L'uomo non è di legno. E il fantascientofilo probabilmente lo è ancora meno! Se le copertine dei romanzi e delle riviste pulp indugiavano volentieri alle forme femminili in maniera un po' ingenua e, se vogliamo, un tantino trash, il cinema non è mai stato da meno. Basta dare un'occhiata alle locandine di molti film tra gli anni '40 e i '60, per rendersi conto che tutto sommato non c'era una grande differenza rispetto alle copertine di molti romanzi che venivano pubblicati in quegli anni. La bionda in braccio al Mostro, Alieno o Robot a seconda dei casi, in pose per lo più languide non prive di una certa malizia, era un'icona dalla quale non si poteva prescindere. Erano un chiaro tentativo di mutuare in chiave fantastica il tema della "principessa da salvare", anche se poi, all'interno delle pellicole in questione, spesso delle scene descritte nei poster non c'era neppure l'ombra. Insomma, forme sexy, scollature procaci, spacchi vertiginosi erano sovente utilizzati come ingenui specchietti per le allodole-spettatori, spesso ragazzi desiderosi di fantasticare intorno ai loro pruriti adolescenziali. Del resto, come mezzo "visivo" per eccellenza, non si può negare al cinema di aver abusato della forma femminile come veicolo iconografico privilegiato e, da questo punto di vista, anche il cinema fantastico fin dai suoi albori non ha potuto sottrarsi alla regola. Da questo punto di vista la prima eroina che vogliamo citare non sarà certo il prototipo dell'oggetto del desiderio, almeno secondo i canoni attuali, ma gli uomini del 1928 erano abituati a "visioni" molto diverse e il personaggio interpretato da Brigitte Helm in Metropolis (1928) emana una sensualità calda e sottile, sottolineata dalla contrapposizione con il suo alter-ego robotico. Ma Maria è anche una donna forte e coraggiosa e questo lascia intuire una sensibilità che solo una donna potrebbe aver avuto. In effetti il capolavoro di Fritz Lang è stato scritto proprio da una donna, Thea Von Harbou, la moglie di Lang, e questo rende il film un caso unico e per certi versi in anticipo sui tempi. Difatti, rispetto al ruolo della donna, il cinema fantastico torna subito sui suoi passi.

I gorilla preferiscono le bionde

Cinque anni più tardi succede l'impensabile: Fay Wray, una bionda mozzafiato, viene rapita da alcuni indigeni su un'isola a forma di teschio. Vogliono sacrificarla al dio Kong, ma prima che possano mettere in atto il loro atroce gesto, uno scimmione alto come un grattacielo rapisce la ragazza e la porta al di là del muro che divide in due l'isola e che tiene celata un'incredibile fauna preistorica. E' questo l'inizio di uno dei maggiori miti della cinematografia fantastica e anche la prima pellicola fantastica davvero sexy della storia. E forse, a pensarci bene, la concomitanza delle due cose non è casuale. Con King Kong (1933), E. B. Shoedsack e Merian C. Cooper incassarono il più grande successo dell'allora pur breve storia del cinema e non dev'essere stato solo grazie a una messa in scena ambiziosa, assolutamente sorprendente per l'epoca, ma anche perché, come dice Giovanni Mongini nella sua Storia del Cinema di Fantascienza, "il film possiede una notevole carica di erotismo [...] sia diretta che indiretta" e che culmina nella scena in cui King Kong toglie i vestiti di Fay Wray come se stesse sbucciando una banana. Chissà se gli spettatori sarebbero rimasti entusiasti allo stesso modo, se avessero saputo che per quella scena era stato utilizzato un pupazzo non solo per lo scimmione, ma anche per l'attrice! Eppure, anche grazie a un bambolotto, Fay Wray, che è ancora viva e ha ormai 96 anni, ha consegnato alla storia del cinema un'icona sexy che, dopo numerosissimi sequel e rivisitazioni, è stata ripresa ancora quarantatré anni dopo, dall'altrettanto bionda e sexy Jessica Lange nel remake del 1976 di John Guillermin e nel 1986, da un seguito dove la bionda in questione era Linda Hamilton, ex signora Cameron e più conosciuta per la saga di Terminator. Ma se credete che sia finita qui, vi sbagliate. Quello di King Kong infatti è una sorta di virus, una malattia cronica che il cinema non riesce a debellare. Questa volta, a farci vedere la sua versione del mito della Bella e la Bestia rivisitato in chiave scimmiesca, sarà Peter Jackson. Ultimato il terzo capitolo del Signore degli Anelli, il regista neozelandese si dedicherà infatti all'ennesimo remake del King Kong originale e allora, giacché il casting è ancora tutto da determinare, sarà curioso vedere chi sarà la bionda di turno. Forse la bellissima Charlize Theron, che ha già avuto a che fare con un gorilla nel remake di Mighty Joe Young (1998, Il mio amico Joe)? Chiunque sarà, beato il gorilla...