PHILIP K. DICK

I problemi della Terra non ci dovrebbero assolutamente distogliere dalla gloria del volo dell'Apollo 11. Problemi simili hanno portato alla colonizzazione del Nuovo Mondo nel diciassettesimo e diciottesimo secolo: povertà, mancanza di possibilità, anche la fame. Talora la presenza di pressanti problemi sociali è uno stimolo per l'esplorazione: l'uomo cerca senza tregua una via d'uscita dai propri problemi, e così facendo bussa a ogni porta, sperando di trovarne una che lo porti in un posto nuovo e diverso. E bisogna riconoscere che il volo lunare ha agito e continuerà ad agire come una fiamma che illumina le grandi doti dell'uomo, la sua capacità di fare ciò che non è mai stato fatto prima. E' un'indicazione di quanto si può fare; e dovrebbe contemporaneamente nascere in noi una nuova coscienza per quanto concerne gli scopi del nostro agire. Alla luce di questo avvenimento dovremmo essere più ottimisti nei confronti di ciò che si può fare sulla Terra; è una prova della nostra forza e tenacia, non l'indicazione che stiamo dimenticando gli scopi più quotidiani. E per di più era essenziale che inviassimo un uomo sulla Luna: l'esplorazione è una cosa naturale per l'uomo, praticamente un istinto. E', per lo meno, una forza tanto potente nell'uomo da non potere essere misconosciuta. Il volo sulla Luna era inevitabile, ed è una nuova misura di noi stessi.

FREDERIK POHL

Non ha la minima importanza chi sia ad avanzare pretese sulla Luna, o cosa se ne dica, se non in via del tutto transitoria, per i politici di quest'anno. Tra cinquanta o cento anni la Luna sarà ancora completamente disabitata, nel qual caso non importerà chi la voglia possedere; oppure sarà indipendente e provvederà da sola alla propria popolazione, nel qual caso le cose non cambiano. Stone ha ragione, ma di nuovo non è importante. Se le cose andranno male come egli suggerisce, i futuri visitatori dallo spazio non avranno bisogno di una targa sulla Luna che li avverta. I resti della Terra avranno già fatto capire tutto.