Sta a noi. Dobbiamo essere coscienti dei problemi insiti nell'accesso alle tecnologie di sorveglianza e raccolta dei dati. Dobbiamo essere coscienti delle diverse posizioni esistenti sull'argomento. Mentre ad esempio nel caso della conservazione dei dati telefonici il Garante vorrebbe la loro distruzione nell'arco di un paio di bimestri dall'avvenuta fatturazione, forze dell'ordine e magistratura gradirebbero poter contare su questi dati per almeno una decina di anni e magari persino a tempo indeterminato.

Viviamo in tempi non esattamente tranquilli. Prima o poi potrebbe accadere qualcosa di grave, perché allora non moltiplicare a dismisura le telecamere sul nostro territorio (con il nostro consenso, beninteso, saremo tanto felici di averle)? In fin dei conti, cosa c'è di male se il governo vuole che tutte le informazioni sanitarie confluiscano in un unico archivio? Saremo ben felici di consentirglielo. E così via. A non stare attenti si corre il rischio di una sottile ma continua erosione della privacy che prima o poi potrebbe trasformarsi in una effettiva riduzione della libertà individuale.

E non speriamo che una volta passata l'emergenza i decreti vengano abrogati. Le leggi sono come le accise sulla benzina, il ricordo degli eventi che le hanno richieste scompare, ma le accise rimangono.

Insomma, gli elementi del grande fratello sono tutti intorno a noi. Non dobbiamo temerli, ma renderci conto della loro esistenza, tenerli sotto controllo e impedire che prendano spazio, evitare insomma che si saldino in un sistema che ci imprigionerà. E questo, sia riguardo al grande fratello che ci spia, che a quello che vuole addormentare le nostre coscienze facendoci perdere tempo e vita ad interessarci dei falsi problemi di quattro nessuno chiusi dentro una casa.