Le termiti montavano come un'onda di marea.

- Qualsiasi cosa, Ian. Ma falla in fretta.

Lo scozzese si mise al lavoro sulla galla. La incise col machete con relativa facilità, poi finì il lavoro aprendola a forza di braccia. Le termiti cominciavano a camminare anche addosso a lui e a Casals, ma non se ne curò. Trascinò l'amico proprio in mezzo all'escrescenza cancerosa, poi tirò fuori una corda.

- Stringi forte, Rosso, molto forte - disse Casals, ed emise un sofferto rantolo mentre l'altro seguiva l'invito.

Poi, i due furono distolti da uno strano ronzio. Sempre più vicino.

Pablo Casals capì per primo: - Il piper giallo!

L'aereo fece capolino nello spicchio di cielo sopra di loro, l'unico libero dalle fronde degli alberi. Molto basso, apparentemente fuori controllo. Poi, venti secondi dopo essere di nuovo sparito alla loro vista, seguì uno schianto attutito.

- Vai, Ian. C'è ancora tempo, forse è il tuo giorno fortunato.

L'altro istintivamente guardò le centinaia di termiti che aveva già addosso. Sembrava quasi che si fossero concesse una pausa.

E Casals aggiunse: - Anche loro sembrano d'accordo.

* * *

Quando Jess tornò all'albero, l'amico era quasi irriconoscibile. La sua elefantiasi ormai era divenuta un tutt'uno con la galla, con la massa di termiti, la resina, il sangue e tutto il resto.

Lo scozzese aveva trovato l'aereo intero, sospeso a mezz'altezza in un fitto intreccio di liane e fogliame, con dentro il carico più prezioso che potesse sognare.

Lasciò cadere il corpo di Chiqi accanto al secondo lobo, già aperto in precedenza. Il pilota si muoveva ancora, almeno finché la massa di termiti non lo inglobò, nascondendolo in pochi secondi.

- Avevi ragione, amico. Era il mio giorno fortunato - disse Jess.

Al posto di Chiqi, nel lobo di sostentamento della galla di riproduzione, ci sarebbe dovuto essere lui. Era necessario per mandare avanti un processo ad altissima richiesta di energia.

Poi Casals lo sorprese, dimostrando di esserci ancora.

- Rosso... - sussurrò.

L'altro si gli avvicinò a un centimetro per ascoltare meglio quel filo di voce.

- Almeno abbiamo... hanno vinto? - biascicò la cosa brulicante che era stata Pablo Casals.

La voce sembrò arrivare direttamente dal tronco.

Un cumulo di foglie, rami e steli secchi, alto quasi un metro e largo altrettanto, era stato ammonticchiato poco lontano. In cima c'era un grosso afide, e dal suo addome una goccia appena stillata, con cinque formiche soldato a tenerla sospesa con le antenne e le zampette anteriori, leggermente distorta, come una piccola lente.

Un raggio di sole. Un sottile filo di fumo dal primo stelo sul punto di prendere fuoco. Sabotaggio era l'aereo caduto sugli alberi, ma non solo. Era anche un incendio pronto a devastare quella parte di foresta.

Poteva essere tutte e due le cose, una accanto all'altra, l'aereo caduto e il mucchio di foglie pronto a bruciare. Jess infatti l'aveva visto proprio mentre andava a recuperare Chiqi nella carlinga, e adesso era tornato a spazzarlo via a calci, perché Casals non morisse invano.

Erano anni che nessuna delle fazioni riusciva a sciamare, e di lì a poche ore l'evoluzione della nuova casta sarebbe stata completa: milioni di alati avrebbero conquistato la regione. La battaglia era vinta, ma la guerra non era finita. La sua e di Casals forse. Non l'altra, la guerra degli insetti.

Jess, a distanza, fissò le termiti che lavoravano alacremente sui due corpi. Fece un gesto con la mano, come se scacciasse delle mosche, ma era soltanto un saluto.