Sollevò la bottiglia col liquido e la portò alla bocca e prese a bere a lungo senza quasi respirare, muovendo ritmicamente la gola per inghiottire. Bevve in silenzio fin quando la bottiglia fu vuota. Allora ritornò a guardare gli animali. Ora si sentiva appagato. La pace lo avvolgeva, la pace lo inghiottiva. Guardò gli animali e il suo era uno sguardo tranquillo, con l'occhio amorevole dell'osservatore che ammira la scena di lontano, che guarda dall'alto le sue creature come un re fa con i suoi sudditi. Li amava, perché amava se stesso. Questo pensiero lo sfiorò e ne fu felice e percepì il liquido circolargli dentro, ridargli forza. Il liquido era in lui ora ed era come tornare a vivere cento vite diverse tutte insieme, un prisma di vite e esperienze conservate e fuse nel liquido e che il liquido gli trasmetteva. E questo era un momento magico. Come altre volte. Quando era col liquido l'aria si trasformava, diventava elettrica, trasmetteva vibrazioni particolari. Momenti, ricordi, sensazioni si sovrapponevano. Anelli di luce nella sua mente congiungevano le coscienze di cento altre menti e creavano catene infinite di pensieri. Esibivano ciò che normalmente rimaneva invisibile, connettevano ciò che normalmente non poteva che apparirgli separato. Ora avrebbe voluto essere capace di sfiorare gli oggetti, la sabbia, i sassi, le piante, il suo corpo morbido e i corpi degli animali. Fondersi con quanto lo circondava. Voleva poter tradurre sensazioni in parole per poterle cantare. Non sapeva, non capiva, non ora, non più. Spesso si perdeva, ma era felice. Si ritrovava per attimi, ora. Memorie scorrevano in lui, emozioni si riallacciavano, crittografie del passato che egli aveva il compito di decifrare. E lui le capiva a volte, altre volte gli sfuggivano, ma le amava. Tutte. Come amava se stesso, come amava gli altri, gli animali. No, non sapeva più parlare, era incapace, c'erano solo sensazioni, idee che fluttuavano da lui a loro e a lui. Grugniva quasi, amava se stesso ora, era felice.

La sua mente vacillò e lui si stese a terra tra i sassi. Ora il liquido lo nutriva, forzava la sua carne a crescere ed espandersi, nuovi sottili strati di grasso, ancora e ancora. Ora era felice. Pensava agli amori dolci della sua vita, pensava agli animali dal pelo lucido, la loro pelle morbida e le scaglie, il loro muso quasi umano. Poi un'immagine d'improvviso si stagliò sulle altre, viva più delle altre perché più recente. Gli apparve alla mente il ragazzo col furgone, quel ragazzo robusto che già da due o tre volte veniva a portargli le poche provviste necessarie. Pensò al ragazzo con amore; era una bella cosa vedere qualcuno diverso, gente giovane come lui era stato un tempo, giovane come i suoi amori che tornavano a frammenti nel fuoco durante la magia che il liquido gli donava. I suoi amori, sì. Sarebbe stato bello e dolce vedere ancora il ragazzo, pochi giorni ancora e il ragazzo sarebbe tornato e lui avrebbe potuto fargli assaggiare di nuovo il liquido, mescolandolo al vino come l'ultima volta. Era sicuro che sarebbe tornato, lo sentiva, glielo dicevano anche gli altri ora, le voci dentro di lui, le voci che il liquido gli faceva ascoltare. Anche lui sarebbe tornato, come tornavano gli amori nel fuoco, gli amori da accarezzare, la carne morbida e il pelo lucido, il grasso che riempiva le mani, il grasso da sfiorare e stringere con le zampe, i richiami da apprendere, le memorie da fondere nel liquido, le menti da baciare.

Sarebbe tornato, sentiva questo. Aveva assaggiato il liquido, non poteva fare a meno di tornare. Questo pensiero lo rassicurò. Il futuro era salvo; il suo e quello degli animali. Dopo la lunga attesa il tempo della sua nuova fase stava avvicinandosi ormai, sentiva che il suo corpo era pronto ormai, il ragazzo avrebbe potuto prendere il suo posto finalmente. Per il suo amore, per amore del ciclo. Per il loro amore. Prima che fosse troppo tardi, prima della fusione totale nel potere del liquido.

Siamo salvi, pensò, il ragazzo tornerà, deve farlo. E questo pensiero quasi non gli apparteneva ormai, sembrava quasi provenire fuori da lui, era come un canto di voci vicine, un coro dolce che gli riempiva la mente e la inondava. Erano dentro di lui ora e cantavano la gioia del ciclo, le meraviglie del liquido. Il liquido...

Il liquido era dentro di lui. Lo calmò e lo accompagnò nel sonno e lui rimase disteso a terra sotto il sole caldo, immobile come lo erano più in basso gli animali. Sognava ormai e sorrideva, e a volte gli capitava di emettere dei suoni con le labbra, e se qualcuno avesse potuto ascoltarlo si sarebbe stupito a quei versi strani, dei sussurri o borbottii sommessi, quasi come quelli di una creatura che si sforzi di imitare una risata senza che il riso appartenga realmente alla sua natura.