Esiste, come accennato, un'ulteriore incarnazione dell'altro, ed è il mutante: non un essere umano, non un alieno, non un prodotto consapevole della tecnologia come un robot o un cyborg, ma piuttosto un incidente di percorso - per lo più tragico - sulla strada del progresso. La causa classica e pressoché esclusiva di queste mutazioni, come nei capostipiti Il risveglio del dinosauro (The Beast From 20,000 Fathoms, regia di Eugene Lourie, USA 1953) e Assalto alla Terra (Them!, regia di Gordon Douglas, USA 1953), è l'avvelenamento da radiazioni, in grado di creare mostri in tutti simili agli alieni del filone aperto da La cosa da un altro mondo, ma se possibile ancora più inquietanti proprio perché prodotti dall'uomo (tanto da spingere molti critici ad interpretarli come proiezioni dei mostri dell'inconscio).

Lo scenario, prevedibilmente, si complica quando le vittime di queste mutazioni sono esseri umani. Il protagonista di Radiazione BX: Distruzione uomo (The Incredible Shrinking Man, regia di Jack Arnold, sceneggiatura di Richard Matheson, USA 1957) attraversa una nube radioattiva che ne causa col passare delle settimane il progressivo rimpicciolimento, fino alle dimensioni di un insetto, e si ritrova a combattere per sopravvivere in un universo - casa sua - diventato ostile e terrificante. Più esplicito il tema della forzata emarginazione in I giganti invadono la terra (The Amazing Colossal Man, regia di Bert Gordon, USA 1957), in cui gli effetti di un'esplosione atomica trasformano il protagonista in un gigante altro 20 metri e al tempo stesso lo spingono ad una follia distruttiva (e infine autodistruttiva). Il dilemma morale alla base dei film sui mutanti, ovvero se e in quale misura i loro protagonisti possano essere considerati umani ed abbiano il diritto ad essere integrati nella società, viene reso esplicito nel film che ha recentemente ridato vita a questo filone, X-Men (id., regia di Bryan Singer, USA 2000). Qui la doppia tensione creata dalla diffidenza e dal disprezzo dei "normali" nei confronti dei mutanti, ma anche di una parte dei mutanti nei confronti dei normali, viene risolta in favore di una morale decisamente progressista e anti-discriminatoria: mutanti e normali possono coesistere; i primi hanno il diritto all'inclusione nella famiglia umana, a patto che accettino il dovere di usare i loro poteri per fini buoni.

La risoluzione di X-Men è così semplice, edificante e condivisibile perché il problema è posto nei termini più elementari e schematici possibili. Il triangolo disegnato dal film ha due lati cattivi (normali che odiano i mutanti, mutanti che odiano - pur se non senza giustificazioni - i normali) e uno buono (mutanti che desiderano vivere in pace con i normali), cosicché la scelta morale in definitiva non si pone. Lo scenario è simile in Gattaca (id., Andrew Niccol, USA), dove lo spettatore è chiamato a schierarsi contro una discriminazione basata questa volta sul controllo del patrimonio genetico, e a rabbrividire di fronte alla prospettiva che i diritti umani vengano distribuiti in maggiori quantità a chi vanta un DNA "migliore".

Ma nella fantascienza cinematografica successiva allo spartiacque di 2001: Odissea nello spazio, il terreno fondamentale della disputa sulla famiglia umana è tornato ad essere il confine tra uomo e macchina. E' qui che si misura la capacità di concepire un futuro diverso nei valori, più inclusivo nei diritti, in cui l'umanità sia disposta a reinventarsi anche radicalmente. Il contrappeso è la paura nei confronti di un progresso che minaccia di renderci diversi da quello che siamo, come sta già facendo, e di creare una società imprevedibilmente diversa, e per questo, per taluni, spaventosa.