Quando le radici: Ernesto Gastaldi

Cari lettori, anche stavolta (come a novembre 2003 con "Julian Berry" alias Ernesto Gastaldi) ho pensato, Delos consenziente, di modificare l'impostazione di questa rubrica...

Ernesto Gastaldi: leggi la presentazione di Vittorio Catani

A Frank, perché ogni giorno

può essere il giorno del giudizio

Europa, 1 gennaio 2000

Lou Reed era vivo, nonostante tutto, e mr. Rain leccava le corde della chitarra, e la saliva rivestiva lo strumento luccicante come se fosse stato abbandonato all'umidità della notte, o come fosse il corpo di una lumaca, molle e iridescente. La notte dei Velvet Underground era il capodanno del millennio, Nico era tornata da Minorca e sedeva per terra, vicino a Lou Reed, stremata dalla violenza degli accordi. La sua testa ondeggiava sotto i colpi delle note, con il microfono morto riposto in grembo.

- Sembra una madonna - disse Art Decad staccando la bocca dalla bottiglia di Corona.

- E' la madonna - urlò Frank agitando le braccia scure. - E' tornata per il giorno del giudizio.

Ero appoggiato alla vetrina di un bar con gli occhi rivolti verso lo schermo gigante appeso al cielo come una cometa stanca. Lou Reed era sottile, spariva tra le ombre lontane del palco, confuso dalla musica e da cascate di fari colorati, dalla pioggia impazzita dei laser. Dallo schermo mi guardava, una maschera gigantesca di una divinità indiana apparsa nel cielo notturno.

- Hey, Mister Rain. - Riverberava sotto la pelle, un suono freddo ed elettrico che mi ustionava ogni volta che apriva la bocca, ogni volta che il fremere delle corde vocali viaggiava nell'aria. Pelle nera, Nico piangeva nel microfono, bellissima; il trucco le rigava le guance scheletriche, arabeschi cupi che le tatuavano il volto.

Mascara Snake. Avevo un nuovo nome. Non potevo vivere nel Duemila come se non fosse accaduto nulla, senza lasciare per strada la mia vecchia pelle vuota. Ognuno aveva scelto un nuovo nome in onore del dio del nuovo millennio. Frank Smoking Paper sparò in aria, tradito dall'indifferenza della folla che inghiottiva le detonazioni della Heckler & Koch come l'ossido di carbonio e la musica. I bossoli della HK 4 saltavano via dalla pistola come grilli d'argento, e cadevano sulle teste, sulle spalle che si muovevano seguendo la pressione della folla. Peter Mandala giocava con l'ultima trial version del serpente corallo della Oracle. L'animale si avvolgeva lungo il braccio con una dolcezza e un'eleganza che solo il software possedeva.

- Hey, Mister Rain. - Su di noi pioveva musica.

Il contatto ci aveva tradito, fottuto come merde, venduto, e aveva riso della nostra onestà. Il contatto era un bastardo che con l'amicizia ci si puliva il culo, poi ti metteva l'amicizia sporca di merda in bocca e cercava di fartela ingoiare. Il contatto era il più stronzo che ci avesse tagliato la strada e ci aveva rovinato. Il contatto era un manager, amministratore delegato o direttore generale di qualcosa, un infame puttaniere amante di puttane, mentre noi eravamo tre freak di mezza età che tiravano a campare cercando di non fare del male a nessuno. Per colpa sua eravamo cambiati...

Imparate a convivere con il male, aveva detto un giorno il contatto; e il male era lui.

Art Decad mi aveva insegnato a uccidere nel freddo notturno del deserto, tra i fantasmi e le ombre, i rumori lontani e le preghiere lente. E uccidere era stato un passo di danza leggero ed energico, come l'entrata in scena di Merce Cunningham sul palcoscenico di un teatro vuoto. Il rumore dei piedi nudi sul parquet dello stage, tende nere ed echi, silenzio in agguato. Non si deve uccidere con odio, disse Art Decad fermando a mezz'aria una tazza di tè, o per piacere, altrimenti diventa violenza. Uccidere è un dovere, un sacrificio, un dolore estremo che pochi possono portare dentro di sé senza impazzire.