Il perfetto istinto della bestia aveva calcolato che, affinché la tuta protettiva non ricevesse impulsi e mandasse in fumo il pasto, la sorpresa doveva essere tanto efferata quanto decisa.

La preda non doveva aver modo d'agire e l'uomo, infatti, s'afflosciò come un sacco vuoto; era morto, con il collo quasi tranciato dall'insospettabile morso.

A quel punto l'aspetto derelitto dell'essere mutò, lasciando sempre più spazio alla struttura originale. Questa non differiva molto da quella recitata, ma tutti gli stenti e le angherie stavano sfumando via, sciolte all'interno della pelle della bestia come un pezzo di burro in una padella.

Sulla preda, ora, in tutto il suo fulgore troneggiava un cane di grossa taglia, robusto, rivestito da una spessa pelle color ocra scuro. Laterali al costato, su entrambi i fianchi, spiccavano delle insegne color neutro composte da numeri e simboli astrusi. Al centro del dorso, somigliante agli anelli d'un lombrico, affiorava parte d'una massiccia spina dorsale in kevlar.

Altri due furiosi morsi seguirono il primo, e la testa dell'uomo rotolò tra le zolle. Solo a quel punto il cane terminò l'attacco e poi, dopo un attento studio, iniziò il pasto.

Prima l'ostica ma nutriente parte interna della tuta, costituita da intrecci muscolari, cartilaginei e nervosi; poi la polpa succosa.

Stratos da tempo armeggiava al computer di bordo.

Dati e schermate continuavano a correre veloci, fino a quando le coordinate della posizione dell'escavatore intercettarono e si allinearono con quelle provenienti dalla nuova posizione del faro segnalatore.

Il computer, a quel punto, emise una forte indicazione sonora; il tecnico chiuse il possente portellone della cabina di guida, si stravaccò comodo sul sedile e cliccò sul tasto del pilota automatico.

L'enorme escavatore si mise in moto sparando dalle maglie dei cingoli gigantesche zolle di torba.

Stratos >to> Giggs

Oggetto: allineamento-

Ho allineato l'escavatore con le nuove coordinate, il pilota automatico mi sta portando al faro indicatore. Tutto procede da programma, ci vediamo presto.

Il pasto era concluso.

Dell'uomo non era rimasto nulla. Della sua tuta, invece, erano avanzate solo le placche protettive superiori e qualche rimasuglio delle complesse articolazioni interne del sistema d'apertura e chiusura.

Quattro precise zampate e grossi grumi terrosi coprirono veloci il tutto.

L'animale si strofinò con le zampe il muso, due leccate sui compatti deltoidi, una precisa scrollata e dalla pelle riaffiorarono, come ghiaccioli buttati nell'acqua, tutti gli stenti e le malformazioni camaleontiche.

Dallo sfregio che gli strappava gli occhi il randagio scrutò deciso l'orizzonte, poi, malfermo, tremolante ma con tutti i sensi all'erta, sparì dietro una frangia del terreno.

C'era un'altra preda in avvicinamento.