Di cosa ti occupi nella vita e cosa rappresenta per te lo scrivere?

Lavoro in qualità di cancelliere nel tribunale della mia città (Trieste). Una parte del mio lavoro consiste nel verbalizzare durante le udienze. Nel corso dei processi devo riassumere rapidamente le testimonianze della gente in maniera chiara e leggibile, senza stenografare e senza avere la possibilità di ricopiare il verbale. Il tutto, naturalmente, mentre le persone parlano a ruota libera. Dunque "scrivere" fa parte del mio mestiere, ma tengo a precisare che i fatti narrati nei miei romanzi non sono stati in nessun modo ispirati a quanto posso aver visto e sentito nel palazzo in cui lavoro. La mia mente è allenata a dimenticare non appena timbrato il cartellino in uscita ed è giusto che sia così.

Per quanto riguarda questa mia nuova attività di scrittrice, scrivo la sera, dopo aver messo a letto il mio bimbo di tre anni e mezzo. Raccontare le avventure di Derbeer è decisamente molto più rilassante ed appagante.

Come è nata la tua passione per la fantasy?

In maniera assolutamente casuale. A vent'anni avevo letto d'un fiato Il signore degli anelli, ma i miei gusti letterari all'epoca erano diversi. Una decina di anni fa, passando in rassegna gli scaffali di un negozio di libri, la mia attenzione fu attratta dalla copertina di un piccolo volume: Il segno della profezia di Eddings. Non lo comprai subito, ma solo dopo un paio di settimane. Da allora la mia libreria si è riempita di libri fantasy. A proposito, quel libro era pubblicato dalla Casa Editrice Nord... un segno del destino?

Come vedi e come vivi la fantasy?

Credo che tutti abbiamo bisogno di favole per mantenere vivo il bambino che è in noi. Questo non significa fuggire dalla realtà, ma piuttosto affrontarla con maggiore semplicità e chiarezza e magari anche con un pizzico di poesia.