Una foto da <i>Lost in la Mancha</i>: Terry Gilliam spiega la scena a un malmesso Johnny Depp
Una foto da Lost in la Mancha: Terry Gilliam spiega la scena a un malmesso Johnny Depp
Quindi, mentre la troupe tentava disperatamente di recuperare il tempo perso, il colpo di grazia: Jean Rochefort, colpito da un'infiammazione alla prostata e quindi impossibilitato a cavalcare, rientrava in Francia. Keith Fulton e Louis Pepe, incaricati originariamente di realizzare il making of, si sono trovati tra le mani il materiale girato, trasformandolo in Lost in La Mancha, vera chicca per cinefili. L'elemento più interessante che emerge dal documentario è proprio la figura di Terry Gilliam, regista ma qui chiaramente deus ex machina del film: lo vediamo fare il casting per il personaggio di Sancho Panza recitando personalmente la parte di Don Chisciotte, osserviamo il minuzioso storyboard, narrazione del film inquadratura per inquadratura, da lui disegnato, constatiamo il suo entusiasmo, la sua amarezza quando si accorge che tutto sta andando storto e al contempo la sua ironia quando cominciano a capacitarsene anche i collaboratori. Alla fine, sconfitto, il regista fa il proprio equivalente dello sventolare la bandiera bianca: disegna un Don Chisciotte trafitto dai proiettili sparati dai mulini a vento, somiglianti più a pericolosi elicotteri da guerra, e vi scrive The windmills of reality strike back (i mulini a vento della realtà rispondono al fuoco). Lo spettatore che ha visto il documentario si è ritrovato con buone probabilità coinvolto, e cerca un colpevole di questa avventura andata male. Il sistema produttivo statunitense può essere un indiziato, ma non il principale colpevole. Contro di esso, verrebbe da invocare un "finanziamento superiore" per un cinema come opera d'arte, che possa essere del tutto slegato dalle leggi del business, ma non sarebbe una soluzione: stiamo parlando di un medium il cui punto forza sta nell'accessibilità pressoché totale, da parte di ogni tipo di pubblico, indipendentemente dall'età e dalla cultura, è inevitabile che risenta dei suoi fruitori. In parallelo, forse il sistema europeo non è pronto per un regista dalle visioni così "costose", ma se vogliamo proprio cercare un capro espiatorio, allora chiamiamo in causa l'elemento soprannaturale, il caso, anzi, come si usa chiamarlo oggi, la legge di Murphy. Contro quello, signori miei, non c'è scampo. Un certo Borges, qualche annetto fa, narrava di una leggendaria biblioteca di Babele, in cui sono custoditi tutti i libri mai completati, oppure semplicemente immaginati. Penso che questo luogo abbia aperto di recente, tipo un centinaio d'anni, una nuova sezione, dedicata al cinema. L'ultimo arrivo, in pellicola naturalmente, si intitola The man who killed Don Quixote.

La filmografia di Terry Gilliam non è vastissima, e relativamente poco frequentata dal grande pubblico. Il più noto e di maggior successo è forse La leggenda del Re Pescatore (The Fisherman King, 1991), con Robin Williams e Jeff Bridges, intensa e sognante storia di amicizia e di ideali. All'altro capo della bilancia, flop totale, il già citato Le avventure del barone di Munchausen (1989), in realtà film più che onorevole, che riscrive più che trasporre il classico. E' visionario all'eccesso, in una specie di barocco cinematografico, nel quale realtà storica e finzione si intrecciano senza soluzione di continuità. L'esercito delle dodici scimmie (Twelve Monkeys, 1995) è stato più volte definito il miglior film di fantascienza degli ultimi anni, è ispirato all'acclamato cortometraggio La Jetée (1963) di Chris Marker. Del modello amplia il paradosso centrale, che rende la storia circolare, arricchendolo con suggestive visioni e un tocco di cinico umorismo, con il quale riesce a stemperare, senza rimuoverlo, il pessimismo che ne sta alla base. Il successivo Paura e delirio a Las Vegas (Fear and loathing in Las Vegas, 1998) è un "anfetaminico" viaggio per la città del Nevada, che si divide tra visioni deliranti e frecciate contro i luoghi comuni sui tossicodipendenti, tratto dal romanzo di Hunter S. Thompson Paura e Disgusto a Las Vegas. Risalente al periodo Monty Python, molto vicino alle produzioni del gruppo nell'umorismo demenziale, I banditi del tempo (Time Bandits, 1979), che anticipa di pochi anni il capolavoro pythoniano Il senso della vita (The meaning of life, 1983), co-diretto con Terry Jones. Cult per gli appassionati, ostico per altri, si merita ovviamente il posto di ultimo,in quanto più importante, la furiosa anti-utopia Brazil (1985). Memorabile fin dalla scena iniziale, nella quale il signor Buttle viene incarcerato a causa di un insetto caduto sulla telescrivente che stampava il mandato di cattura per l'idraulico-supereroe Tuttle. Dopo il progetto accantonato Good Omens, tratto da un romanzo di Neil Gaiman e Terry Pratchett, gli ultimi avvistamenti lo danno alle prese con The brothers Grimm, la cui uscita è stata però posticipata a novembre 2005.