Sono tempi cupi. Come in Dark City il cielo è oscurato e viviamo in una tenebra costante, all'ombra dalle nubi che proiettano sul mondo la crisi economica, che tocca tutti da vicino, e la minaccia terroristica, che ci rode ogni giorno, che ci fa guardare con sospetto l'un l'altro, che ci causa quel sottile brivido ogni volta che saliamo sulla metropolitana, su un autobus, su un aereo.

La gente non ha più voglia di sognare, di guardare al futuro, di porsi domande, di cercare di staccarsi dal quotidiano per osservarlo da una prospettiva diversa. La gente si richiude nel suo angolo, nel suo quotidiano, nel suo cinismo. Vuole avere tutto il possibile sotto controllo, difende quel poco che ha con i denti ed è disposta a rinunciare anche a grossi pezzi della propria libertà, se questo vuol dire maggior sicurezza, un po' meno paura.

Sono tempi cupi, e chi, in questi tempi, può essere interessato alla fantascienza? Chi sogna il domani quando i problemi dell'oggi sono tanto presenti? No, piuttosto se proprio bisogna fuggire bisogna farlo del tutto, abbandonarsi alle favole di mondi dove le regole sono tutte diverse, come quelle del fantasy. Un genere che si occupa di più della natura umana, dei rapporti interpersonali, di concetti come valori e morale, che a differenza della fantascienza, che esalta le complessità della società per analizzarle, mette piuttosto i personaggi in un'ambientazione naturale, privata dalla complessità del mondo moderno, lasciando quindi la specificità dell'individuo al centro dell'attenzione. In questo senso la fantasy è una letteratura d'evasione (dall'ambiente quotidiano) che ben di rado sembra avere qualcosa da dire sul mondo di oggi o tantomeno di domani e che ben si adatta all'individuo chiuso in sé stesso che non si riconosce nel mondo che lo circonda.

La fantascienza sgocciola via, e insieme ai sogni della fantascienza sgocciolano via anche i sogni della libertà, della democrazia, dei diritti civili. Forse nascono tutti dalla stessa voglia di cercare il futuro, di pensare al domani, di sognare mondi diversi e migliori. Una voglia che seppelliamo sempre più giù, che non vogliamo ascoltare, perché potrebbe renderci più deboli di fronte alle minacce che ci circondano.

Un'indicatore diretto di come fantascienza e democrazia stia andando a rotoli assieme è Star Trek. Una serie che è sempre stata all'avanguardia, soprattutto all'epoca di The Next Generation e Deep Space Nine, nel promuovere il rispetto dei diritti altrui, fino alle estreme conseguenze, e anche, qualche volta, in diretto contrasto con scelte politiche degli Stati Uniti. Cosa avrebbe detto Gene Roddenberry (o se volete il capitano Picard) del comportamento del capitano Archer, che senza farsi troppi scrupoli abborda e depreda un'astronave neutrale per rubare il carburante necessario a inseguire gli Xindi che minacciano la Terra, condannandoli a vagare per anni nello spazio a velocità impulso? Sarebbe certamente rabbrividito. Roddenberry avrebbe stracciato la sceneggiatura e Picard avrebbe distrutto la propria astronave con tutto l'equipaggio piuttosto che scendere a questo livello. Forse gli autori volevano in questo modo rendere Enterprise un telefilm meno scontato, più controverso, cercando di ottenere qualcosa di simile all'episodio In the pale moonlight di Deep Space Nine, quando Sisko infrange ogni codice morale pur di fare entrare in guerra i Romulani e capovolgere le sorti del conflitto. Ma il risultato è stato ben diverso, ci ha ricordato, piuttosto, le vergognose, inguardabili puntate di Jag nelle quali vengono giustificati i bombardamenti sui civili da parte dei piloti americani in Afghanistan e in Irak.

Il messaggio a chiare lettere dice che tutto è lecito per proteggere il nostro mondo, i nostri beni, la nostra ricchezza. Derubare astronavi neutrali, scatenare guerre con falsi presupposti, impedire la distribuzione di film scomodi, come Fahrenheit 9/11 di Michael Moore, che la Disney ha bloccato per paura di ripercussioni da parte dello stato della Florida, dove è governatore il fratello di Bush e dove la Disney ha gravi problemi fiscali. Un pezzettino per volta il cerchio si stringe: una recente sentenza di una corte americana ha stabilito che l'email non è posta privata: può essere controllata da chiunque, dalla polizia come dal provider che fornisce l'accesso, così come possono essere ascoltate, senza bisogno di alcun mandato, le telefonate fatte tramite telefono cellulare.