Le follie degli anni Cinquanta (1948-1963)

Nel Dopoguerra le storie di Batman diventarono ancora più surreali, e forse un tantino ripetitive. Dal punto di vista grafico, le redini della serie erano tenute (sotto la consueta supervisione di Bob Kane) dal bravo Dick Sprang: forse il migliore, certo il più elegante tra i disegnatori classici di Batman.

Oltre ad affrontare ripetutamente i suoi nemici storici, Batman cominciò a trovarsi in situazioni sempre più insolite: a viaggiare nel tempo, in altre dimensioni o a combattere contro gli extraterrestri. Accanto a lui, oltre a Robin, arrivarono Batgirl, Batwoman, Bat-Mite (un minuscolo folletto in abito da pipistrello) e persino Bathound, il bat-cane da guardia.

In molti oggi considerano questo periodo, pieno di graziose assurdità, come il più indifendibile della storia di Batman. Eppure non sono pochi gli estimatori del Batman degli anni Cinquanta, che ne apprezzano l'ingenuità infantile e lo spirito di puro divertimento. Quel che è certo è che i fumetti dell'Uomo-Pipistrello, cavalcando le mode della fantascienza e dell'esplorazione spaziale, raggiunsero punte di ridicolo involontario.

Nel giro di pochi anni, l'eroe si scontrò con robot, alieni o mostri dagli occhi d'insetto per ben ottantuno volte. Viaggiò nel tempo dozzine di volte, visitando tutte le epoche immaginabili. Un'altra situazione-tipo di quegli anni era mutuata da film di science fiction come The Incredible Shrinking Man (Radiazioni B-X: distruzione uomo) e The Amazing Colossal Man, e vedeva lo stesso Batman trasformarsi, a causa di strane invenzioni o incantesimi, nei modi più disparati. Di volta in volta, l'Uomo-Pipistrello diventò (temporaneamente, s'intende) invisibile o gigantesco o mostruoso o magari si trasformò in una scimmia, un bambino o una mummia. La formula si ripeté per trentasei volte, in racconti come The Giant Batman, The Phantom Batman o The Zebra Batman.

Al di là delle mode, c'era un altro e più serio motivo per questa infantilizzazione dell'eroe. All'inizio degli anni Cinquanta, l'intera industria americana dei fumetti era stata messa sotto accusa da una campagna moralizzatrice guidata dal noto psichiatra Frederic Wertham. Quest'ultimo accusava i comics di essere alla radice di molti comportamenti devianti dei minori, dalla criminalità giovanile all'omosessualità. Oggi le teorie di Wertham sono completamente screditate e la loro scientificità è ritenuta risibile, ma all'epoca furono prese sul serio e contro i fumetti si scatenò una vera e propria caccia alle streghe.

Wertham, in particolare, aveva creduto di ravvisare nelle storie di Batman la rappresentazione di un universo maschile larvatamente gay (Bruce Wayne, Robin e Alfred che convivono allegramente), e ne aveva denunciato la "perniciosa" influenza sui ragazzi. La casa editrice (che proprio in onore della rivista su cui era nato Batman si chiamava ora "DC", come Detective Comics) corse immediatamente ai ripari. Alfred fu eliminato e la serie cominciò ad affollarsi di personaggi femminili: le succitate bat-donne ma anche l'insopportabile zia Harriet, che conviveva in casa Wayne per dissipare ogni possibile sospetto. I cattivi, invece, erano sempre più spesso extraterrestri o esseri cosmici i cui crimini non potevano essere imitati.