1. Move-Out

Le grate d'accesso al bunker si aprono con un suono sinistro, anche senza ampliare il raggio dei miei sensori riconosco l'eco degli enormi meccanismi celati nelle pareti antiatomiche. La tenue luce di un sole morente filtra tra le due pareti d'acciaio temperato, che lentamente stanno allargando il mio campo visivo sul mondo esterno. Davanti a me c'è lo skyline panoramico di un deserto ferruginoso, che in lontananza descrive le sagome irregolari delle montagne di pietra.

Muovo i miei primi passi con il sorriso sul volto. Dal quando entrai nel bunker della Deep Blue Fairy, tre anni fa, è la prima volta che ho l'occasione di tornare in superficie.

[AirFlat Mode - Step1: Cloth Change/GerWalk]

La corazza leggera che ricopre il mio corpo sintetico viene attraversata da istruzioni alla velocità del pensiero. Comandi che i miei neuroni trasmettono ai recettori slave posti nel cervelletto, i quali li reimpostano per i trasmettitori in fibra ottica innervati nella mia seconda pelle.

In parole povere, cambio forma.

Non è solo la corazzatura che sta assumendo una sagoma più aerodinamica, lo stesso ordinamento dei miei organi sintetici cambia mentre muto in un velivolo antropomorfo. Aspetto, struttura e densità non hanno quasi significato per un corpo composto da nanomacchine.

Unica eccezione: le mie preziosissime parti organiche. Cervello, cervelletto, apparato visivo e spina dorsale, oltre al sistema nervoso. Ma nessuno dei miei componenti bio sarà davvero un pericolo: la differenza tra epidermide e corazza è pressoché zero. Le componenti nanomolecolari del mio corpo possono trasformarmi in un guscio denso quanto il diamante, oppure molle come gelatina.

[AirFlat Mode - Step2: Pre-Fly/ No G]

Faccio scorrere i generatori antigravità sulle spalle e nel ventre a fusoliera. Assumerò l'aspetto definitivo solo in volo, imposto mentalmente i dati mentre mi alzo di tre metri sulla superficie. Tutt'intorno a me si sollevano fastidiose volute di sabbia e polvere ferrosa.

Le porte del bunker si sigillano alle mie spalle. Il system-manage satellitare mi dà l'all-green, schiudendo su di me un occhio elettronico che seguirà la mia missione dall'orbita. Non mi dispiacerebbe un "in bocca al lupo", dato che è la mia prima missione operativa, ma sto parlando di un computer neuro-organico cresciuto in vitro. Non sono mai particolarmente amichevoli.

Tre stabilizzatori prendono forma sulla mia schiena. L'intero sistema di propulsione interna si ricostruisce molecola dopo molecola, un processo di circa ventidue secondi. Le ultime tracce di antropomorfismo svaniscono in una sagoma piatta e lineare.

Adesso sono uno veicolo a propulsione dalle capacità di volo illimitate.

Ed ho voglia di divertirmi.

I piloti dei quei vecchiumi chiamati aerei direbbero che sto scaldando i motori.

[AirFlat Mode - Step3: Start Variant Transfert/Burn]

Mi basta modificare i filtri percettivi per avvertire la densità circostante, il muro d'aria, la barriera impercettibile che voglio penetrare. Infrango il muro del suono diciassette metri sopra la mia posizione di partenza. Un'impresa impossibile. Quando accade rimango senza parole. Sto facendo l'amore con una donna invisibile, il limite fisico di spostamento. Inutile illudersi di aver dato spettacolo per gli ospiti del bunker, ma di certo i tracciati satellitari saranno impazziti.

Vedo il panorama cambiare sotto di me, come fosse un camaleonte sintetico che muta di colore e forma. Le distanze si accorciano, svaniscono. I suoni si sciolgono, i colori calano di tono. Scivolo nel silenzio della velocità supersonica. Se avessi la periferica per quell'organo bio, direi che sto provando un'estasi simile ad un orgasmo, ma cento volte più forte.