In ogni caso appare chiaro che questo fatto, come tanti altri nel film, aveva un puro scopo scenico, nella storia non sarebbe cambiato nulla se il pilota fosse morto in un'ora anziché in cinque secondi.

Il punto in realtà più difficile da accettare, anche per lo spettatore comune, è la rapidità con cui si svolgono gli eventi (problema curiosamente condiviso da un altro blockbuster di questa stagione, Troy, che condensa in due settimane una guerra di dieci anni).

Bisogna dire, in realtà, che tutto sommato risulta difficile anche dimostrare che l'arrivo di un'era glaciale "fulminante" come quella del film sia davvero impossibile; la climatologia - come viene dimostrato ogni volta che Giugliacci prende un granchio - è ben lontana dall'essere una scienza esatta, e fenomeni in grande scala come il Niño non sono del tutto chiari. Se Emmerich avesse fatto un film spalmato per esempio su una decina d'anni tutti sarebbero stati più soddisfatti: era un arco di tempo stretto ma comunque adatto sia a conquistare una città stato ittita sia a un cambiamento climatico radicale globale.

Emmerich ammette di essersi preso questa libertà per esigenze di spettacolo. L'impatto del film è ovviamente molto maggiore, può descrivere situazioni disperate molto più facili e immediate da comprendere. Ci sembra, in fin dei conti, un patto con lo spettatore non diverso da quelli coi quali leggendo o vedendo fantascienza dobbiamo sempre avere a che fare: gli alieni che parlano inglese, le astronavi che viaggiano più veloci della luce, il teletrasporto, la telepatia... tutti escamotage che vanno contro la scienza e contro la logica, ma che siamo disposti ad accettare come ipotesi di lavoro per gustare una storia.

In fin dei conti, l'interesse della fantascienza non è tanto descrivere il fatto straordinario in sé, che sia un viaggio tra le stelle o una era glaciale istantanea, quanto osservare cosa accadrebbe dopo, come reagirebbero gli esseri umani posti in questa situazione, e dopo aver visitato questo mondo del what if guardare con occhi nuovi il presente e il mondo che ci circonda.

Da questo punto di vista ci sentiremmo di definire The day after tomorrow uno dei migliori film di fantascienza degli ultimi anni.

Vi lasciamo quindi alla lettura di questo "freddissimo" numero di Delos. Lo speciale dedicato al freddo si occupa dell'argomento da vari punti di vista e, fuori dallo speciale ma virtualmente dentro, non perdete anche la parodia del film di Emmerich tratteggiata dall'impareggiabile Francesco Grasso.

Ospitiamo anche un altro speciale, dedicato al maestro dell'horror italiano Lucio Fulci, e segnaliamo anche un servizio corredato da ampia galleria fotografica sul volo della prima astronave privata, la SpaceShip 1. L'articolo è del vincitore del premio Urania di quest'anno, Paolo Aresi.

Noi vi diamo appuntamento a fine luglio col prossimo Delos e forse un pochino prima con il numero quarantaquattro di Robot, sul quale parleremo di The day after tomorrow con una lunga intervista con il regista Roland Emmerich.