Muad'dib sul trono di imperatore, con Irulan a sinistra e Alia a destra
Muad'dib sul trono di imperatore, con Irulan a sinistra e Alia a destra
E' intuibile quindi che la seconda e la terza parte della miniserie, non a caso tratte dal romanzo che dopo il primo è probabilmente il migliore della saga, siano le più interessanti per narrazione e sviluppi. Spesso abbastanza ignorato in favore del suo più illustre predecessore, per compiutezza e complessità I Figli di Dune ha qualità che SciFi Channel sembra aver saputo riconoscere e apprezzare. La fortuna di pubblico della miniserie e la complessiva approvazione degli estimatori di Frank Herbert testimoniano di un risultato molto positivo, seppur senza la ricchezza e l'estrema articolazione narrativa del romanzo: il mezzo televisivo richiedeva una generale semplificazione di struttura e personaggi, e semplificare i romanzi di Dune non è mai un'azione da prendere alla leggera.

Produttore e principale responsabile dell'adattamento per lo schermo di è John Harrison, lo stesso che adattò e diresse la prima miniserie: appassionato dell'opera di Herbert, Harrison ha realizzato un adattamento estremamente curato, trasferendo molti dei dialoghi originali dal libro alla pellicola e mantenendo il più possibile lo spirito del romanzo. La caratterizzazione attenta di persone e ambienti, la corretta successione degli avvenimenti e l'orchestrazione della narrazione hanno portato a Harrison il plauso e la riconoscenza degli appassionati: se la trasposizione di un'opera su un altro medium è comunque un'interpretazione, e come tale in parte un tradimento, quest'interpretazione non tradisce lo spirito dei romanzi e mantiene una sostanziale coerenza in tutte le sue parti: non confrontata con il romanzo da cui è tratta, la produzione di SciFi Channel mostra un mondo credibile e fedele alle proprie regole, dotato di una propria, compiuta, qualità. Al contrario se paragonata al libro originale Frank Herbert's Children of Dune offre comprensibilmente un'immagine solo parziale della complessità del suo omonimo, dove gli argomenti cari all'autore - la commistione tra religione e politica su tutti - sono molto più che escamotage narrativi: ritornano i temi universali che sono e si affrancano dai limiti di una storia di fantascienza.

Una critica mirata va ai pochi tagli narrativi operati, significativi perché dimostrano come determinate assenze possono creare importanti differenze in due versioni della stessa storia: nella miniserie non una frase spiega come Leto e Ghanima evitino il destino dei pre-nati, la possessione da parte delle personalità che custodiscono dentro di loro. Alcuni riferimenti impliciti sono forse riconoscibili da chi conosce bene l'opera ma poche battute in merito avrebbero fatto chiarezza su uno dei temi cardine del romanzo.

Altro esempio importante è la totale assenza nella miniserie del breve scambio di battute con cui alla fine del libro Ghanima spiega a Faradn quello che sarà il destino di Dune, introducendo così i successivi libri.

L'attuazione del "Sentiero Dorato" già rifiutato da Paul e ora cercato da Leto, vero tema del libro, non è descritto con chiarezza e risente di qualche buco narrativo: ad esempio, il dialogo tra il Predicatore e Leto è praticamente identico sia nel libro che nella miniserie ma nella versione televisiva sono omesse alcune battute, tra cui una in cui il ragazzo spiega chiaramente le sue intenzioni, chiarendo le idee sia al Predicatore che a noi lettori. Senza di essa (e di alcuni riferimenti successivi) non si capisce la portata della scelta del giovane e le sue motivazioni restano confuse.