Meno di un secondo. E quel fagotto era scoppiato come un palloncino gravido di...di che cosa? E, soprattutto, che cosa aveva schizzato?

Ma no, no. Gli schizzi non c'erano stati. Era soltanto il suo inconscio che andava a ripescare, sepolto in qualche armadio a muro, quel maledetto pazzo di Billy Nolan con il paraurti anteriore che grondava sangue, perché aveva trascorso la notte a stritolare cani randagi con la sua auto sportiva, rossa e laccata.

Bleah...Non occorre che qualcuno se le inventi, storie così. Stronzi come Billy Nolan esistono veramente!

La faccenda si stava tramutando in un incubo. Adesso la stazione di servizio sarebbe stata una vera benedizione. Non più per rabbia o per rivalsa nei confronti dei maledetti dell'altra parte (che andassero pure a farsi fottere in quelle montagne di spazzatura!), ma solo per dare una scrollata al cervello.

Non si sentiva stanco. La macchina girava alla perfezione. No, quella cosa bianchiccia iniziava a muoversi anche dentro il suo stomaco. Gli tornò nuovamente la nausea. Forse, tra qualche minuto, avrebbe vomitato un fagotto indecifrabile e ci sarebbe passato sopra con tutte e quattro le ruote...STAZIONE, fatti vedere!!!!

2.

Ci fu un terribile temporale prima di raggiungere la stazione di servizio. L'acqua aveva ruscellato sui vetri del parabrezza con intensità inaudita e l'uomo aveva considerato che, nel caso di tracce di sangue sul paraurti anteriore, la pioggia battente avrebbe comunque tirato a lucido la carrozzeria.

Quando scese, dopo aver posteggiato l'auto sotto una tettoia di cemento, una sciabolata violacea sfregiò l'oscurità. La pioggia stava comunque cessando e iniziava ad infuriare un vento gelido e rabbioso. Nulla però poteva fermare quel serpente in marcia sull'altra corsia. In marcia verso la spazzatura.

Congratulandosi con se stesso per essere riuscito anche quella settimana a non far parte del branco, l'uomo percorse i pochi metri che lo separavano dall'ingresso del bar. Pregustò il caldo e aromatico sapore di un buon caffè con due zollette di zucchero di canna, rinunciando per il momento al gin tonic, e venne abbagliato da un nuovo lampo che lo costrinse ad accelerare l'andatura.

Dinanzi alla porta d'ingresso, afferrò la maniglia con decisione ed entrò. Dentro non c'era quasi nessuno e metà delle luci apparivano spente. A conferma delle due uniche automobili posteggiate all'esterno, si vedeva soltanto un tavolino occupato da tre uomini di varie età, dai lineamenti aquilini e vestiti in modo assai variopinto (a prima vista parevano zingari). Dietro il bancone un allampanato barista fingeva di lucidare bicchieri. L'uomo si avvicinò e chiese in tono cupo:

- Un caffè, per cortesia.

Già, la voglia del gin tonic se n'era andata proprio in fretta.

Il barista non disse una parola e mise la macchina al lavoro. Contemporaneamente i tre avventori si alzarono e guadagnarono l'uscita. Non salutarono e non pagarono. Sul tavolino c'erano sei lattine di birra vuote. La porta sbatté e i tre si fecero risucchiare dall'umida caligine della notte. Dopo alcuni secondi, il rumore dell'avviamento di una grossa cilindrata annunciò che il terzetto era sul punto di allontanarsi.

- Dio sia ringraziato.

Le tre parole erano state esalate come l'estremo soffio vitale. Ma l'uomo che attendeva il caffè finse di non aver capito.

- Come?

- Dio sia ringraziato. A quest'ora, in questa nottata, in questa corsia dell'autostrada, circolano soltanto i pazzi!

- Ehi...