Luke entrò in casa e il cane-robot, una perfetta imitazione di cocker, gli andò incontro. Dietro il cane arrivò suo figlio Roger, quattro anni, a braccia tese. Il cocker si girò e gli addentò una manina. Luke scattò verso il cane, lo afferrò per il collare e premette un pulsante. Il cane si accucciò e rimase immobile. Il bambino piangeva, in preda allo choc. Luke sedette con lui sul divano per esaminargli la mano.

- Cos'è successo? - La voce preoccupata di Jenny. - Perché hai spento il cane?

- Ha morso Roger. Non è grave, solo un graffio. -

Jenny sedette e prese il bambino in braccio. - Ma perché lo ha fatto? - chiese. Roger aveva smesso di strillare ed era passato alle urla vere e proprie.

- Non ne ho idea - rispose Luke. - Deve esserci un virus nel software, vai a sapere. Domani lo porto a riparare. - Lo spavento era passato e ora desiderava un po' di silenzio, ma Roger non sembrava disposto ad accontentarlo. Jenny lo cullava senza risultati. Luke si lasciò andare sul divano e aspettò. Il pianto continuava. Aggrottò le sopracciglia. Allungò una mano e toccò il bimbo dietro l'orecchio. Roger chinò la testa e tacque all'istante.

- Luke - lo rimproverò Jenny. - Non puoi fare sempre così. L'interruttore serve solo per i casi di emergenza.

- Questo lo era. Mi stava disintegrando i timpani.

Jenny contemplò il bambolotto inanimato che aveva in braccio. - Ti avevo chiesto di non farlo più - disse. - Mi dici come faccio a convincermi che sia vero, se tu continui a spegnerlo quando piange?

- Si era incantato, accidenti. Deve avere un virus nel software comportamentale anche lui - si difese Luke. Si pentiva di aver messo Roger in modalità OFF, ma la parte egoista del suo essere assaporava la quiete. - Ha solo un graffio sulla pelle artificiale. Una passata d'olio Robotplus e va tutto a posto.

- Odio usare quei prodotti - disse Jenny. - Mi ricordano che lui non è... non è...

- Vero - finì Luke per lei. Sospirò e si mise a sedere più composto. - Prometto che non lo spegnerò più.

Jenny guardava Roger sia con gli occhi di una mamma, sia con gli occhi di una persona che studia un oggetto misterioso.

- Se vuoi faccio disattivare l'interruttore, così non sarà più possibile spegnerlo - disse Luke.

Jenny lo guardò, un tantino allarmata. - Dici? E se poi... - Si fermò. Stava pensando che un robot è una macchina e come tale è soggetta a guasti. Cosa sarebbe successo se il suo software comportamentale si fosse deteriorato e il piccolino avesse cominciato a correre impazzito per tutta la casa con un coltello in mano?

- Meglio di no, vero? - mormorò Luke. Non aveva immaginato il pargolo in preda a un delirio omicida, ma c'era andato vicino.

- Meglio di no - fu d'accordo Jenny. Lo disse una donna combattuta tra il desiderio di avere un figlio costantemente in modalità ON e la paura nei confronti di un robot ingestibile.

- Jenny, mi dispiace. Perdonami - disse Luke.

- Quando porto Roger al controllo mensile mi viene da piangere - confessò Jenny. - Mi tocca stare lì a guardare mentre gli aprono la testa e controllano che le schede siano integre e tutto il resto. Non riesco ad abituarmi.

- Non gli aprono la testa, solo uno sportellino sulla nuca - disse Luke. Come se quel dettaglio bastasse a farla stare meglio. Jenny gli lanciò una breve occhiata che diceva proprio quello.

- E' solo questione di tempo - disse Luke.

- Tu non hai mai visto come gli aprono la testa.

Lui sbuffò. - Non gli aprono la testa, accidenti.