Laura Serra (Ravenna, 1949; milanese d'adozione da molti anni), ha pubblicato solo una manciata di racconti fantascientifici, nel corso di un venticinquennio, ma credo sia opportuno presentarla ai lettori di Delos - o almeno a coloro che non dovessero ancora conoscerla - perché nel panorama fantascientifico italiano questa autrice rappresenta una voce originale, ricca di sfumature, che meriterebbe certamente una più assidua presenza.

Nel 1976 uscì una sua antologia di racconti, Prefante, edita da Rebellato. Le storie erano per lo più apparentate con il fantastico e con l'insolito, anche quando sfioravano la fantascienza. Pur trattandosi di un'opera prima, colpiva l'originalità di alcuni temi e soprattutto della loro impostazione, insomma già si mostrava una scrittura decisamente personale. Al punto che Vittorio Curtoni scriveva, nel suo saggio Le frontiere dell'ignoto (1977): "La novità della Serra consiste soprattutto nell'uso del linguaggio, che è sottile, sfumato, tutto teso a ribadire i rapporti sotterranei (...) Per penetrare il senso dello scritto il lettore deve accettare in partenza, implicitamente, le regole del gioco, affidandosi alla sensibilità e alla discrezione dell'autrice, unica guardiana delle chiavi che aprono le porte di questo mondo personale. Laura Serra, in conclusione, rifiuta le linee della logica comune, rifiuta di fornire spiegazioni esplicite..."

Negli anni immediatamente seguenti l'Autrice avviò collaborazioni con le riviste Robot e Aliens (dove curava le recensioni). Nel 1978 la svolta, con l'avvio del lavoro di traduttrice per la Mondadori. Negli anni 1978-83 le sue traduzioni erano per Urania; contemporaneamente collaborava al mensile Omni (dove pubblicò il racconto Quelli del 2068). Poi, per oltre un decennio, ha tradotto (e a volte scritto) articoli per Panorama, L'Europeo, Epoca, Il Mondo, FMR e altre testate. Dagli anni Novanta è tornata ai libri, sempre come traduttrice, specialmente per la Saggistica Mondadori ma a volte anche per la narrativa (Christian Jacq).

Su questa sua attività ci scrive Laura Serra: "Il lavoro del traduttore è duro e poco remunerato (bracciantato culturale, lo chiamava Bianciardi), ma a tratti è illuminato da un cinque per cento di opere meritevoli. A questa piccola percentuale - prevista dalla legge di Sturgeon - sono appartenuti, per me, Isaac Asimov (i racconti sui robot, da me ritradotti) e la saga di Douglas Adams, che ho molto amato e ancora oggi rileggo con piacere".