Antologia francese curata da Robert Silverberg, comprende anche racconti di Evangelisti e Ricciardiello
Antologia francese curata da Robert Silverberg, comprende anche racconti di Evangelisti e Ricciardiello

Tu credi che lo spazio infinito possa aver accolto forme di vita senziente simile alla nostra? O che ne accoglierà in futuro quando la civiltà umana si sarà estinta? Io credo che gli alieni esistano perché esistiamo noi: mi spiego, l'uomo nella sua debolezza ha inventato Dio, quindi io ammetto che Dio non ha creato l'umanità. Il nostro vivere quotidiano è un momento storico ricco di incertezze sociali, politiche e religiose: è possibile che gli alieni siano stati inventati dall'uomo per trovare conforto alla propria solitudine?

Sinceramente, gli extraterrestri mi interessano solo come topos narrativo. Ritengo che la probabilità statistica giustifichi la vita su altri pianeti, ma in questo momento non mi interessa una speculazione esobiologica su un "primo contatto". Non mi interessa neppure un'elaborazione religiosa o teleologica: la mia attenzione è per la scienza, non per la metafisica.

Nella storia si parla da sempre di "cose aliene": l'umanità, quando si è trovata a dover affrontare periodi di grande tensione sociale, ha visto nel Cielo e in Terra manifestazioni prima divine, poi aliene quasi a voler ammettere che Dio non può bastare all'umanità... Io temo che le ipotesi su forme di vita nello spazio possano diventare una sorta di religione: secondo te, è possibile?

Non lo credo possibile. Penso che l'aspirazione spirituale della razza umana sia ampiamente soddisfatta dalle religioni costituite, divinità cinematografiche e discografiche comprese. L'ufologia mi sembra una semplificazione new age della metafisica, ancora più vuota del sincretismo religioso. Io sono materialista, ma se dovessi scegliere tra, per esempio, il cristianesimo di rito greco o l'Islam e l'ufologia, non avrei dubbi... La complessità per me è quasi sempre garanzia di perfezione estetica, temo le semplificazioni che non abbiano uno scopo esclusivamente didattico.

Per te, quanto è importante scrivere con stile perché una storia possa essere pienamente godibile per chi la legge?

Non riesco neppure a concepire di scrivere una storia senza che mi sia permesso di piegare la lingua alle esigenze dell'effetto che voglio ottenere; è risaputo che sottopongo i miei testi a otto o dieci revisioni, almeno. Molto acutamente, Francesco Grasso in una conversazione privata l'ha definita "estetica del cut & paste": continuo a lavorare sul testo fino a che non ne sono completamente soddisfatto. A parte questo non mi sembra di fare della sperimentazione sullo stile, anche se c'è stato un lettore che mi ha detto che Ai margini del caos era sperimentale perché scritto all'indicativo presente! Mi interessa molto di più fare esperimenti sulla struttura piuttosto che sul testo.

I tuoi progetti futuri... puoi anticiparci qualcosa?

Siccome sono pigro, scrivo molto lentamente. Ho per le mani un thriller che appartiene a quel sottogenere che si può definire "storia segreta". Durante i prossimi mesi dovrebbero vedere la luce due miei racconti da Mondadori: uno sull'edizione italiana di un'antologia internazionale curata da Jacques Chambon e Robert Silverberg, l'altro in un sottogenere per me inesplorato, l'horror.

Grazie Franco, sei stato gentilissimo.

Come direbbe Claudio Asciuti, "che la fantascienza sia con te."