Tornò indietro fino al punto in cui giaceva lo zaino, se lo buttò sulle spalle, infilò le braccia negli spallacci e strinse le cinghie. Era troppo pesante per consentire movimenti rapidi ma per nessuna ragione l'avrebbe lasciato: le provviste erano lì. Era stata una cosa da fare e l'aveva fatta, anche se ora si sentiva molto stanca. Nella sacca aveva due bottiglie di vino rosso che era bevibile, alcune scatole di marmellata e della cioccolata per lui. Aveva fame. Quand' era stata l'ultima volta che aveva mangiato? Non credeva d'avere mai avuto tanta fame.

- Ne hai il diritto - si disse. - Sei tu che lo procuri, che te lo porti dietro. - Si ,morse immediatamente le labbra. - Dio, fa' che la notte scenda subito.

- Tagliando per la raffineria il percorso si sarebbe accorciato, ma l'avrebbe portata troppo vicino a una delle tane. Prese un pizzico di cenere e lo lanciò in aria: s'inclinò appena verso di lei. Era abbastanza sicura che i cani per quel giorno non l'avrebbero avuta, perché avevano già avuto la loro occasione senza riuscire a sfruttarla. Quella mattina era uscita con la luce a osservare le tracce. Le aveva trovate più distanti di quanto avesse supposto la notte, e non molto fresche. Così aveva scelto il luogo da cui entrare nel sotterraneo dell'edificio ma le era venuta una diffidenza improvvisa per quel posto e s'era mossa da lì. Meno di cinque minuti dopo li aveva visti agitarsi e udito i loro lamenti provenire dal luogo esatto dove si trovava. Una piccola croce di ferro le sfuggì dal giubbetto e lei la rimise a posto. Non le piaceva conservare oggetti, pensava che alla fine portassero sfortuna, ma li teneva per qualche tempo, nella speranza poterli restituire.

- Muscoli tesi, nervi, ossa; aveva dovuto imparare a sopportare tanto. Era come se lei fosse due e non una, e una di queste stesse a guardare cosa facesse l'altra e le dicesse cosa doveva e non doveva fare. Lo strano era che una esisteva come esisteva l'altra, proprio fisicamente, come una che si potesse toccare. Calma, si disse, non impazzire. chissà cosa ti attenderà domani.

- Sollevò lo sguardo: le stelle straziavano la carne. Lassù c'era casa. Le venne da piangere, da maledire, e un istinto invincibile d'uccidere qualcuno. - Venite fuori. So che siete lì. Io sono pronta.

- Le bombe le premevano sulle reni, ne prese una e la gettò più lontano che poteva. Per fortuna scoppiò. La sventola arrivò con un frastuono simile a quello di una tubazione di vapore esplosa, insieme con il crepitio della tela lacerata e con il rombo di muri squarciati. AI bagliore li vide ritirarsi dietro le costruzioni più vicine. Uno di loro puntò nella sua direzione. Sparò e il cane cadde riverso nel solito modo sconcertante che spezzava il cuore. Alcuni gli furono subito addosso e presero a contendersi la carcassa a furia di morsi, ma pochi si lasciarono distrarre dal compagno caduto. Il sangue era di colore differente; la prima volta che se n'era resa conto aveva pensato devo ricordarmelo, e l'aveva ricordato, ma non era servito a niente

Il vento aveva preso a imperversare da sud facendo scoppiare le costole delle fronde e sollevando mulinelli di cenere. Sparò ancora ma non bastava, strinse forte il fucile, premette il grilletto e vuotò tutto un caricatore; fece fuoco su quelli che sembravano più impetuosi e che correvano davanti a tutti. Imprecava mentre sparava, ma era uno sfogo per la disperazione che gravava dentro, sapeva che occorreva altro per fermarli. Alcuni avevano imparato a fingersi morti: restavano immobili e quando non si sentivano più osservati sorgevano in piedi e riprendevano a correre. Con un gesto ampio lanciò la bomba a vibrazione e si riparò come meglio poteva. Nel polverone più fitto uscì dal rifugio e cominciò a correre via zigzagando veloce come un cane selvatico, scomparendo nello zampillare delle nuvole di cenere.