Il film è a lungo arenato sul primo tempo e l'America si ritrova con un problema serio.

E non si tratta del problema militare (che verrà poi risolto nel secondo tempo), bensì di un problema psichico globale (secondo me più durevole e insidioso di quello militare).

In tutto il mondo, l'Immaginario dei buoni cittadini dell'impero americano è invaso via televisione da una irresistibile campagna di comunicazione che tutti i giorni per settimane trasmette e reitera l'informazione che gli americani, pur travestiti da Buoni, sono in realtà i Cattivi se li si confronta con tutti (o quasi) gli stereotipi consolidati da settant'anni di fiction americana. In pubblicità le parole contano poco, e per quel poco che contano se poi - come accade - esse vengono smentite e contraddette ogni cinque minuti, finiscono per non contare più nulla. A contare sono invece le immagini e soprattutto la realtà che le immagini suggeriscono. E, a questo proposito, gli americani hanno in parole povere sbagliato il messaggio contenuto nello spot, forse perché esso poteva andare bene per un breve videoclip ma non per una interminabile soap opera, della quale tra l'altro nessuno ha pensato di scrivere in anticipo una sceneggiatura accettabile.

La campagna militare anglo-americana contro l'Iraq è infatti paradossalmente la più colossale campagna pubblicitaria antiamericana che si sia mai vista. E' interamente possibile che George W. Bush & C. si riveli come il più grande disastro per l'America che si sia mai visto in tempi recenti. Nonostante la vittoria dell'America, sarà Saddam Hussein a diventare un martire agli occhi degli arabi, mentre l'America riscuoterà sempre più odio nel mondo.

Jimmy Carter, ex presidente degli Stati Uniti d'America (quindi di certo non un tipico fanatico antiamericano), alcuni anni dopo aver lasciato la Casa Bianca, disse: Abbiamo mandato i Marines nel Libano e basta che voi andiate in Libano, in Siria o in Giordania per constatare di prima mano l'odio intenso che molte persone hanno nei confronti degli Stati Uniti in quanto abbiamo sganciato bombe e granate e ucciso senza pietà gli abitanti innocenti - donne e bambini e contadini e casalinghe - in quei paesi intorno a Beirut. ... Come risultato... siamo diventati come Satana nelle menti di quanti sono pieni di risentimento.

Di fatto, in conseguenza delle sue azioni, oggi come oggi George W. Bush è probabilmente l'individuo quantitativamente più odiato del mondo, ma questo sarebbe irrilevante se non fosse che egli trascina in tale disastro d'immagine l'America intera (opinione peraltro condivisa anche da alcuni americani: www.mediamonitors.net/josephysrael1.html )

C'è una certa differenza tra essere temuti ed essere odiati. La prima cosa - essere temuti - è utile ed essenziale, per chi abbia un potere e non lo voglia perdere, la seconda cosa - essere odiati - è fondamentalmente inutile e può rivelarsi fortemente controproducente, quando non fatale. Chi veramente odia un nemico a morte, cessa di temerlo perché è pronto anche a morire pur di distruggerlo. L'America, dopo le ultime campagne dell'amministrazione Bush è probabilmente assai meno temuta e ben più odiata di prima.

Errori di sceneggiatura come quello compiuto con Iraqi Freedom - il film di guerra nato come breve videoclip e convertito in soap opera senza neanche consultare Hollywood - potrebbero addirittura segnare l'inizio (o la continuazione) della fine dell'impero americano, perché prima o poi nella mente dei cittadini di tutte le province dell'impero, cioè di fatto i cittadini del mondo, il dissenso già esistente e diffuso rispetto alle iniziative belliche angloamericane potrebbe trasformarsi in un rifiuto tale dell'American way of life (cioè dell'ideologia economica e del modello sociale americano), da rivelarsi un fenomeno irreversibile, così come irreversibile fu la scomparsa, da un giorno all'altro, dell'impero sovietico e molti altri prima di esso. Se l'America viene significativamente declassata, nella mente degli abitanti del mondo, perdendo il rispetto e l'attenzione di cui nonostante tutto (e non a torto) ancora gode, il suo destino imperiale è segnato. Perché nella nostra epoca di comunicazioni istantanee un impero è innanzitutto un fenomeno psichico, prima che economico e militare, e sbagliare la composizione e sceneggiatura del sociocollante psicoattivo - in altre parole quello che tutti vedono in tivù, o meglio, che mediante la tivù vedono e pensano nel proprio cervello - può significare trasmutare un mondo in un altro. E, se la ricetta è particolarmente bacata, nel nuovo mondo potrebbe non esserci più posto per il vecchio cuoco.