispirava delicatezza e accoglienza. La maggior parte dei palazzi avevano due o tre piani, spesso senza muri, soltanto un tetto a volta appoggiato a colonne slanciate o sottili supporti arcuati. Quando vi erano muri si trattava più che altro di vetrate, collocate in posizioni diverse e diverse forme geometriche. Il colore dominante era il bianco, sottolineato dal color porpora di fiori a campanula e il verde azzurro di una pianta rampicante che sembrava crescere di volontà propria. L’aria era satura della fragranza umida dei fiori.

Sopra la città fluttuavano delle grosse creature grigie a forma di dirigibile. Il dossier di progetto li identificava come una specie di mammiferi che levitava grazie al gas contenuto nelle cavità addominali. Gli altri Ripper ne abbatterono un gran numero prima che la mandria fluttuasse via, uscendo dal raggio d’azione delle armi. Ogni volta che incrociavamo un cadavere, Fan piangeva.

Ma l’elemento dominante nella città erano le statue: raffiguravano Be’nan a grandezza naturale, in un’infinita varietà di pose e posizioni, scolpite in un materiale liscio e lattiginoso.

– Le loro capacità artistiche nella scultura mi sembrano decisamente limitate – dissi.

Dimentichi di noi, due alti Be’nan, due dei pochi rimasti in città, si fermarono davanti a una statua e si inchinarono in avanti fino a toccarla con la fronte. Cercando Fan con gli occhi, mi sorpresi a trovarla accucciata davanti a una statua, con la testa china.

Keys grugnì, poi indicò con un gesto del capo i due enormi archi che incombevano sulla città.