Lo sistemò dove si armonizzava meglio con le altre sagome luminose, giusto in mezzo allo scenario del giardino e al prato dove i bambini rincorrevano il cane.

Il lavoro durò diverse ore, ma Valeria non avvertiva più sforzo o tensione: la tranquillità che guidava i suoi gesti era quella di chi è giunto alla meta. Pochi ultimi passi da muovere con serenità.

E, infine, la piazza si distese davanti ai suoi occhi in un miracolo di luce, perfetta negli antichi particolari e in quelli che Delorenzo aveva ricostruito con fantasia raffinata. Il tramonto spolverava d'oro rosso le facciate dei palazzi, incendiava le colonne slanciate del teatro, aggiungeva trasparenze di vetro soffiato agli zampilli della fontana. Era ben più della bellezza del passato, Valeria se ne rendeva conto.

Era la purezza del sogno spogliata anche dagli ultimi inquinanti accenti di realtà e attività umane: non un veicolo, non una persona... a eccezione di una piccola figura seduta sul bordo della fontana. Valeria aveva voluto che Delorenzo la raffigurasse così, con un abito estivo che le lasciava scoperte le spalle, e i capelli sciolti, come in una fotografia scattatale da Fausto più di vent'anni addietro.

Restava pochissimo da fare. L'ultimo passo. Valeria sedette sul pavimento, in un punto dal quale poteva contemplare lo scenario della piazza. Sentiva su di sé i sorrisi degli amici. Guardò l'oggetto che luccicava sul palmo della sua mano. Le era già stata complice nella biblioteca, quella comunissima lametta da barba, e di nuovo le avrebbe obbedito. Docilmente.

Cosa le aveva detto Bonaparte, una volta? Noi siamo nati dall'idea dell'artista e viviamo della fantasia della gente. Valeria sorrise a quell'altra se stessa che la guardava dall'ologramma. Era certa che lei avrebbe ricambiato il sorriso, più tardi.

* * *

Gli uomini avevano facce indurite dalla tensione, e i loro pensieri andavano dal fastidio al disagio, passando per sfumature di disgusto e pietà.

- Chissà perché l'ha fatto.

- Mah... Depressione. Quando vanno in menopausa succede. Mia suocera...

- Peccato. Non era mica ancora una brutta donna.

Nella luce del mattino sereno che rinfrescava i colori delle vetrate, gli uomini si chinavano a scrutare il corpo adagiato sul raso amaranto del sangue secco.

Nel guardare quel corpo, Valeria non provava neppure un briciolo di malinconia. La nuova carne che indossava adesso l'avvolgeva come un mantello della seta più pregiata, leggera e tiepida sulle ossa elastiche. Sentiva il sangue colorirle gli zigomi e le labbra come belletto, e il cuore le batteva tranquillo nel petto, accettando la ricompensa della felicità.

- Stai sognando?

La voce di Robert la sorprese, insieme a una mano calda sulla sua spalla. Ma lei non si voltò. Fissava uno degli uomini che, oltre la luce, adesso stava guardando verso di lei. Sapeva che l'unica cosa che quell'uomo poteva vedere era la scena creata da Delorenzo. Nessuno avrebbe mai notato Robert che adesso le circondava la vita con un braccio, nessuno l'avrebbe mai udito mentre le diceva: - Fammi visitare la tua scena. Poi, se ti va, faremo colazione alla villa.

Progetti per un'eterna vacanza.

Valeria lasciò che la sua bocca regalasse un sorso della freschezza dei vent'anni ritrovati a quella di Robert. Poi, mentre si allontanavano mano nella mano verso il teatro, si voltò per un'ultima occhiata alla penombra della galleria, a quel mondo al quale la luce del giorno, adesso, non avrebbe mai più potuto richiamarla. E sperò che Delorenzo capitasse lì, prima o poi. Lui, certamente, avrebbe capito; e forse... chissà, avrebbe anche trovato il modo di raggiungerla.