Documentandomi per scrivere questa introduzione ho scoperto, curiosamente, che la mia amicizia con Roberto Quaglia ha compiuto proprio da pochi giorni il suo decimo anniversario.

Il nostro primo incontro è in effetti abbastanza particolare da poter essere raccontato. Era il 5 settembre 1992; io e Franco Forte eravamo nel bel mezzo di una di quelle belle vacanze mitiche che si posso vivere solo entro e non oltre i primi trent'anni della propria vita, girando l'Europa dell'est in automobile. Il nostro giro ci aveva portato da Vienna a Bratislava, poi a Budapest da dove eravamo saliti attraversando i boschi della ex Cecoslovacchia fino a Cracovia, in Polonia.

Ridiscendendo in direzione di Praga avevamo deciso di fermarci a Ostrawa, una città nel nord della Repubblica Ceca, dove sapevamo essere in corso una convention di appassionati di fantascienza.

La convention, denominata "Parcon", si teneva nella sede della locale università. Fummo accolti da Ludmila Freiova, una traduttrice che conosceva bene la nostra lingua, e parlando con lei venne fuori che, incredibilmente, non eravamo gli unici italiani presenti a quel convegno.

Nemmeno un'ora dopo stavamo passeggiando nel cortile dell'università, io e Roberto parlando della teoria della mente bicamerale di Julian Jaynes, entusiasti della teoria ma soprattutto di aver trovato qualcun altro che la conoscesse, e Franco che ci scrutava pensando di trovarsi improvvisamente in compagnia di due pazzi (probabilmente aveva ragione).

Roberto Quaglia era già piuttosto noto in giro per l'Europa; girava molto e partecipava volentieri a tutte le convention di fantascienza che trovava, anche a quelle - come nel caso della Parcon - dove si parlava soltanto l'incomprensibile lingua locale. In seguito avrebbe pubblicato alcuni libri e racconti in vari paesi dell'est, cominciando a trasformare il suo ruolo nelle convention da semplice partecipante straniero a quello di ospite. In Romania, dove sono stati pubblicati diversi suoi libri, Roberto è famoso quanto e più degli scrittori di fantascienza americani. Ma, insomma, almeno all'epoca in cui lo conoscemmo in Italia era del tutto sconosciuto.

Alcuni anni dopo, quando mettemmo in piedi Delos (che allora si chiamava Delos Cyberzine), ovvero la primissima rivista web italiana, proposi a Roberto di collaborare con la rivista curando una propria column. L'idea che avevo in mente era quella delle classiche rubriche nelle quali un personaggio scrive più o meno quello che gli passa per la testa, come la column di Bruce Sterling su Wired. Non so bene se fui io a proporre il titolo Pensiero stocastico o se l'idea sia stata di Roberto, ma in effetti non ha molta importanza, potrebbe essere stata di entrambi.

Credo che sia io che lui pensando a "stocastico" facessimo in qualche modo riferimento al romanzo L'uomo stocastico, un romanzo minore di Robert Silverberg del quale in effetti il titolo è quasi l'unica cosa che resti nella memoria. L'uomo stocastico del romanzo riusciva a predirre il futuro più o meno attraverso il calcolo delle probabilità (per i dettagli consiglio la lettura del romanzo, non è escuso che si scopra che i miei ricordi sono sballati).

Il tutto ha a che fare con la teoria del caos, secondo la quale in un sistema caotico si possono fare previsioni solo basandosi sul calcolo delle probabilità delle tendenze del sistema stesso.

Il concetto ben si adattava a quello che stavamo pensando: una rubrica nella quale, attraverso un processo di pensiero quasi caotico, venissero fuori idee nuove e interessanti.