Non si può comprendere fino a che punto le sabbie, le rocce, le valli e i canyon di Marte abbiano suggestionato il grande pubblico, almeno a partire dal XIX secolo, finché non si conosce la storia di Clara Gouguet Guzman. All'inizio dell'ultimo decennio del 1800, ossia circa quindici anni dopo l'osservazione dei "canali" da parte di Schiapparelli e l'affermazione di Flammarion, uno dei più grandi divulgatori dell'epoca, che le striature osservate sulla superficie del pianeta fossero aree coperte di vegetazione, l'opinione pubblica era talmente convinta dell'esistenza della vita sul Pianeta Rosso da non metterlo neanche in discussione. In questo clima Madame Guzman era una ricca vedova francese, una che evidentemente aveva qualche problema a impiegare tutti i soldi che aveva, perché nel 1891 indisse una specie di concorso, mettendo in palio ben 100.000 franchi a chiunque fosse riuscito a mettersi in comunicazione con degli extraterrestri. Naturalmente Madame Guzman si premurò di escludere Marte dalla competizione, perché altrimenti sarebbe stato troppo facile! Eppure, non solo la gente comune, ma anche grandi scienziati rimasero stregati dal fascino di Marte e nella prima metà del XX secolo il punto di vista rispetto a Marte non cambiò granché. Nel 1919 Nikola Tesla sostenne che alcuni segnali radio provenienti dallo spazio e captati da Marconi erano di indubbia provenienza marziana e nel 1930 l'invasione radiofonica di Orson Welles trovò terreno fertile nelle menti degli ascoltatori e fece dilagare l'ormai famoso "panico marziano".

Erano quelli gli anni dell'età d'oro della fantascienza e Marte era un soggetto che già a priori garantiva un'attenzione speciale presso i lettori. Così, nel 1965 (solo 40 anni fa), quando gli scienziati videro le prime immagini ravvicinate di Marte inviate dalla sonda Mariner 4, al sentimento di sorpresa fu preferito quello di delusione. Niente vegetazione, niente acqua e di omini verdi nemmeno l'ombra! Solo rocce, sabbia e un'atmosfera composta al 95% di anidride carbonica. Non era esttamente quello che ci si aspettava e l'immagine popolare di Marte fu stravolta per sempre.

Eppure, se la delusione smorzò l'euforia del pubblico, non diminuì l'interesse scientifico e, nell'intento di capire Marte per capire la Terra e l'evoluzione del Sistema Solare e della vita in generale, gli studi sul Pianeta Rosso proseguirono e nuove missioni vennero progettate. Tra queste non si può dimenticare l'impresa della sonda Viking 1 che il 20 luglio 1976 fece atterrare (non ammartare, vi prego!) il suo lander sul suolo marziano. Quasi un secolo esatto dopo i canali di Schiapparelli, per la prima volta nella storia, qualcosa di proveniente dalla Terra si posava su Marte facendo del Viking un grande successo della storia dell'esplorazione spaziale. Ma la missione Viking fu un trionfo non solo grazie al successo del Viking 1, ma anche a quello del Viking 2 che, a sua volta, fece posare il suo modulo di atterraggio il 3 settembre 1976. Insieme, i due moduli di atterraggio operarono sulla superficie di Marte ben oltre le aspettative della NASA, per quattro anni il lander del Viking 2 e per oltre sei anni il lander del Viking 1. E in tutto questo tempo, le due sonde ebbero la possibilità di effettuare un grande numero di esperimenti sul suolo e l'atmosfera marziani. In particolare, il gascromatografo abbinato a uno spettrometro di massa avrebbe consentito di rilevare sostanze organiche in infinitesima quantità, se mai ce ne fossero state, e le analisi effettuate portarono gli scienziati a ritenere che Marte sia ormai un pianeta senza vita. Ma questo non significa che la vita non sia mai sbocciata su Marte sotto qualche forma durante tutta la sua storia. E qui, lasciando perdere le ormai celeberrime analisi del meteorite ALH84001 nelle quali a metà degli anni '80 alcuni scienziati avrebbero "visto" tracce di microorganismi fossili, entrano in gioco le ultime spedizioni, quelle che, per l'appunto, cercando soprattutto la presenza attuale di acqua o di prove della presenza di acqua in un lontano passato in determinate aree del pianeta, possono dirci qualcosa sull'evoluzione della vita del Pianeta Rosso in senso lato, ovvero sia geologica sia, eventualmente, biologica. A questo riguardo, le spedizioni cui stiamo assistendo dall'inizio dell'anno, non stanno tradendo le attese e alimentano un diffuso sentimento di "fervore marziano" dovuto anche alla straordinaria attenzione ricevuta da tutti i media, Internet compresa. Insomma, nonostante l'assenza di omini verdi e piante carnivore, Marte "tira" ancora a testimonianza del fatto che forse il suo Mito non si è dissolto, ma ha soltanto cambiato pelle. Ad ogni modo, almeno per quanto ci riguarda, va detto che tutta questa rinnovata passione marziana è figlia di qualcosa di ancora più straordinario. Perché questa volta lassù ci siamo anche noi.