Reeh si avvicinò al fondo della cabina e, in silenzio, cominciò ad infilarsi la tuta preparata per la loro sopravvivenza sulla superficie del satellite. Alstoh lo guardò, divertito.

- Questa sì che si chiama prudenza! Ci vorranno almeno trentasei ore prima che si entri in fase di atterraggio.

Reeh ricambiò il sorriso meccanicamente, poi, senza dire nulla, entrò nel compartimento stagno e chiuse la porta. Brenh e Alstoh rimasero esterrefatti. Che cosa voleva fare, Reeh? Era impazzito? Voleva verificare le camere di piombo?

Reeh lavorò alla svelta. Scivolò fuori dall'astronave con una perizia straordinaria e senza degnare di uno sguardo gli abissi bui che si aprivano dovunque sopra, sotto e intorno a lui; camminò con le scarpe magnetiche che aderivano al metallo dell'astronave, passando dalla zona di ombra a quella accecante di Shol. Polarizzò il vetro del casco, innestò il sistema refrigerante e continuò tranquillamente a muoversi sullo scafo, apparentemente fermo sopra Luhna. Pallido, offuscato dalla luce di Shol, Il pianeta Terrah sembrava già in preda all'agonia.

Reeh giunse alle bocche delle fornaci atomiche e ci si infilò dentro con la massima naturalezza. La tuta gli faceva da schermo, ma solo una pesante lastra di piombo avrebbe potuto deviare e assorbire le terribili radiazioni in modo da renderle innocue. Reeh, entrando nella bocca d'espulsione, aveva accettato la morte: a una scadenza più o meno lunga, a seconda del proprio fisico. Ma all'essere che viveva in Reeh, poco importava di danneggiare il corpo che momentaneamente lo conteneva, purché questi rimanesse in vita sino a che lui non avesse portato a termine la propria missione e non fosse tornato laggiù, nel proprio vero corpo, sul suo mondo natale.

Ed ora, proprio per evitare che il razzo finisse sfracellato su Luhna, lui doveva entrare nelle camere plumbee e installare il repulsore antigravità. L'essere che Reeh ospitava conosceva leggi ignote agli Atlantidi. Arrivato nella camera atomica, si guardò intorno. Una mortale luminescenza rendeva facile l'individuazione delle varie parti. In fondo, il canale della presa d'aria; a destra, in alto, l'iniettore della miscela di gas per poter dirigere l'astronave anche nel vuoto; e a sinistra le masse critiche di uranio, ora separate e tranquille, ma pron te a sprigionare tutta la loro paurosa energia. Reeh si avvicinò il più possibile al fondo della camera e cominciò a tessere una specie di ragnatela con fili di rame. Poi scivolò ancora all'esterno, e camminò sullo scafo fino a un punto preciso. Si fermò e avvicinò alla piastra il cannello ossidrico di cui ogni tuta era fornita. In capo a dieci minuti, scavò un buco nella piastra e poté farci passare una mano. Toccò i delicati apparec chi elettrici che fornivano il campo magnetico alle pareti delle camere plumbee e dei condotti degli espulsori, affinché i gas che passavano a milioni di gradi non avessero a tocca