Portaria, Terni (Italia)

25/08/1989

Padre Angelo Maria Quattrocose uscì dalla porta della sagrestia cantando il Tantum Ergo sottovoce, per non disturbare Lui, con la elle maiuscola. A dire la verità lui, con la elle minuscola, diceva - tanto m'ergo - , ma nessuno lo poteva sentire perché cantava a voce così bassa che se ne sarebbe potuto accorgere solo Domineddio, come lui, con la elle minuscola, chiamava Lui, con la elle maiuscola. Sempre ammesso, poi, che Lui con la elle maiuscola avesse avuto un po' di tempo libero da sprecare per stare a sentire lui con la elle minuscola che stonava come una papera strozzata. Mettendo pure in conto il fatto che per capire l'errore si sarebbe dovuto ricordare ancora un po' di quel latino che aveva studiato da piccolo con San Pietro ai tempi in cui provavano il Quo Vadis?.

Un fatto era certo: ormai anche Domineddio aveva voltato le spalle alle lingue morte e si era orientato esclusivamente verso l'inglese.

Libero di cantare quello che gli pareva e come gli pareva, dunque, Padre Angelo Maria Quattrocose entrò in chiesa e attraversò la navata.

Come d'abitudine nel passare di fronte all'altar maggiore si inginocchiò. A dire la verità era l'unico altare della chiesa ed era anche un tantino piccolo, ma faceva chiesa-importante-di-città dire altar maggiore e oltre tutto avere un altar maggiore lo rassicurava un po' e lo faceva sentire meno parroco-di-paese-sperduto. Dunque, nel passare di fronte all'altar maggiore, come d'abitudine, si inginocchiò ad occhi bassi e nel rialzarsi un po' traballante per via dell'artrosi galoppante che lo andava avvolgendo ogni giorno di più gettò un'occhiata verso l'altare stesso.

- Porca puttana... - esclamò a voce talmente alta che Domineddio, anche volendo, non avrebbe potuto far finta di non aver sentito. Ci fu un attimo di silenzio con un raggio di sole che usciva dal viso di San Domenico.

Intendiamoci, questa faccenda del raggio di sole non era causata da nessun miracolo e non aveva niente di mistico, si trattava semplicemente della conseguenza di una laica pallonata di tal Gianni Minestrini di anni sette-e-mezzo/quasi-otto che in un tiepido pomeriggio di primavera di alcuni anni addietro dal campetto a lato della chiesa aveva trasformato in pezzetti piccoli e taglienti il vetro che componeva il viso di Divo Domenico immortalato nella vetrata della finestra angusta e stretta del lato a levante della chiesa. E il sole, per l'appunto levatosi da un po', s'era appropriato dello spazio vuoto che una volta era stato una rubiconda faccia e illuminava ora il pavimento a mattoni di fronte all'altar maggiore.

Porca puttana, aveva detta padre Quattrocose.

A volerla dire proprio tutta è bene fare, a questo punto una precisazione: il vero cognome di padre Angelo Maria era Quattrocosce, ma un sapiente intervento di bianchetto su tutti i documenti l'aveva trasformato in un più clericale e santo Quattrocose.

Porca puttana lo aveva detto talmente forte che lo aveva sentito di sicuro Domineddio, e un eventuale osservatore esterno che, come di solito capita in questi casi non potrebbe non essere anche attento, si sarebbe di certo meravigliato notando come non succedesse niente dal lato dei cieli e non avrebbe non potuto convenire con l'opinione comune che i tempi erano proprio cambiati.